Eseguito da equipe multidisciplinare con una tecnica innovativa. Impiantata su paziente di 60 anni con cardiopatia congenita, una protesi valvolare per via endoscopica all’interno della precedente. Paziente fuori pericolo dopo 2 giorni e senza intervento chirurgico a cuore aperto…
Intervento salvavita all’ospedale San Vincenzo di Taormina su un sessantenne in gravi condizioni cardiovascolari affetto da ‘Tetralogia di Fallot’, portatore di pace-maker e già sottoposto a numerosi interventi di cardiochirurgia. L’avanzato grado di scompenso cardiaco era sostenuto dalla malfunzione della valvola protesica impiantata circa 15 anni prima in sede polmonare. Le condizioni del paziente che non consentivano di sostenere un intervento a cuore aperto in circolazione extracorporea, hanno reso necessario il ricorso ad una tecnica innovativa che consiste nel posizionamento per via endoscopica di una protesi valvolare polmonare all’interno della precedente. L’intervento è stato eseguito con successo dal dott. Paolo Guccione responsabile della Cardiologia Pediatrica in collaborazione con il dott. Giuseppe Cinnirella responsabile dell’Emodinamica e il dott. Enrico Iannace, responsabile dell’Anestesia e Rianimazione.
La procedura è stata realizzata anche grazie al supporto organizzativo del Direttore Sanitario di Taormina dott. Paolo Cardia che ha sottolineato: “Siamo molto lieti di aver eseguito qui questo innovativo intervento grazie ad un ‘equipe multidisciplinare composta da medici molto preparati. Colgo l’occasione per ringraziare il commissario Giuseppe Cuccì e il direttore sanitario Lia Murè per la fiducia che hanno sempre riservato all’ospedale di Taormina”. “Siamo sempre orgogliosi – ha aggiunto il Commissario Straordinario dell’Asp Giuseppe Cuccì – dei nostri medici, che dimostrano, ancora una volta, l’eccellenza della nostra comunità medica. Con competenza e dedizione hanno affrontato una situazione critica, riuscendo a superare le difficoltà e a garantire il miglior esito possibile per il paziente. Questo successo è il risultato di un lavoro di squadra impeccabile e dell’impegno costante per l’innovazione e la cura degli utenti. Il paziente già l’indomani della procedura ha riferito beneficio clinico e ha lasciato l’ospedale dopo appena 2 giorni dopo l’impianto della nuova valvola”.
“In un cuore sano la valvola polmonare – spiega Guccione – posta tra il ventricolo destro e l’arteria polmonare – si apre per consentire al sangue di procedere verso i polmoni per ossigenarsi e poi si chiude, per impedirgli di tornare indietro verso il ventricolo destro. Nei pazienti con alcune cardiopatie congenite (la maggior parte dei casi di stenosi polmonare o la tetralogia di Fallot) questa funzione di cerniera è compromessa. Si verifica così un fenomeno di rigurgito polmonare, un parziale reflusso di sangue risolvibile normalmente con il posizionamento di protesi valvolari polmonari tramite intervento chirurgico a cuore aperto o, quando è possibile, per via endoscopica. In questo modo viene ristabilita la corretta funzionalità del cuore. L’impianto per via endoscopica – preferibile per il minore stress fisico e psicologico causato al paziente – può essere ostacolato o impedito dalla morfologia irregolare dell’efflusso destro, che può presentare un’eccessiva dilatazione a causa di precedenti interventi chirurgici o di altri fattori. L’utilizzo a regime di dispositivi transcatetere, quando sarà possibile, consentirà dunque di trattare una più ampia platea di pazienti con cardiopatie congenite oggi destinati al bisturi a causa di estese dilatazioni dell’efflusso destro”.
“La possibilità – afferma ancora il dott. Paolo Guccione – di una procedura dopo la quale si può tornare a casa in 2-3 giorni, è un risultato importante in termini di vissuto del paziente che viene sottoposto a un minore stress fisico e psicologico rispetto a un intervento chirurgico a cuore aperto. Ciò rappresenta anche un vantaggio anche per il Servizio sanitario nazionale per il minore impegno di risorse. Oggi, grazie allo straordinario supporto dell’azienda siamo felici di aver potuto rispondere all’esigenza di cura di una nostro paziente per il quale l’intervento chirurgico avrebbe rappresentato un rischio troppo elevato”.