Una ricerca appena uscita mostra l’utilità delle campagne di screening con test antigenici rapidi per individuare positivi asintomatici nella popolazione. Curato da tre docenti della Facoltà di Economia (Davide Ferrari, Steven Stillman e Mirco Tonin) della Libera Università di Bolzano, lo studio, effettuato sulla base dei dati derivanti dall’esperimento condotto in Alto Adige a novembre 2020, indica un significativo abbassamento dei contagi (-39% nel tasso di crescita dell’infezione) nelle settimane successive.
A novembre dell’anno scorso, la popolazione della provincia di Bolzano venne invitata dalle istituzioni locali a prendere parte a una campagna di screening di massa, basata sulle adesioni volontarie, che durò un fine settimana (dal 20 al 22). L’operazione – organizzata dall’Azienda sanitaria dell’Alto Adige e dall’Agenzia per la Protezione Civile in collaborazione con i Comuni, i Vigili del Fuoco volontari, la Croce Bianca e la Croce Rossa – mobilitò un intero territorio: in circa 300 strutture su tutto il territorio altoatesino, 362.050 persone di età superiore ai 5 anni hanno potuto sottoporsi al test. Al termine, 3.615 furono rilevate positive al test e conseguentemente isolate. Nei mesi successivi l’Alto Adige precipitò tra le regioni di colore rosso scuro in Europa (quelle con la più alta incidenza di contagi su 100.000 abitanti) e ciò contribuì a sollevare non poche perplessità sull’effettiva utilità dello screening di massa.
Adesso, una ricerca frutto del lavoro di tre professori di unibz (Davide Ferrari, statistico, Mirco Tonin e Steven Stillman, economisti) contrappone la chiarezza dei numeri alle impressioni, sottolineando come lo sviluppo della pandemia sarebbe stato ancora peggiore in assenza del test di massa. Nell’articolo intitolato Does Covid-19 Mass Testing Work? The Importance of Accounting for the Epidemic Dynamics (Lo screening di massa contro la Covid-19 funziona? L’importanza di spiegare la dinamica dell’epidemia, ndt.), i tre docenti dimostrano – sulla base di un approccio statistico che permette di effettuare confronti con territori italiani simili per dinamiche di trasmissione del virus e misure di contenimento messe in atto, ad esclusione dello screening – che il fine settimana di test di massa effettuato in Alto Adige ha fruttato risultati più che positivi.
“L’approccio che abbiamo adottato nel nostro studio è basato su modelli che confrontano i cambiamenti nel tempo in un luogo in cui viene effettuato un certo intervento con quelli che avvengono nello stesso lasso temporale in luoghi simili, ma dove non si è intervenuti”, afferma il prof. Davide Ferrari, “così facendo siamo stati in grado di isolare l’impatto della campagna di test di massa in Alto Adige rispetto alle politiche nazionali riguardanti libertà di movimento, chiusura delle attività commerciali e delle scuole, misure igienico-sanitarie, poiché, nello stesso periodo, in provincia di Bolzano non era stata applicata nessuna altra misura che si differenziasse dal resto del Paese e che potesse giustificare una flessione nell’andamento dei contagi”.
Secondo le stime dei tre docenti, complessivamente, la campagna di screening di massa in Alto Adige ha portato a una diminuzione del tasso di crescita dei contagi da Covid-19 del 39% rispetto a quello che si sarebbe osservato in assenza dei test. “In particolare, senza lo screening, abbiamo appurato che a 7, 10, 30 e 40 giorni dalla data dell’intervento, avremmo avuto un ulteriore aumento dei casi di contagi rispettivamente del 14, 18, 30 e 56%”, aggiunge il collega Steven Stillman.
“L’efficacia di questo tipo di interventi dipende dalla partecipazione dei cittadini ed è importante notare che questo grande impatto è stato ottenuto anche se il test era volontario, segno che la popolazione ne aveva compreso l’importanza”, sottolinea Mirco Tonin.