
Ridurre il consumo di carne e derivati per limitare l’impatto degli allevamenti intensivi, scegliere trasporti sostenibili per abbattere le emissioni, adottare uno stile di vita senza plastica, eliminando i monouso e preferendo soluzioni riutilizzabili: sono solo alcuni dei punti del Decalogo per salvare il Pianeta, una raccolta di raccomandazioni che tutti possono accogliere per invertire il conto alla rovescia della crisi climatica e fare la differenza.
Nel 2024, ricorda Greenpeace, è stata superata per la prima volta la soglia di 1,5 gradi di aumento delle temperature terrestri, limite considerato “di sicurezza” da parte della comunità scientifica. In questa corsa contro il tempo, ogni secondo conta, perché ogni essere vivente conta, e per fermare il countdown, ricorda Greenpeace, è impostante anche donare il 5×1000, con un gesto semplice come una firma sulla dichiarazione dei redditi, indicando nell’apposito spazio il Codice Fiscale 97046630584.
Ogni due secondi sulla Terra scompare l’equivalente di un campo di calcio fatto di foreste; ogni anno oltre 45 mila persone nel mondo muoiono prematuramente per l’esposizione alle polveri sottili (PM2.5). Numeri di una corsa verso l’autodistruzione che, come ricorda Greenpeace, si può ancora fermare grazie a un impegno collettivo più grande, che ciascuno di noi si può assumere, con scelte quotidiane e consapevoli: “In un mondo sempre più segnato dalla crisi ambientale, ognuno di noi può fare la differenza, anche con gesti alla portata di tutti, come quelli indicati nel Decalogo, o come una firma nella dichiarazione dei redditi – ricorda Chiara Campione, Direttora del Programma di Greenpeace Italia – Con il sostegno di tutti, possiamo continuare a denunciare chi deturpa i fiumi, i mari e le foreste, possiamo difenderci dalle cause milionarie delle aziende petrolifere, possiamo lottare contro i pesticidi che uccidono api e impollinatori, possiamo fermare gli allevamenti intensivi e condurre indagini indipendenti su sostanze tossiche pericolose per la nostra salute. E fin quando ci sarà anche solo un angolo di Pianeta in pericolo, noi non rimarremo in silenzio”.
ENERGY TRANSFER CONTRO GREENPEACE: IL 5X1000 PER RESISTERE FERMARE IL COUNTDOWN
Oggi più che mai, destinare il 5×1000 a Greenpeace è vitale: per il pianeta, per i suoi abitanti e per la stessa organizzazione. La gigantesca compagnia petrolifera Energy Transfer, il cui Presidente ha finanziato la campagna elettorale di Donald Trump, ha intentato una causa contro Greenpeace negli Stati Uniti e contro Greenpeace International per 300 milioni di dollari. E quello che più temevamo è accaduto: una giuria in North Dakota si è espressa a favore di una condanna che, se confermata, porterebbe Greenpeace a pagare oltre 660 milioni di dollari in questa causa pretestuosa. In un contesto in cui politici negazionisti della crisi climatica – come Trump o Javier Milei in Argentina – governano interi Paesi, la battaglia per il futuro del pianeta e dei suoi abitanti passa anche per la semplice firma di ciascuno di noi, indicando nella dichiarazione dei redditi il Codice Fiscale 97046630584. “Destinare il 5×1000 a Greenpeace – ricorda il Direttore esecutivo Giuseppe Onufrio – significa non limitarsi a sperare in un cambiamento, ma contribuire a realizzarlo”.
