Nel giorno del 13esimo anniversario della morte di Luca Coscioni, la “sua” associazione ha presentato il rapporto su “Lo stato della ricerca in Italia: libertà e finanziamenti” che nel mese di marzo verrà inviato all’ONU in occasione della presentazione, da parte del nostro paese, della relazione periodica sul rispetto degli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica dei maggiori trattati internazionali in materia di diritti umani nel corso del 2019.
Quello presentato è un documento di partenza, che verrà caricato nelle prossime ore sul sito dell’Associazione Luca Coscioni e potrà includere le integrazioni di scienziati e addetti ai lavori segnalate da qui a marzo, prima dell’invio all’ONU.
Da anni l’Unione Europea ha fissato al 3% del Prodotto Interno Lordo nazionale, l’obiettivo di investimenti pubblici sulla ricerca da raggiungere entro il 2020; Secondo l’ultimo rapporto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Italia investe solo l’1,3% del proprio PIL, posizionandosi al di sotto della media dei paesi dell’OCSE e dell’UE. Anche se il rapporto tra spesa in ricerca/ sviluppo e PIL è passato dall’1,0% del 2000 all’1,3%, la spesa per ricerca e sviluppo finanziata dal Governo è rimasta stazionaria – di poco superiore allo 0,5% del PIL – mentre gli stanziamenti del MIUR verso gli enti pubblici di ricerca sono scesi dai 1.857 milioni del 2002 ai 1.483 milioni del 2015.
Se si guarda al di fuori dei confini nazionali, in tema di studi scientifici lo scenario globale vede Stati Uniti e Cina ai primi posti (rispettivamente rappresentano il 26% e il 21% delle pubblicazioni globali secondo i dati forniti dalla National Science Foundation degli Stati Uniti all’inizio del 2018), il contributo italiano ha comunque prodotto buoni risultati passando dal 3,2% al 4% della quota mondiale. Gli USA e i paesi europei, poi, producono più studi nelle scienze biomediche e sono i più ripresi dalla comunità scientifica globale, mentre la Cina con le sue scoperte oggi originali e innovative è leader nella ricerca ingegneristica.
A partire da oggi, ogni 20 febbraio – data in cui ricorre l’anniversario della morte di Luca Coscioni– l’Associazione presenterà il suo rapporto sullo stato della ricerca, con l’intenzione di denunciare la situazione attuale e motivare l’intera comunità scientifica per far sì che il lavoro svolto negli ultimi anni diventi uno strumento di monitoraggio continuo e aperto al contributo di tutti, scienziati, ricercatori e studenti, con lo scopo di promuovere e proteggere il diritto alla ricerca nel nostro paese.
“Negli anni scorsi, e con successo, l’Associazione Luca Coscioni ha attivato giurisdizioni nazionali, regionali e internazionali” ha dichiarato l’Avvocato Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione “per conquistare diritti di scelta, e lo abbiamo fatto richiamando la necessità di affermare la legalità costituzionale quanto gli obblighi internazionali partendo dalla fecondazione assistita. La Corte costituzionale ci ha dato più volte ragione per quanto riguarda divieti italiani, la Corte InterAmericana sui diritti umani ha tenuto conto delle critiche costruttive che abbiamo rivolto alle proibizioni in Costa Rica su questioni simili. Con il Rapporto che invieremo all’ONU vogliamo sistematizzare ulteriormente questo nostro lavoro continuando a chiamare a raccolta la comunità scientifica per un impegno riformatore permanente”.
Il lavoro dell’Associazione Luca Coscioni, che verrà discusso dalle Nazioni Unite nel secondo semestre dell’anno, intende offrire riforme legislative e di approccio politico come l’istituzione di un’Agenzia Nazionale della Ricerca che ancora manca in Italia e l’aumento delle risorse stanziate per la ricerca in rapporto con il PIL nazionale, per far sì che l’Italia possa tornare a poter competere in Europa e nel mondo in un campo in cui ha sempre detenuto primati.
“La ricerca italiana è soffocata da proibizioni, burocrazia e mancanza di fondi, nel disinteresse della politica ufficiale” ha denunciato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione. “E’ tempo che siano innanzitutto gli scienziati, i ricercatori e gli studenti a mobilitarsi proponendo soluzioni. Dai divieti clericali su embrioni e genoma al fallimento dell’obiettivo del 3% di spesa per ricerca in rapporto al PIL, passando per il clientelismo politico delle baronie accademiche, è tempo che siano gli stessi ricercatori ad opporsi al declino della ricerca, organizzando una resistenza che parta dalla conoscenza. Il “Rapporto sullo stato della ricerca italiana” che da quest’anno presenteremo ogni 20 febbraio e che inviamo alle Nazioni Unite è in realtà uno strumento di monitoraggio permanente -aperto al contributo di tutti: dal grande scienziato al giovane studente – e di denuncia degli attacchi alla scienza, che sono attacchi alla qualità della vita di tutti i cittadini”.