I Presìdi Slow Food siciliani a Terra Madre Salone del Gusto 2024

Si chiamano Presìdi perché sono progetti di salvaguardia di piccole produzioni tradizionali a rischio estinzione, e da tutto il mondo arrivano a Torino per farsi conoscere e raccontare la biodiversità alimentare del pianeta. A Terra Madre Salone del Gusto 2024, a Parco Dora dal 26 al 30 settembre, i Presìdi Slow Food sono 180: di questi, 28 sono novità assolute.

Si tratta di formaggi, legumi, grani, ortaggi, varietà vegetali e razze autoctone che si aggiungono al già ricchissimo bagaglio di biodiversità tutelato da Slow Food. Insieme agli oltre 700 espositori italiani e internazionali presenti nel Mercato, sono il modo più gustoso per comprendere che davvero We are nature, come da claim della manifestazione: siamo parte della natura e il cibo ne è la dimostrazione più chiara.

Prati stabili e pascoli sono l’emblema dell’equilibrio tra natura ed esseri umani, tra rispetto dell’ambiente e produzione di reddito, tra mondo selvatico e saperi millenari. Si trovano sulle Alpi, sugli Appennini, in collina, ma anche in pianura, dove ne sopravvivono porzioni importanti. Sopravvivono, ma ogni anno diminuiscono: in montagna per via dell’abbandono, in pianura per la ragione opposta: l’avanzare di monocolture e cemento. Il Presidio nasce per salvaguardarli e farli conoscere, attraverso i cibi legati all’erba e al fieno e altri derivati: latte e formaggi in primis, ma anche carne, uova, miele, lana. Coinvolge i pastori di 13 regioni, che custodiscono le praterie sulle montagne, praticando l’alpeggio nei mesi estivi, sugli altipiani, sulle colline, nelle aree più marginali, riconoscendo e valorizzando il loro prezioso lavoro di conservazione ambientale, ma anche gli allevatori delle pianure, incoraggiandoli a riconvertire i terreni sfruttati dalle monocolture. A Terra Madre sono presenti i primi 30 produttori di formaggio che ne fanno parte.

L’enantio – da leggere “enanzio”, alla latina – è un vitigno autoctono diffuso nella Vallagarina, al confine tra le province di Trento e Verona, e ha una peculiarità: il modo in cui si moltiplica. Niente barbatelle: le piante nascono per propaggine – a piede franco – senza essere innestate e, con la sapiente mano dei viticoltori, si riproducono. Ne deriva un vino dal rosso rubino intenso, sapore secco, acidità ben presente e patrimonio tannico ben equilibrato, realizzato senza uso di lieviti selezionati e coadiuvanti. Tuttavia, ogni produttore è libero di interpretare il vitigno secondo la propria tradizione familiare: un valore aggiunto del progetto che, oltre a preservare il paesaggio di vigneti secolari, lascia esprimere le identità delle aziende coinvolte.

Tra i surrogati del caffè della tradizione contadina merita una citazione quello ottenuto dal lupino di Anterivo, località montana della Val di Fiemme, all’interno del parco naturale del Monte Corno. Molto diffusa negli anni 60, la sua coltivazione è andata scemando fino quasi a scomparire. Alcune contadine del paese hanno però continuato a preservare questa varietà nei propri giardini, conservando la semente fino ai giorni nostri. Il Presidio intende valorizzare e accrescere la produzione di questo particolare prodotto, oggi usato non solo come bevanda, ma anche in cucina per aromatizzare piatti di carne e per la preparazione di alcuni trasformati: grappa, birra, cioccolato, gelati e altri dolci.

Le dorsali alte delle Valli del Natisone custodiscono un’eccezione, una zucca detta malon, che è stata tramandata nei secoli e che ancora oggi viene coltivata, nonostante la scarsa attitudine alla conservazione. Si tratta di una zucca a pasta bianca, dalla forma cilindrica-tondeggiante, che può raggiungere una lunghezza di circa 40-50 cm. In cucina, il malon si usa quando è ancora fresco, con la polpa bianca e la buccia tenera. Ha un sapore dolce ed è ingrediente cardine di alcune ricette tradizionali, come a esempio la briza, o zupa malonova, una minestra realizzata con malon, batuda (latte vaccino intero acidificato), fagioli e talvolta patate.

