Il giallo di Ponza, l’omicidio di Gianmarco Pozzi detto Gimmy

La sorella Martina a Cusano Italia TV rivela: “Un anonimo mi ha contattata dicendomi che Gimmy fu ucciso di botte perché aveva fatto uno sgarro alla criminalità di zona. Questa persona ha dimostrato di sapere molte cose perché il suo racconto è preciso e circostanziato. Ha fatto nomi e cognomi dei responsabili, tutte persone schedate dalla Polizia. Io ho denunciato tutto, ora sta agli inquirenti risolvere il giallo”. Il padre Paolo Pozzi: “Nessuno ha mai indagato seriamente, perché? Adesso mi auguro di arrivare alla verità, sperando che finalmente ci sia la volontà di andare fino in fondo”. 

Giallo di Ponza. Sono passati quasi 4 anni da quel 9 agosto 2020 quando il 28enne campione di kickboxing Gianmarco Pozzi, detto Gimmy, venne ritrovato morto nell’intercapedine situata tra il muro di un campo incolto e quello di una villetta di via dello Staglio, sull’isola di Ponza, dove lavorava come addetto alla sicurezza per una famosa discoteca. In un primo momento si pensò a un suicidio o a una caduta accidentale; adesso, invece, alla luce di clamorosi nuovi sviluppi s’indaga per omicidio. Gianmarco Pozzi fu ucciso molto probabilmente per motivi legati allo spaccio di droga sull’isola pontina.

La vicenda è stata approfondita a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) dove sono intervenuti la sorella e il padre della vittima. In particolare, la sorella di Gimmy, Martina Pozzi, ha fatto una rivelazione importante in merito a dei messaggi ricevuti recentemente su Instagram.

Intervistata da Fabio Camillacci Gabriele Raho, Martina Pozzi ha detto: “Non so chi sia questa persona che mi ha scritto su Instagram, ma di sicuro sa tante cose; mi ha detto di essere del famigerato quartiere napoletano di Scampia. Mi ha contattata con un profilo falso di nome ‘Francesco’ quattro o cinque mesi fa dandomi informazioni dettagliate su quanto realmente accaduto a mio fratello. Ha fatto nomi e cognomi di persone che sappiamo esistere veramente, ha parlato del contesto in cui Gianmarco viveva nel momento in cui è morto, di coloro che erano vicini a lui. In particolare mi ha scritto: ‘Non credere a quello che dicono, non è vero che tuo fratello era impazzito’. Mi ha suggerito di cercare una ragazza, la compagna di una delle persone che mio fratello avrebbe incontrato quella sera, dicendomi: ‘Lei sa la verità’. Ho avuto la sensazione che finalmente qualcosa si stesse muovendo e ho denunciato tutto alla sezione omicidi della questura di via Genova, a Roma. Ora sta a loro capire. Noi siamo già andati oltre quello che era il nostro compito. Questa persona ha anche parlato di connivenze tra la malavita di Ponza e alcuni carabinieri”.

Su quest’ultimo punto il padre di Gimmy, Paolo Pozzi si è sfogato contro gli inquirenti e i carabinieri dicendo: “Dopo la morte di mio figlio non si è fatto niente. Basti pensare che è toccato a me cercare e trovare la famosa carriola che potrebbe essere stata usata per trasportare il suo corpo nel luogo in cui è stato ritrovato: era in un campo che dista circa 100 metri, recintato, bastava fare un’ispezione. Possibile che nessuno c’è mai andato? Sulla carriola sono state trovate tracce di DNA di cui stiamo aspettando i risultati come per le tracce e le impronte esistenti su tutte quelle strane cose rinvenute negli slip di mio figlio: mozziconi di sigaretta, un fazzoletto sporco di sangue e altre cose. Molti criminologi hanno collegato tutto questo a veri e propri segnali mandati dalla criminalità organizzata come monito, come a dire ‘Gimmy ha sgarrato ed è stato punito’. Ogni anno torno a Ponza per respirare l’aria che respirava Gianmarco. Per fortuna da tante persone ricevo solidarietà. Le ringrazio col cuore, perché anche solo una parola in casi come questi è importante. Ma sull’isola di Ponza purtroppo c’è ancora tanta, troppa omertà”. 

Per vedere l’intervista: https://youtu.be/kGzAI6wbl9c?si=UCyE3iWxjrINxfnu