Sanità affossata, 37 miliardi in meno, risparmi di 1 miliardo sul personale. Così i media in questi giorni di Coronavirus. Ma è così?
Vediamo.
Se analizziamo la spesa del finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale, dal 2000 al 2017, con governi di vari colori e periodo antecedente al governo Conte 1 e 2, rileviamo che la spesa è passata da 66 miliardi a 112 miliardi, con un incremento medio annuo del 3,2%, dinamica maggiore del Pil nominale che, nello stesso periodo, è aumentato del 2%.
L’Eurostat stima la spesa sanitaria complessiva dell’Italia nell’8,9% del Pil, mentre la media europea è del 9,9%. Un punto percentuale in meno, ma uno studio di Bloomberg sull’efficienza dei sistemi sanitari nel mondo, analizzando il rapporto tra costi e aspettative di vita, pone l’Italia al 4° posto dopo Hong Kong, Singapore e Spagna. Il Regno Unito è crollato al 35° posto, la Francia è in 16° posizione. Vero è che la nostra salute è determinata, anche, da situazioni ambientali (clima, alimentazione, ecc.) ma i “punteggi di efficienza” ci pongono tra i primi Paesi.
Tutto bene, dunque? Sarebbe sciocco affermarlo, ma non si può dire che i governi, precedenti all’attuale, hanno affossato la sanità pubblica.
Primo Mastrantoni, segretario Aduc