Si va verso una stangata da 1,2 miliardi di euro al mese per 1,5 milioni di aziende del Sud. Dal prossimo 16 febbraio, infatti, le imprese che operano nel Mezzogiorno potrebbero fare i conti con lo stop di diversi sgravi contributivi: una serie di riduzioni sui versamenti previdenziali del personale che, nel corso del 2021, avevano consentito di ridurre significativamente il costo del lavoro.
Secondo quanto segnala il Centro studi di Unimpresa, dal 2022, se non interviene immediatamente l’ok da parte della Commissione Europea, non è più in vigore la Decontribuzione Sud che vale circa 900 milioni di euro al mese né sono operativi altri due “sconti” (per i neoassunti under 36 o donne) che peseranno per circa 2-300 milioni sulle casse delle aziende, per una stangata totale di 1,2 miliardi mensili.
«Unimpresa, pertanto, chiede al ministro del Sud, Mara Carfagna, interessatasi già qualche mese fa della questione, e al premier, Mario Draghi, di intervenire in tempi rapidissimi per risolvere la questione a livello europeo ottenendo la proroga dalla Commissione europea: occorre evitare di infliggere un duro colpo alle aziende del sud, colpo che per molte di esse già piegate da questa maledetta pandemia potrebbe diventare letale» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Giovanni Assi.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel 2022 con gli stipendi che pagheranno per i propri dipendenti, le aziende del Sud potranno trovare delle spiacevolissime sorprese. Alcune importanti riduzioni contributive che in qualche maniera hanno abbattuto lo scorso anno quello che è il principale costo per milioni di aziende italiane, ovvero il costo del lavoro, e tutte per lo stesso motivo, si deve attendere il via libera da parte della Commissione Europea: un parere positivo essenziale che, per ora, non è scontato né è chiaro quando eventualmente sarà rilasciato. Il problema è che nell’attesa il prossimo 16 febbraio 2022 ovvero quando le oltre 1,5 milioni di imprese del Sud interessate a queste riduzioni contributive saranno chiamate a versare i contributi sulle buste paga della mensilità di gennaio si troveranno un costo maggiorato rispetto a quello del 2021 che va da un minimo del più 30% fino ad un più100%. Il tempo stringe e bisogna che il Governo si attivi quanto prima.
Le riduzioni contributive in questione sono la Decontribuzione Sud che prevede la diminuzione di 30 punti percentuali per tutte le aziende delle cosiddette aree svantaggiate ed usufruibile per tutti i lavoratori in forza all’azienda, sia nuove sia vecchie assunzioni; se si considera che in ballo ci sono le riduzioni contributive di oltre 6 milioni di lavoratori è che mediamente tale riduzione si aggira intorno ai 150 euro mensili per ciascuno di loro, è facile comprendere l’enorme peso che le nostre aziende improvvisamente si ritroveranno sulle loro finanze, pari a circa 900 milioni al mese. Discorso simile per altre due esoneri, il cui valore si aggira a circa 2-300 milioni al mese, che sono senza dubbio fondamentali poiché prevedono una riduzione del 100% dei contributi a carico delle aziende: si tratta anzitutto dell’esonero contributivo under 36 stabilito dalla legge 178 del 2020 (articolo 1, commi 10-15), che stabilisce uno sgravio del 100% dei contributi per 48 mesi per le regioni del Sud; poi c’è lo sgravio contributivo donne del 100% introdotto con la stessa norma del 2020 (commi 16-19). In entrambi i casi si tratta di un numero certamente più piccolo di imprese e lavoratori rispetto alla platea della misura Decontribuzione Sud.
«La difficoltà che le imprese meridionali hanno è nota a tutti così come è evidente il divario economico tra Nord e Sud del Paese tanto in termini di pil che di reddito pro-capite. Un divario che in questi ultimi due anni, con la pandemia, si è ampliato, specie sulle piccole e medie imprese; ragion per cui non ci si può permettere un ulteriore colpo economici, dovuto solo ed esclusivamente a una burocrazia incomprensibile a una cultura aziendale che è “del fare”» aggiunge il consigliere nazionale di Unimpresa.