IL RICORDO: 1918-2018

Non so voi, ma io mi sono commosso, e anche molto, nel vedere e ascoltare la commemorazione all’Arc de Triomphe di Place de l’Étoile, a Parigi, con tutti quei capi di Stato di tutto il mondo, vedere Putin che stringe la mano a Trump, sentire le note del Bolero di Maurice Ravel, sotto la pioggia che c’era e non c’era, le ragazze e i ragazzi che con la mano sulla spalla si congiungevano al presidente Emmanuel Macron che attizzava la fiamma al milite ignoto.

 

E poi tutti via per andare a pranzo all’Elysèe, per prepararsi al pomeridiano Forum della pace da cui, anche per i più ottimisti, oltre a tante belle parole non ci sarà da aspettarsi nulla oltre quello che oggi ci possa offrire lo scenario politico internazionale.

Ovviamente, soprattutto grazie alla musica di Ravel, più che ai discorsi precedenti di Macron, il pensiero non è potuto non andare ai 18 milioni (o quanti sono, comunque sempre troppi) di morti, e a tutte le conseguenze di ciò che poi è accaduto in Europa e non solo, portandoci, con una serie di regimi autoritari, tra cui ha primeggiato quello italiano, alla seconda guerra mondiale.

Comunque, a parte le ricche cronache che ci hanno riempito di particolari di questa celebrazione (quale capo di Stato è arrivato prima e con che mezzi, etc.. l’attenzione dei vari inviati dei media è in merito sempre più creativa e attenta ai particolari per cercare di riempire tutti gli spazi vocali e di immagini che hanno deciso di dedicare all’avvenimento).. a parte questo, non abbiamo potuto non pensare anche a quel milione abbondante (470mila dei quali obiettori di coscienza, oltre 16mila in Italia) di persone che individualmente si ribellò al dover essere in armi per difendere la patria.

Ovviamente non siamo qui a ricordare la storia, o magari a riscriverla. E’ facile documentarsi e invitiamo tutti a farlo, soprattutto verso i ragazzi che oggi si trovano in questo mondo figlio delle due guerre mondiali e di tutte le guerre che si continuano a combattere (non ultima quella in Yemen oggi -) Nostra intenzione, in questo contesto, è solo quella di ricordare come tutto quello che ha significato morte, distruzione (collettiva ed individuale), fame, soppressione dei più elementari diritti individuali ed umani… tutto ha un legame con nazionalismo.

Quel nazionalismo che oggi, 2018, è pesantemente presente in quella corrente di pensiero e di azione che mediaticamente viene chiamata sovranismo e che, come primo obiettivo, più o meno esplicito, e spesso celato dietro scelte opportunistiche, ha la distruzione e/o il ridimensionamento dell’Unione Europea. Non che noi siamo dei fan dell’attuale metodo di governo comunitario, ma altra cosa è, per esempio, minacciare di uscire dall’euro, non adeguarsi ai parametri di budget stabiliti e grazie ai quali fino ad oggi siamo stati in grado di mantenere e far prosperare la nostra qualità della vita.

Abbiamo questa Europa, teniamocela stretta. Milioni di morti fisiche e civili ci hanno insegnato che il progetto comunitario può essere quello da utilizzare per non ricascare nelle guerre. Non solo, ma ci hanno anche insegnato che tutte le possibili conquiste individuali e collettive, in un mondo di globalizzazione economica non governata, sono possibili solo in una prospettiva di governo dei diversi e tra i diversi, quella che la cultura e la storia ci hanno insegnato come federalismo.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc