Una provocazione, quella lanciata dall’Ufficio studi della CGIA, che poggia sulla dimensione economica particolarmente significativa di due fenomeni molto sentiti dall’opinione pubblica.
Sebbene entrambi non siano comparabili da un punto di vista strettamente statistico, possiamo comunque affermare con buona approssimazione che l’evasione fiscale e contributiva presente nel nostro Paese – pari, secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze, a circa 110 miliardi di euro all’anno – ammonta a poco più della metà degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze causate dal cattiva gestione della nostra Pubblica Amministrazione (PA) che, la CGIA, stima in oltre 200 miliardi di euro all’anno.
Pertanto, nel rapporto dare/avere tra lo Stato e il contribuente italiano, a pagare il prezzo più elevato sarebbe quest’ultimo. Intendiamoci, fanno sapere dalla CGIA, nessuno può sostenere che l’evasione fiscale sia giustificabile perché la nostra Pubblica Amministrazione presenta un livello di efficienza relativamente basso.
Ci mancherebbe. Se tutti pagassero il dovuto, avremmo più risorse per far funzionare meglio la macchina pubblica, garantendo così un livello superiore di giustizia sociale e di civiltà. Ma è altrettanto vero che se avessimo una PA con un livello di produttività e tempi di risposta a cittadini/imprese in linea con la media europea, probabilmente avremmo anche meno evasione, perché chi non paga sarebbe messo nelle condizioni di farlo.