L’IMPEGNO DI GREENPEACE PER SALVARE FORESTE, MARI, BIODIVERSITÀ
420 milioni di ettari di foreste, secondo le stime della FAO, sono stati distrutti nel mondo tra il 1990 e il 2020, un’area più estesa dell’Unione Europea. Nell’80% dei casi questo avviene per fare spazio a pascoli e terreni destinati a produrre mangimi, come la soia. Eppure, le foreste del pianeta assorbono 2,6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, quasi un terzo di quelle rilasciate ogni anno dalla combustione di gas, petrolio e carbone. Culle di biodiversità e casa di animali a rischio estinzione, le foreste rappresentano una delle soluzioni alla crisi climatica. Greenpeace si batte per proteggerle e con una rete che ha sede in più di 50 Paesi nel mondo. Grazie ai suoi uffici in Sudamerica, l’organizzazione è in prima linea e al fianco dei popoli indigeni nella difesa della foresta Amazzonica, documentando i crimini ambientali e denunciando le multinazionali che saccheggiano e distruggono i polmoni verdi della Terra. Spostando lo sguardo sullo stato dei mari, secondo la scienza è necessario tutelare entro il 2030 almeno il 30% di acque marine e oceani, tramite una rete di aree protette, per dare al mare la possibilità di riprendersi e prosperare. Ci sono 4 aree del Mar Mediterraneo che, secondo la Convenzione sulla Biodiversità, è prioritario proteggere per il loro valore biologico ed ecologico. Purtroppo, però, meno dell’1% dei mari italiani è tutelato in modo efficace. Greenpeace si batte contro plastica, pesca industriale e attività estrattive, per una rete globale di aree marine protette, e con le sue navi, solca gli oceani e il Mar Mediterraneo per denunciare chi inquina e distrugge. Ma ad essere in grave pericolo è lo stesso cibo che mangiamo: un terzo (mele, fragole, pomodori, mandorle, ecc.) dipende direttamente dall’opera di impollinazione delle api e sono ben 4.000 le varietà di vegetali che esistono grazie ad essa. Basti pensare che senza impollinatori il 75% delle nostre colture subirebbe una drastica riduzione a livello quantitativo o qualitativo. Dall’impollinazione dipende la vita stessa del pianeta. Greenpeace lotta contro le grandi multinazionali per la messa al bando dei pesticidi dannosi per le api e gli impollinatori, e per un cibo più sano: perché non c’è salute in un pianeta malato.
CRISI CLIMATICA: OBIETTIVO ZERO EMISSIONI ENTRO IL 2050
Alluvioni, mega incendi, ondate di calore: 1,5°C è la soglia massima di aumento della temperatura concordata dagli Accordi di Parigi per mantenere il riscaldamento globale entro livelli sicuri. Una soglia che è stata già superata nel 2024, e che se lo fosse in maniera sistematica porterebbe a un ulteriore aumento degli eventi estremi (tempeste, siccità, inondazioni, uragani, etc.) con impatti disastrosi sulle comunità umane. Per ottenere la neutralità climatica, ovvero un equilibrio tra emissioni e assorbimento del carbonio, dovremmo puntare a emissioni zero entro il 2050. Una sfida che sembra impossibile ai ritmi di oggi, mentre a causa dei cambiamenti climatici 1 milione di specie sono a rischio.
Ma non è troppo tardi, a patto di agire ora, al fianco di Greenpeace, per rivoluzionare il sistema di produzione dell’energia, chiedendo alle aziende dei combustibili fossili di assumersi le proprie responsabilità.
UNA LEGGE PER BLOCCARE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
Per evitare gli impatti più devastanti dei cambiamenti climatici e rispettare gli Accordi di Parigi sulle emissioni di gas serra, produzione e consumo di prodotti di origine animale andrebbero ridotti del 50% entro il 2050. Tuttavia, attualmente il 70% del suolo agricolo mondiale è usato per produrre foraggi e il 60% dei cereali commercializzati in Europa diventano mangime per animali, spesso rinchiusi in allevamenti intensivi che sono una delle principali fonti di metano e generano la maggior parte delle emissioni di ammoniaca dell’agricoltura industriale (il 94% del totale delle emissioni). Greenpeace si sta battendo per una proposta di legge rivolta al Governo e al Parlamento italiano, che chiede di bloccare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi – che divorano foreste, ingoiano acqua e aggravano la crisi climatica, mettendo a rischio la salute delle persone e del pianeta, e generando atroci sofferenze per gli animali – e di avviare una conversione ecologica di quelli esistenti.