Inaugurato all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi il progetto artistico di Sergio Mario Illuminato, un viaggio attraverso l’arte e la vulnerabilità dell’essere umano…
Presente in Francia l’intero team italiano che ha sviluppato questo iter culturale giunto alla sua seconda tappa, dopo la ricerca iniziata all’ex Carcere Pontificio di Velletri, e il direttore dell’Istituto, Antonio Calbi, che ne ha introdotto brevemente i contenuti: “In questo progetto che ospitiamo, apparentemente fuori dai confini, riscontriamo l’essenza e la condizione dell’arte contemporanea che non è più capace neanche di testimoniare la violenza e la complessità della società in cui viviamo. Fotografie che riprendono le celle di una prigione e stanze piene delle storie degli atti processuali dei detenuti, una porta e altri oggetti recuperati dall’ex Carcere e riplasmati attraverso il lavoro artistico, e altri elementi che il visitatore potrà scoprire interagendo, rappresentano tracce di un profondo lavoro sulla memoria, sull’assenza, sui segni della vita consumata in prigione e sul tempo che passa e che trasforma questi oggetti in altro da sé. Siamo tornati in un tempo di guerra e ci domandiamo cosa fa l’arte per testimoniare questa condizione umana, come direbbe Jean-Paul Sartre: il team del Movimento Vulnerarte APS, in questo caso, ha cercato di recuperare degli indizi di vita non più esistenti per far ricongiungere il destino di ieri con gli occhi e la sensibilità dell’osservatore di oggi”.
Con i saluti istituzionali di Carlo Siciliano, consigliere migrazioni giustizia e affari interni, in rappresentanza dell’Ambasciatrice italiana a Parigi Emanuela D’Alessandro, che ha apprezzato il valore semantico della messa in opera dei lavori, e dell’onorevole Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che – attraverso un messaggio – ha augurato momenti di intensa condivisione per un progetto che rappresenta nella sua transdisciplinarietà un modello creativo di realizzazione artistica, si è aperta la sessione concettuale di introduzione all’opera, introdotta dalla dott.ssa Alessandra Maria Porfidia, direttrice della scuola di arti plastiche dell’Accademia di Belle Arti di Roma, che vede molti degli allievi coinvolti nel progetto. “Abbiamo iniziato questa attività di ricerca – ha affermato – sulla base di un concetto di arte etica e di sostenibilità, nonché di un’esigenza di “sentire”, nei confronti della società che ci chiama ad intervenire. Tutti i materiali per la realizzazione di questo progetto sono stati scelti utilizzando le risorse che venivano dalla memoria di un luogo vissuto, il carcere appunto, dove il cuore, il sentire, la vita, sono stati pulsanti. Siamo oggi qui testimoni per portare la voce degli studenti che hanno lavorato producendo un segno, realizzando nello specifico un gioco interattivo con le canne di bamboo colorate – lo shangai – che diventa un incipit per coinvolgere lo spettatore e stimolare una comunicazione interattiva anche con il resto del mondo.” A introdurre la filosofia di ‘iosonovulnerabile’ è stato il suo protagonista, Sergio Mario Illuminato, attore di un reading che, partendo dalla storia originaria del carcere ottocentesco, ha narrato il percorso di contestualizzazione che ha portato questo luogo, oramai cristallizzato (e recentemente dismesso) a contatto con un gruppo di artisti che hanno deciso di viverci per sei mesi catturandone ogni segno di vita consumata, dalle scritte alle brande, ai libri e carteggi lasciati abbandonati esattamente nel momento in cui i prigionieri vennero trasferiti altrove. “Noi artisti ricerchiamo sempre un senso a ciò che facciamo – afferma Illuminato – senza mai trovarlo – ma in questo caso la nostra ricerca ha deciso di fondarsi su un precedente volume, Corpus et vulnus, basato sulla relazione tra arte e corpo. L’arte ha un punto di vista delle cose che nella realtà non si vedono e ne abbiamo scelto il codice espressivo per comprendere e comunicare l’evoluzione del linguaggio dei corpi all’interno di questa gabbia di disperazione esistenziale, laddove il “con-tatto” è un toccare un altro essere umano con l’esperienza dell’ “e-mozione”, cioè un movimento verso l’altro che giustifica la trasmissione di uno stato emotivo. Abbiamo scelto il termine Vulnerabilità non in quanto atto biologico o psicologico, ma un atteggiamento morale e consapevole: tale è stato il comportamento del nostro team di artisti – danzatori, scultori, musicisti – che di fronte ad un luogo così ostile hanno cercato di comprendere e reinterpretare i momenti drammatici vissuti all’interno del carcere. A Parigi abbiamo portato in un’unica tappa il risultato di questa esperienza che proprio qui si disgregherà: consideriamo infatti, al contrario degli insegnamenti tradizionali di storia dell’arte, che i dispositivi non debbano avere vita infinita ma sono naturalmente portati alla degradazione, proprio come gli esseri umani, mettendo in crisi la propria gabbia. I nostri riferimenti primari, in questo, sono stati Pier Paolo Pasolini, ribelle per eccellenza degli involucri formali, e un tipo di animale in particolare, il crostaceo, che deve essere in grado di liberarsi ciclicamente della propria corazza per continuare a crescere e trasformarsi”.
Nella sala conferenze dell’Istituto è stato poi presentato il cortometraggio Vulnerare, frutto del lavoro all’interno del carcere, introdotto dallo psicologo del cinema Giulio Casini: “un’opera che sta alla base tra cervello e cuore, un vero e proprio organismo comunicante che, proprio come nelle opere che sono state installate nel giardino dell’Istituto, rappresenta una rielaborazione creativa di elementi – oggetti e soggetti allo stesso tempo – che contengono molte graffiature, ombre, errori e cadute dell’essere umano e che, proprio scomparendo dietro a queste mura, hanno lasciato una traccia profonda ancora visibile. Bisogna essere vulnerabili e commettere tanti errori perché ognuno di essi possa scavare un solco nella terra, rendendola più fertile e pronta per un’altra semina”.
Iosonovulnerabile, con i suoi Organismi Artistici Comunicanti caduti dal cielo, l’installazione Jonchets, e le fotografie Terre Rare saranno visibili all’interno del giardino dell’’Hôtel de Galliffet’, sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, negli orari di apertura dell’Istituto.
Un progetto che invita a guardare oltre gli incubi del ventunesimo secolo, a cercare stimoli più profondi per illuminare futuri alternativi nei quali il fallimento e l’errore diventano qualità fondamentali per la crescita personale e collettiva. |