L’EFFETTO LOCKDOWN PESA ANCORA MOLTO SU PIL E CONSUMI

Nonostante i “rimbalzi” mensili di alcuni indicatori, l’economia italiana stenta a ripartire. Il prodotto interno lordo cala su base annua del 12,5% e l’indicatore dei consumi si attesta su -15,2%. 

A giugno, nonostante quasi tutte le attività siano tornate operative e siano venuti meno i vincoli alla mobilità interna e, progressivamente, con i paesi dell’area Schengen, il recupero si è confermato difficile e complesso.

Secondo i dati della Congiuntura Confcommercio, i “rimbalzi” mensili di alcuni indicatori economici, pur di dimensioni importanti, hanno lasciato il livello di attività su valori ancora molto contenuti. I comportamenti delle famiglie in materia di consumo si sono confermati prudenti. Nel confronto annuo l’indicatore dei consumi (ICC) segnala un calo del 15,2%, dato meno negativo se confrontato con il trimestre precedente, ma ancora lontano dai valori pre-pandemia. Se per l’alimentare, dopo il moderato aumento registrato nei mesi di lockdown, si conferma una stabilizzazione, per altri segmenti il rimbalzo di aprile e maggio ha solo attenuato i contorni di una situazione estremamente grave. Per la filiera turistica, che nei mesi estivi concentra gran parte del fatturato annuo, la distanza tra una situazione normale e quella attuale è abissale, così come per l’abbigliamento e per il segmento delle auto, settori vitali per la ripresa del Paese.

Le prospettive a breve si confermano piene di incognite, anche in considerazione delle difficoltà che vivono molte famiglie. Il disagio sociale, misurato sulla base del Misery Index Confcommercio (MIC), seppure in ridimensionamento, si attesta anche a maggio a livelli record, a testimoniare una situazione critica del mercato del lavoro, nella sostanza prima più che nelle statistiche. A questo si aggiungono le difficoltà degli altri Paesi ed i problemi di mobilità internazionale, elementi che portano a spostare oltre l’autunno il ritorno dei dati della filiera turistica su valori meno drammatici. Il quadro d’insieme indica come, pur in presenza di un tessuto imprenditoriale vivace e coraggioso, sia le riduzioni più profonde di quanto atteso ad aprile sia una ripresa più lenta a maggio e giugno, comporteranno una revisione della variazione del PIL per il 2020 in prossimità  del -9%/-10%.

Se il PNR non dovesse portare ai risultati sperati, cioè a un incremento strutturale del tasso di crescita del prodotto potenziale e, quindi, del prodotto osservato, la pandemia comporterà un nuovo equilibrio di sotto-occupazione con espulsione permanente di occupati dal mercato del lavoro, maggiore spesa per l’assistenza e, in definitiva, un contesto macroeconomico compromesso.

PIL MENSILE

A maggio nonostante la fine del lockdown abbia determinato un rimbalzo mensile del 42,1% della produzione industriale al netto dei fattori stagionali, la riduzione su base annua si attesta al 20,3%. Nello stesso mese l’occupazione registra un calo dello 0,4% rispetto al mese precedente e del 2,6% sullo stesso mese dello scorso anno. Il sentiment delle imprese del commercio al dettaglio ha registrato nel mese di giugno un aumento del 16,3% congiunturale, a fronte di una riduzione tendenziale del 25,4%.

Dopo le buone performance di maggio il recupero dell’attività è proseguito a ritmi meno intensi, con una stima per il mese di luglio di una crescita congiunturale del PIL, al netto dei fattori stagionali, del 4,3%, valutazione che comporterebbe un livello inferiore del 12,5% rispetto allo stesso mese del 2019). Nel secondo trimestre il PIL è stimato ridursi del 18% rispetto all’ultimo quarto e del 22,5% nel confronto annuo.

ICC (INDICATORE CONSUMI CONFCOMMERCIO)

A giugno è proseguito, in linea con il progressivo ritorno alla normalità, il recupero della domanda. L’indicatore dei consumi registra, nel confronto annuo, un calo del 15,2%. Nel complesso del secondo trimestre la riduzione è stata, nel confronto con lo stesso periodo del 2019, del 29,7%, valore che si attesta al 54,5% per la domanda di servizi.