Sono quasi 22 milioni le persone con cronicità in Italia: 8,8 milioni circa con almeno una patologia cronica grave e 12,7 con due o più malattie croniche in tutte le fasi della vita.
Gli ultimi dati Istat indicano nel nostro paese un tasso medio di cronicità di 147,22 persone per mille abitanti con almeno una malattia cronica grave, passando da 108,44 del Trentino Alto Adige a 182,55 della Calabria e di 211,06 persone ogni mille abitanti con due o più malattie croniche.
Il tasso medio di cronicità è più elevato al Sud e nelle Isole. Nei comuni sotto i 2.000 abitanti c’è la quota più elevata di cronicità, quasi il 45%.
Le categorie maggiormente colpite da almeno una patologia cronica sono i disoccupati (quelli alla ricerca di nuova occupazione) 36,3% e gli autonomi 34,6%.
Differenze anche nella diffusione della fragilità Nord-Sud a sfavore delle regioni del Sud (25% vs 16% nel Centro e 13% nel Nord).
Quasi tutti gli ultrasessantacinquenni con fragilità (98%) ricevono aiuto dai familiari (94%), dalle badanti (20,6%) o da conoscenti (13,6%). Meno del 3% riceve aiuto a domicilio da personale di Asl o comuni, meno dell’1% riceve assistenza da un centro diurno.
A causa della pandemia si sono ridotte di un terzo le visite di controllo e le prime visite per impostare un piano terapeutico. Tra gli over 65, i giovani anziani (65-69 anni) sono stati più penalizzati: a questa età ci sono più nuove diagnosi di malattie croniche e l’avvio di nuovi trattamenti farmacologici.
E infatti si sono riscontrate riduzioni di prescrizioni per i farmaci per l’osteoporosi (-8,8 punti percentuali), per il diabete (-2,6 punti percentuali) e per gli antipertensivi (- 22,3 punti percentuali).
Più in generale, nel periodo gennaio-giugno 2020-2021 si sono ridotte le ricette di 3,9 milioni e di circa 89 milioni di euro la spesa farmaceutica convenzionata.
Il presidente di Salutequità, Tonino Aceti, afferma che ‘il Piano nazionale di ripresa e resilienza è una grande opportunità, anche per i malati cronici, ma ci sono risposte urgenti e che devono arrivare ora, non possono attendere il 2026′.
Aceti aggiunge che ‘la strada tracciata dalla legge di bilancio che prevede investimenti per la salute; la definizione di Livelli essenziali delle prestazioni sociali e risorse per gli standard dell’assistenza territoriale, va nella giusta direzione. Serve, però, un ulteriore sforzo: finanziare anche l’attuazione e l’aggiornamento del Piano nazionale della cronicità, integrando le patologie ricomprese, come ad esempio la sclerosi multipla e la psoriasi, e adeguandolo alle novità intercorse in termini di politiche del personale e modelli organizzativi. Le difficoltà di implementazione del Pnc nelle regioni a distanza di 5 anni dipendono anche dalla mancanza di risorse specifiche’.
Il 6° Report ‘Il Piano Nazionale della Cronicità per l’equità’ rappresenta un ulteriore tassello dell’impegno di Salutequità, volto ad aumentare il livello di attenzione pubblica sul tema dell’assistenza garantita ai pazienti non Covid-19 che nel corso della pandemia (2020-2021) si sono scontrati con una difficoltà di accesso alle cure senza precedenti.
Il nostro paese, primo in Europa, cinque anni fa ha messo nero su bianco come il Servizio sanitario nazionale intende occuparsi delle persone che hanno malattie croniche nel Piano nazionale della cronicità.
Attraverso l’intesa del 2016 tutte le regioni e province autonome si sono impegnate a recepire il documento con propri provvedimenti e a dare attuazione ai contenuti del Piano nei rispettivi ambiti territoriali ma l’implementazione va a rilento e solo in alcune zone dell’Italia il Piano è realmente attuato.
A tal proposito Salutequità ha suggerito 10 proposte per un Piano nazionale della cronicità per l’equità:
1- Attuare e aggiornare il Pnc alla luce delle novità intercorse in termini di politiche del personale, modelli organizzativi e investimenti/riforme Pnrr e integrando le patologie ricomprese (es. sclerosi multipla, psoriasi, cefalea cronica, poliposi nasale, asma anche nell’adulto…).
2- Finanziare l’attuazione e l’aggiornamento del Pnc con lo stanziamento e la finalizzazione di risorse specifiche in legge di bilancio 2022.
3- Realizzare e pubblicare una relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnc.
4- Inserire l’applicazione del Pnc nel nuovo sistema nazionale di garanzia dei Lea.
5- Accelerare la realizzazione di un modello nazionale di stratificazione della popolazione da utilizzare in tutte le regioni, basato non solo sul consumo di prestazioni sanitarie ma anche su determinanti di salute socioeconomici e culturali e su stili e abitudini di vita.
6- Recuperare e rilanciare l’impegno del livello centrale delle regioni nella definizione, nell’implementazione, nell’attualizzazione (rispetto alle innovazioni organizzative del Pnrr) e nella misurazione degli esiti dei Pdta, anche in termini di qualità di vita dei pazienti.
7- Emanare il decreto tariffe per l’attuazione in tutte le regioni dei Lea (2017).
8- Inserire esplicitamente la telemedicina nei Lea, sfruttando l’opportunità degli stanziamenti previsti in legge di bilancio 2022 per il loro aggiornamento.
9- Adeguare il personale sociosanitario dal punto di vista quali-quantitativo per garantire l’effettiva esigibilità dei Lea in tutte le regioni; investire nell’innovazione delle competenze del personale per attuare il cambiamento organizzativo funzionale alla garanzia della migliore presa in carico dei cittadini. Basare la scelta sulle evidenze, superando interessi di parte.
10- Agire sulle cure mancate per limitare l’impatto su prevenzione, diagnosi tardive, aumento delle complicanze, aderenza al percorso di cura e alle terapie, costi sociali. Servono dati aggiornati al 2021 e sistemi stringenti di verifica dell’utilizzo da parte delle regioni delle risorse stanziate.