Cultivar tardiva e a polpa bionda, l’arancia belladonna di San Giuseppe lega il suo nome a un piccolo centro nella parte settentrionale della città di Reggio Calabria: la frazione Villa San Giuseppe, sulla foce del torrente Gallico. Nel tempo, la mancanza di ricambio generazionale e la frammentazione delle proprietà terriere hanno causato l’abbandono di buona parte degli agrumeti. Oggi i produttori della comunità Slow Food del Presidio lavorano affinché la sua qualità torni a essere riconosciuta e apprezzata, invitando gli agricoltori del luogo a riprenderne la coltivazione. Non solo per sviluppare un’opportunità di reddito, ma per mantenere il valore paesaggistico del territorio.

Il Comune di Palagiano, nella zona costiera dell’Arco jonico tarantino, è un territorio tradizionalmente vocato all’agrumicoltura. Qui sopravvivono esemplari di numerose varietà antiche, tra cui mandarini Avana e Marzaiolo, clementine Comune, arancio Biondo, sanguinello Piccolo, Tarocco Dal Muso, Vaniglia/Maltese, Washington antica e limone Femminello. Il Presidio preserva questi agrumi tradizionali, i loro paesaggi agrari storici e le tecniche colturali che vengono tramandate di generazione in generazione.

I coltivatori locali lo chiamano anche carciofo “brutto”per via del capolino più aperto, ma l’aspetto non rende giustizia alla qualità del carciofo della Terra dei Messapi. Tutto il territorio che si estende da Leuca a Ceglie e Egnazia è vocato alla coltivazione di questo ecotipo locale e, non a caso, i vecchi ricettari propongono numerose ricette a base di carciofo. Oggi un nucleo di produttori di Carovigno, Ostuni, San Vito dei Normanni, San Michele Salentino e Ceglie Messapica ha scelto di intraprendere un percorso virtuoso, coltivandolo secondo tecniche sostenibili e rispettose della tradizione.

La Gentile di Puglia è una pecora legata a doppio filo con il territorio di cui è originaria, l’antica Daunia e la Capitanata. Questa razza ovina era allevata con il sistema della grande transumanza sui pascoli del Tavoliere da ottobre a maggio e su quelli montani molisani e abruzzesi da giugno a settembre. Per via della resistenza alle malattie e della capacità di adattarsi alle condizioni climatiche del territorio, rappresenta un simbolo per la biodiversità di queste zone d’Italia. Il Presidio mira a preservare la razza, minacciata da crisi dell’industria laniera, scarsa quantità di latte prodotta e cambiamenti del passaggio.
L’abbandono della pastorizia e l’introduzione delle razze cosmopolite portò alla scomparsa quasi definitiva anche del Suino Nero Pugliese. Un gruppo di piccoli allevamenti semibradi dell’area storica sta investendo nel recupero di questa razza grazie all’aiuto di piccoli trasformatori che ritirano le carni ad un prezzo giustamente remunerativo. Il Presidio coinvolge dunque allevatori, macellai e trasformatori in una comunità di filiera che si pone come fine il rilancio di questa razza storica pugliese e dei trasformati ottenuti con le sue carni.

Lo Stretto di Messina è uno degli hotspot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie, grazie alla sua particolare posizione di confine fra i bacini occidentale e orientale. Qui i pescatori del Presidio mantengono in vita pratiche tradizionali di pesca che hanno un grande valore culturale e ambientale, impiegando attrezzi selettivi a basso impatto. Tra le specie pescate ci sono seppie, “gamberi di nassa”, cicirelli, pesci sciabola e il pesce spada, catturato con un metodo antichissimo, che prevede l’uso dell’arpione e delle feluche, piccole imbarcazioni.

Il torrone tradizionale di Caltanissetta, detto “Turruni” nel dialetto locale, nasce più di un secolo e mezzo fa nel capoluogo nisseno, dove alcuni pasticceri hanno scelto di continuare a seguire e tramandare la ricetta originale: pistacchi e mandorle di varietà siciliane, coltivati nel rispetto dell’ambiente, miele raccolto dagli apicoltori locali e una lavorazione lunga e impegnativa. La caratteristica distintiva della ricetta è la cottura del miele, che procede a fuoco lento per quasi nove ore nella “quadara”, la caldaia. A quel punto, l’impasto viene steso sui tipici telai di faggio, i “tulari”, con l’aggiunta di ulteriore granella di pistacchio e livellato con il mattarello di legno.

Tra i debuttanti a Terra Madre ci sono anche i nuovi Presìdi Slow Food finanziati da CAF America grazie alla generosità di FedEx.