
di Roberto Malini
L’impianto di liquefazione di gas naturale (GNL) previsto alla Tombaccia, Pesaro, solleva questioni rilevanti in termini di sicurezza, salute pubblica e impatto ambientale. Nonostante l’iter autorizzativo avanzato e il rilascio di una Valutazione di Impatto Ambientale positiva da parte del Ministero dell’Ambiente, numerosi elementi indicano la pericolosità di questo progetto. Le criticità non riguardano soltanto la natura infiammabile ed esplosiva del GNL, ma anche l’intero processo che va dal flusso nelle condotte e passa per la produzione, lo stoccaggio e il trasporto. L’impianto previsto si troverebbe in un’area alluvionale (R4), ad altissimo rischio sismico e caratterizzata da terreni sabbiosi soggetti a liquefazione, a soli 120 metri dalla prima abitazione e a meno di un chilometro dal centro storico della città. Questo breve articolo analizza alcuni dei i pericoli del GNL, considerando anche il quadro normativo vigente e la sua applicazione nel contesto del progetto di Pesaro.
Pericoli intrinseci del GNL
Il gas naturale liquefatto (GNL) è una sostanza altamente infiammabile che, quando rilasciata nell’ambiente, può generare fenomeni devastanti se non gestita adeguatamente. La transizione del gas dalla fase liquida a quella gassosa implica un incremento volumetrico di 600 volte, generando una nube di vapore estremamente fredda e densa che si diffonde a livello del suolo. Tale nube può essere trasportata dai venti anche a notevoli distanze dal punto di fuoriuscita. Se la concentrazione del gas nell’aria si attesta tra il 5% e il 15%, la nube diventa infiammabile ed esplosiva.
Tra i principali fenomeni incidentali si annoverano:
- flash-fire: combustione rapida della nube di vapore che si propaga orizzontalmente;
- jet-fire: incendi generati da getti di gas fuoriusciti da serbatoi o tubazioni danneggiate;
- pool-fire: incendi di pozze di GNL derivanti da perdite accidentali;
- rollover: una stratificazione del GNL nei serbatoi che, se alterata, può provocare un rilascio improvviso di grandi quantità di gas;
- transizione rapida di fase (RPT): fenomeni esplosivi non combustivi causati dal contatto del GNL con liquidi a temperatura superiore, come l’acqua;
- BLEVE (boiling liquid expanding vapour explosion): esplosioni causate dall’evaporazione rapida del GNL in seguito a rotture dei serbatoi.
Rischi per Pesaro e analoghi incidenti in altre aree
Gli incidenti legati al GNL sono ben documentati e comprendono fenomeni di esplosione devastante, con molte vittime ed enormi danni, edifici rasi al suolo e incendi a catena. Si tratta di un gas che secondo le normative vigenti deve essere prodotto, liquefatto e rigassificato in aree ad alto livello di sicurezza, molto lontane dall’abitato, accertandosi inoltre che le sue esalazioni non si propaghino significativamente in area umanizzata, pena un aumento significativo di tumori, leucemie, gravi patologie respiratorie, cardiocircolatorie, endocrine. La produzione di energia per consentire all’impianto di funzionare a -160°, inoltre, produrrebbe una quantità molto importante di sostanze tossiche e particolato, patogeni e dannosi per l’ambiente. Per non parlare del continuo traffico di camion e autocisterne. Si tratta di impianti che rappresentano un pericolo reale per la popolazione e il territorio. Se poi è vero che la rete di tubature SNAM ha registrato pochi incidenti, è altrettanto vero che in passato si è attenuta a rigorosi parametri di sicurezza, mentre il progetto di Pesaro cancella in un colpo solo il principio di precauzione, fondamentale nell’Ue. Nel 2015, un metanodotto SNAM esplose a Mutignano di Pineto (Teramo) a causa di uno smottamento, generando un incendio di grave entità che si propagò per oltre 100 metri. Ci si chiede cosa potrebbe provocare una condotta che collegasse la rete SNAM all’azienda, passando in un’area abitata, con diverse attività d’impresa. Sono tutte considerazioni che rendono l’idea di come il progetto di liquefazione metano nel cuore di Pesaro, in un’area ad alto rischio sismico e idrogeologico, presenti rischi inaccettabili, oltre che la certezza di un deterioramento dalla qualità dell’aria e delle condizioni di vita della cittadinanza.
Azioni legali e istanze presentate
Per contrastare il progetto di liquefazione del metano a Pesaro, diverse azioni legali sono state intraprese da associazioni e comitati locali. Fra queste, la denuncia alla Commissione Europea per la violazione di normative ambientali e di sicurezza, la petizione al Parlamento europeo, l’esposto alla Procura della Repubblica e il Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica. Inoltre, sono state inoltrate richieste di intervento alla Prefettura, all’Autorità di bacino e ai Vigili del Fuoco di Pesaro e Urbino per verificare la conformità del progetto rispetto alla normativa vigente e garantire la tutela della popolazione. Appelli ripetuti sono stati rivolti al Governo, ai Ministeri dell’Interno, dell’Ambiente, della Cultura, delle Infrastrutture e della Transizione energetica nonché al Comune di Pesaro, alla Provincia di Pesaro e Urbino, alla Regione Marche, che possono avere un ruolo importante nel prosieguo dell’iter autorizzativo e che fino a oggi non hanno offerto sostegno alla società civile che si batte contro un vero e proprio “mostro” fossile. Nel mondo politico, si è distinta Europa Verde per le iniziative politiche e giuridiche nonché per la sua vicinanza ai cittadini su cui grava una spada di Damocle davvero inquietante.
I legali delle associazioni stanno preparando ulteriori documenti per impugnare la Valutazione di Impatto Ambientale positiva concessa dal Ministero dell’Ambiente, sostenendo che il progetto viola la Direttiva Seveso III e i principi costituzionali sanciti dall’articolo 41 della Costituzione italiana.
Nella foto (fonte Wikipedia) una delle esplosioni “BLEVE” avvenute nel 2019 presso un impianto GNL a Filadelfia (Usa); si può solo immaginare cosa avrebbe provocato a ridosso dell’abitato pesarese