L’intervento: I nuovi Usa, quanto ci riguardano

Abbiamo letto e sentito dello spettacolo inquietante di Donald Trump nel “ruolo di un demagogo in una missione divina” (1), attorniato e sostenuto da un appello degli uomini più ricchi del mondo (che nella precedente investitura di Biden c’erano lo stesso) e una serie di comprimari in attesa e in ricerca di citazione e pacca sulla spalla, tra cui la nostra Meloni.

Nei giorni successivi c’è stata una valanga di ordini esecutivi e annunci. Il Piano per ritirarsi dall’accordo di Parigi sul clima (scimmiottato e ripreso in versione Ue dal nostro ministro degli Esteri Tajani) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (minacciato da un manipolo di leghisti per l’Italia). Condoni e commutazioni di pena per gli assalitori di Capitol Hill del 6 gennaio (emulato dal nostro governo che ha rispedito in Libia un generale torturatore condannato tale a livello internazionale, e arrestato per sbaglio). Una pausa di 90 giorni sugli aiuti statunitensi e l’annullamento delle sanzioni di Biden sui violenti coloni israeliani. Un’attenzione alle politiche green come prova che la Casa Bianca sta eseguendo gli ordini delle grandi compagnie petrolifere. Il cambiamento, anche se formalmente non tale, del 14mo emendamento della Costituzione Usa sulla cittadinanza per nascita. E, a margine ma con molto risalto mediatico: le divagazioni su Groenlandia, Panama, Canada, Golfo del Messico. Le odi di potenza per minacciare Putin sull’Ucraina. Le minacce, a Davos: o producete sul territorio Usa o pagherete alti dazi per portare le vostre merci in Usa.

Insomma, come direbbe il marchese del Grillo: “io so io e voi non siete un cazzo”.

L’Unione europea – intanto – annaspa con una Commissione che per ora sembra solo equilibri per avere una maggioranza (il top è il commissario italiano e vicepresidente esecutivo Fitto, i cui gruppo ha votato  contro la maggioranza in auge in Ue). Mentre la presidente Von der Leyen si rende disponibile a trattare con chiunque, Trump incluso, anche se non si capiscono i termini di fronte alle politiche soprattutto economiche (il gas, per esempio, verrà comprato dagli Usa a prezzi stratosferici dopo la chiusura – sembra – totale dei rubinetti con la Russia?…. gas europeo – non dimentichiamolo – senza il quale l’Italia sarebbe “alla canna  del gas”).

L’Italia esporta verso gli Usa intorno al 10% dei propri prodotti (al primo posto la Germania e al terzo la Francia). Al momento l’attenzione politica ed economica è sui risultati del ruolo comprimario del nostro governo verso le politiche di Trump, anche snobbando l’Ue (il fatto che Meloni fosse l’unica capo di governo presente all’insediamento di Trump, viene mediamente vissuto come esaltazione piuttosto che preoccupazione… a nostro modesto avviso, l’Italia senza l’Ue non esiste e sarebbe uno sfacelo economico e politico).

Noi consumatori, che non contiamo nulla anche se senza consumatori (singoli, non associazioni ovviamente) non ci sarebbe politica che possa reggere. Siamo qui ad aspettare come si evolverà l’aria che tira.

Certo, siamo anche cittadini (e in questo contiamo più che come consumatori), ma abbiamo l’impressione – impressa e provata – che anche come tali, al momento stiamo solo delegando ai più belli e ai più forti e ai più maneggioni di pensare e fare le cose per conto nostro (valga per tutti il fatto che – pur se ognuno coi propri motivi – deleghiamo la scelta di chi ci governa e amministra a quel grossomodo 50% che ha lo stomaco o la sudditanza o l’appartenenza ideologica per andare a votare).

I nuovi Usa ci riguardano, certo che ci riguardano, ma dobbiamo prendere atto, se non abbiamo scelto di essere al tavolo del cuoco e – bontà di ognuno, goderne – che ogni scelta e decisione è rischiosa. Gli Usa di prima e di oggi sono fra noi. Vale per quando facciamo spese; vale seo siamo su un treno o in autostrada o su un tram; vale per il posto di lavoro precario o finito, nonché le precarietà di una qualunque attività imprenditoriale; vale per quando ci danniamo per fruire della Sanità pubblica; vale per quando mandiamo i figli a scuola; vale per i nostri rapporti e fruizioni col mondo del credito e della finanza; vale per le nostre intimità affettive e corporali.

Interessante, umanamente ed antropologicamente, è osservare che il cambiamento è in atto col metodo – universalmente identificato – italiano: dire e non dire, fare e non fare, inaffidabilità e pacche sulle spalle. Siamo, per l’appunto, il paese del Vaticano cattolico, dove tutto e il contrario dello stesso è lecito e culturalmente affidabile.

Si pensi che abbiamo un governo, nella storia dell’Italia post seconda guerra mondiale, tra i più marchiati come nazionalista (sovranista, di usa oggi) e un’opposizione che – più che talvolta – parla con slogan incomprensibili a quei pochi di se stessa che potrebbero forse capirla. I nazionalisti, mentre fruiscono e succhiano il più possibile dall’Ue dando in cambio le opere di Raffaele Fitto, sono in attesa della benevolenza del “demagogo in missione divina” di oltre Atlantico.

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

 

 

1 – https://www.theguardian.com/us-news/2025/jan/20/president-trump-speech-inauguration