Palermo – Sovrapposizione di incarichi, professionisti in pensione, carenza di competenze specifiche nei ruoli apicali e per l’ordinaria amministrazione. Sono temi caldi in Sicilia nell’ambito delle Pubbliche Amministrazioni comunali e regionali, specialmente per quanto riguarda il governo del territorio e i lavori pubblici. La carenza di personale in Sicilia è stata bilanciata con un concorso indetto dalla Regione Siciliana nel lontano 1986 e con conseguenti assunzioni di ingegneri, architetti, geometri e geologi nel 1989, spalmati su tutto il territorio.
«Per ogni provincia allora furono assunti circa 200 professionisti – spiega Alessandro Amaro, coordinatore regionale della Federazione Architetti Sicilia – per compensare il fabbisogno di ogni Ente furono messi a concorso posti per 45 ingegneri, 45 architetti, geologi e 100 geometri; anche gli idonei furono successivamente assunti per coprire posizioni vacanti».
Il concorso del 1986 ha permesso di risanare il personale: «I professionisti vincitori furono tutti assunti al Genio Civile. Poi si spostarono a Palermo nei vari assessorati, dove inoltre confluirono gli idonei, mentre nelle altre province furono assegnati ai vari uffici periferici. Integrando il personale anziano esistente si diede ampio respiro e impulso agli uffici. Da allora in poi – in ben 37 anni – nessun concorso, solo recentemente alcuni bandi per pochissime unità – continua Amaro – col tempo il personale anziano è andato in pensione, inclusi i vincitori di allora, specialmente nelle posizioni dirigenziali. Tutto questo ha portato disfunzioni nella macchina amministrativa regionale e in quella dei Comuni. Assistiamo a una progressiva sovrapposizione di incarichi. Oltre al lavoro d’ufficio, ogni dipendente è sovraccaricato di funzioni, lavorando sotto pressione, con il rischio di aumentare il margine di errore. Per esempio, al Genio Civile a Catania, nel 1989 vi erano 6 sezioni che, grazie al risanamento delle risorse, divennero 16 unità operative, tutte rette da dirigenti. Oggi sono tornate ad essere 6 con soli 3 dirigenti, quindi ridotte ai minimi termini, ma con quantità di attività molto più gravose. Come a Catania, similmente avviene nelle altre province».
«Il personale in questi anni è stato ampliato solo con la regolarizzazione degli articolisti di categoria A e B. E molti di questi svolgono mansioni superiori. Ma il regolare svolgimento di pratiche e procedure a livello organizzativo risente della carenza di competenze. Bisogna colmare il vuoto con un nuovo concorso, anche perché manca il rispetto delle qualifiche professionali tecniche: personale che spesso occupa posizioni apicali spesso non ha titolo per intervenire sulle approvazioni, sui rigetti, sulle progettazioni. Non è sufficiente essere dirigente o funzionario per esprimere un parere tecnico su un progetto, né è possibile realizzare una progettazione solo perché si è dipendenti comunali o regionali. Per la grave carenza di personale restano vacanti unità operative e servizi che spesso vengono assegnati ad interim. Questo vuoto comporta anche l’assegnazione d’incarichi di Rup, direttore dei lavori, coordinatore della sicurezza a dipendenti che per tutta la loro carriera non si sono mai occupati di lavori pubblici, né hanno seguito corsi di formazione specifici per l’attività da svolgere. Oltretutto questi incarichi di grande responsabilità si aggiungono al carico delle attività ordinarie d’ufficio – continua Amaro – spesso dirigenti e funzionari svolgono attività di progettazione o direzione lavori che da liberi professionisti non potrebbero mai svolgere per mancanza di titolo professionale, di competenze, di fatturato, di opere realizzate. Lo scenario evidenzia anche il grave nocumento per i liberi professionisti. C’è un’evidente sperequazione tra le due figure: il libero professionista deve avere tutti i requisiti di legge per partecipare a una gara di progettazione, il dipendente pubblico può anche non avere il titolo di studi idoneo e può progettare la stessa opera. Di fatti simili accaduti se ne potrebbero citare tanti. Tutto questo sta sprofondando nel totale collasso dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Forse come allora ci vorrebbe da parte della politica il coraggio di indire un nuovo grande concorso. Ancora di più si potrebbe pianificare la vera e propria semplificazione delle norme rendendole chiare e precise, senza margini d’interpretazione».