Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito un riferimento alla Legge 104/92. Riferimento, entrato nel linguaggio comune, per le persone che, lavoratrici, possono usufruire di particolari permessi per prestare assistenza ad un familiare disabile.
Più precisamente: un lavoratore che assiste un familiare disabile grave, parente o affine entro il 2do grado (o entro il 3zo grado, in specifiche situazioni), ha diritto a 3 giorni di permesso mensile per legge 104, utilizzabili anche in maniera continuativa.
Cos’è la L. 104? Chi ne ha diritto? Cosa consente di fare?
La L. 104 nasce ed ha lo scopo di tutelare i soggetti disabili. Grazie ad essa sono stati previsti e disciplinati numerosi aspetti della vita di un soggetto disabile.
Sono previste agevolazioni fiscali, particolari tutele sul luogo di lavoro, cure e terapie ma quasi tutti colleghiamo questa Legge ai permessi richiesti sul luogo di lavoro.
Permessi che possono essere richiesti dal lavoratore affetto dall’handicap che ha portato al riconoscimento dei diritti previsti dalla medesima Legge oppure, e soprattutto, dai familiari che dovrebbero prestare assistenza ai soggetti disabili.
Purtroppo spesso la cronaca fa riferimento a falsi invalidi o ad utilizzi “allegri” dei permessi legati alla legge 104. Come ci si può difendere da questi abusi?
La Legge prevede che, per coprire l’assenza di un dipendente avente diritto ai permessi, si possa chiedere ai colleghi di prendere il posto del lavoratore assente.
Inoltre è previsto che chiunque ne abbia interesse, possa chiedere che venga effettuato un controllo sul rispetto della normativa.
Ciò comporta che ogni collega di lavoro possa segnalare quello che ritiene un abuso.
A chi va segnalato l’abuso?
La segnalazione può essere presentata:
1) Al datore di lavoro
2) Alla Procura della Repubblica
3) Alle Forze di Polizia
4) All’INPS
A cosa può portare la scoperta di un abuso?
Ci sono varie conseguenze che variano dalla gravità della condotta.
La conseguenza più lieve è quella del rimprovero verbale. Successivamente vi è il richiamo scritto, l’elevazione di una multa, la sospensione dal servizio con conseguente restituzione della retribuzione percepita, il trasferimento ed il licenziamento.
Il precedente ordine non è vincolante e ben potrebbe accadere di assistere ad un licenziamento per giusta causa.
E’ indubbio, infatti, che se l’abuso fosse accertato, il lavoratore avrebbe non solo violato la fiducia del datore di lavoro ma avrebbe contemporaneamente posto in essere una frode ai danni di INPS.
Quando l’abuso può portare al licenziamento?
Sul punto viene in aiuto la Corte di Cassazione con numerose sentenze che hanno tutte un filo conduttore.
Il lavoratore non è tenuto a dover prestare l’assistenza in maniera continuativa per le 24 ore della giornata di permesso o durante tutte le ore in cui avrebbe dovuto lavorare, ma ciò non toglie che lo stesso debba avere come assoluta priorità l’assistenza al familiare disabile.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5574 del 22 Marzo 2016 ha ritenuto “legittimo il licenziamento per giusta causa inflitto al lavoratore che a fronte di ventiquattro ore di permessi retribuiti ex lege c.d. “104” ha tenuto una condotta compatibile con le motivazioni di assistenza al congiunto disabile per un tempo pari soltanto al 17,5 per cento del totale concesso”.
Con la sentenza n. 17968 del 13 Settembre 2016 la Corte ha altresì statuito che la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un’attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto, ciò in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa e/o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza comunque prestata.
In una ulteriore pronuncia la Corte di Cassazione ha poi ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che soggiornava in una nota località turistica mentre stava usufruendo di un permesso ex art. 104, in assenza di valide giustificazioni da parte dello stesso (Cass. sentenza n. 18293 del1’11 luglio 2018).
Il pensiero della Corte di Cassazione è chiaro, cristallino, in tema di “permessi Legge 104”: occorre garantire al familiare disabile in situazione di gravità un intervento assistenziale di carattere permanente, continuativo e globale.
Per tale ragione, ove venga a mancare del tutto il nesso causale tra assenza dal lavoro e l’assistenza al disabile, si è in presenza di un uso improprio o di un abuso del diritto, ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro, sia nei confronti dell’ente assicurativo che genera dunque responsabilità del dipendente.
Sara Astorino, legale, consulente Aduc