«Leggendo l’inchiesta che ha coinvolto anche il territorio di Lomazzo, mi pare evidente anche che il messaggio che dobbiamo dare tutti in modo forte è che con le mafie non si può convivere». Lo ha detto senatore Franco Mirabelli (Vicepresidente del Gruppo PD al Senato e capogruppo PD in Commissione Parlamentare Antimafia) intervenendo questa mattina all’incontro “’ndrangheta 2.0. Il nostro no alla mafia” a Lomazzo, a cui sono intervenuti anche l’on. Chiara Braga (capogruppo PD Commissione Parlamentare Ecomafie), il consigliere regionale Angelo Orsenigo (Componente della Commissione Antimafia del Consiglio Regionale della Lombardia), Benedetto Madonia (Presidente del Centro Studi contro le mafie – Progetto San Francesco), il giornalista Giampiero Rossi (Corriere della Sera) e Mariangela Vitale (Consigliera PD Comune di Lomazzo).
«Con le mafie non si convive. Non esiste il modello per cui ci si rivolge alla mafia, si porta a casa un favore e il giorno dopo si è liberi. Non funziona così. – ha spiegato il senatore Mirabelli – Con le mafie non si convive. Nessuno può convivere con le mafie pensando di farla franca. La società non può convivere con le mafie. L’atteggiamento verso le mafie può essere solo quello di combatterle perché mettono in discussione la convivenza civile. Sento spesso diffondersi l’idea che alla fine le mafie non fanno danni: si percepiscono come più dannosi i piccoli spacciatori o gli scippatori ma, quando si pensa questo, si trascura il fatto che si parla di organizzazioni criminali che stanno investendo miliardi nell’economia legale e questo è un rischio enorme per la nostra democrazia. È un problema molto grande per ognuno di noi avere un’economia legale condizionata sempre più da fondi di provenienza illecita e inquinata dalle mafie, perché viene meno la legge del libero mercato e la concorrenza».
«Le mafie hanno una capacità di condizionare la politica che non è più quella di una volta, non c’è più solo il tentativo di appropriarsi degli appalti. L’esperienza che abbiamo avuto in queste terre è di persone che vengono mandate dalla ‘ndrangheta o con cui la ‘ndrangheta costruisce un rapporto dando voti o aiuti con l’obiettivo di avere qualcuno nei Comuni che, se serve, possa intervenire per accelerare pratiche, cambiare destinazione d’uso, ecc. – ha proseguito Mirabelli – Per questo la politica deve essere capace di alzare le barriere: dobbiamo sapere chi candidiamo nelle liste e dobbiamo sapere quali sono le spie di qualcosa che non va. Nella lotta alle mafie non è sufficiente l’impegno della magistratura. La magistratura e le istituzioni in questi anni hanno fatto uno straordinario lavoro. La nostra normativa antimafia è straordinaria (con il reato di associazione mafiosa, la confisca dei beni e gli strumenti per verificare la provenienza dei finanziamenti) e tutto il mondo cerca di copiarla. In questo Paese abbiamo fatto scelte coraggiose. Oggi la politica non dà la sensazione di considerare la lotta alle mafie una priorità. La politica, però, c’è in questo scontro e ha una capacità di adeguare le normative di fronte ai cambiamenti delle mafie, che cercano sempre i soldi dove ci sono e mutano a seconda delle situazioni e degli strumenti di contrasto».
«Avviso Pubblico è una grande risorsa: si tratta di un’associazione di sindaci e Comuni che si sta dedicando a dare una mano ai sindaci per capire cosa fare per impedire che le mafie entrino nei Comuni, quali protocolli costruire, come gestire le cose, quali sono le spie che possono segnalare la presenza delle mafie. Questa associazione può dare una mano anche a proteggere gli amministratori che, in terre difficili come queste del Nord, vogliono fare la lotta alle mafie. – ha detto il senatore, rivolgendosi agli amministratori locali presenti al dibattito – Insisto, quindi, a dire che con la mafia non si convive e non ci può essere indifferenza. Sono contento che ora a Cantù si stia muovendo qualcosa ma sono rimasto molto colpito dal fatto che lì ci fossero violenze e aggressioni per condizionare i commercianti e a lungo non c’è stata alcuna reazione né da parte dell’amministrazione comunale né da parte dei cittadini. Ci si vergogna ancora se qualcuno dice che nel nostro Comune c’è la mafia. Non bisogna vergognarsi, invece, perché non è colpa di una comunità se lì si sono insediate le mafie. Bisogna avere l’orgoglio di respingere le mafie, di mettersi tutti in campo, denunciare, guardare le cose che non funzionano. Ne va della nostra convivenza e della nostra democrazia». «Abbiamo bisogno davvero di alzare la guardia nel quotidiano. – ha concluso Mirabelli – Non dobbiamo aspettare la prossima inchiesta o la prossima ondata di arresti per accorgerci che si sono le mafie, soprattutto in realtà come queste dove emerge una difficoltà. La lotta alle mafie deve diventare un tema quotidiano, non aspettiamo la prossima inchiesta. Bisogna prevenire; bisogna lavorare per evitare che succeda, che la mafia ritorni o si rafforzi e bisogna farlo con grande rigore. O si sta da una parte o dall’altra: non si sta nel mezzo. Soprattutto chi è nelle istituzioni o sta da una parte o dall’altra. Non ci sta un garantismo peloso, in nome del quale si dice che nel dubbio si lascia che le cose vadano avanti. Questo non funziona perché siamo di fronte ad un mostro che fa male a tante persone. In quell’inchiesta ci sono moltissime persone e i loro familiari che sono stati massacrati dalle mafie, anche sul futuro economico. A quelle persone non si può dire che aspettiamo di capire e vedremo ma dobbiamo dire che per noi la lotta alle mafie è una priorità. O si sta di qui o di là. Garantisti su tutto ma quando si sta nelle istituzioni bisogna essere chiari. Chi è fuori dalle istituzioni deve essere sicuro che chi è dentro starà dalla parte giusta della barricata».