
“Questo convegno multidisciplinare, effettivamente, sta avendo un ottimo riscontro anche in termini di partecipazione. Rispetto alla prima edizione che si è svolta a Catania abbiamo integrato dei relatori provenienti dal territorio ragusano. La grande novità del Keryne, e in particolare di quello Oro, comincia a risultare significativa, perché, come ha sottolineato anche la dottoressa Castorina, che è farmacologa, prima non c’era una valida alternativa all’abuso delle benzodiazepine. Oggi esiste e consente terapie senza ricorrere a prodotti che portano ad una serie di problematiche fino alla dipendenza”.
Così Roberto Sortino traccia il bilancio della seconda edizione del congresso dedicato ad “Ansia e Somatizzazioni” che si è tenuto a Ragusa all’Hotel Poggio del Sole. Un congresso che ha registrato la partecipazione di numerosi specialisti di varie discipline che si sono confrontati partendo proprio dai casi clinici risolti grazie all’utilizzo dell’integratore al posto delle benzodiazepine.
“L’ansia – ci spiega la coordinatrice scientifica del congresso Maria Castorina, dirigente medico del Sert di Lentini – ha avuto una crescita esponenziale nel nostro paese, ma la cosa più allarmante è che spesso i pazienti, o i potenziali pazienti, non si rivolgono allo specialista, ma procedono ad un’automedicazione con dei farmaci, anche molto conosciuti che vengono però misusati, cioè utilizzati impropriamente e quindi nel tempo possono provocare dei danni. Peraltro è stato dimostrato che questi farmaci vengono usati, senza prescrizione medica, anche da giovanissimi tra i 15 e 19 anni. Qualsiasi stato d’animo che magari proviene da una qualsiasi evidenza di malattia non significa l’avere sviluppato un disturbo d’ansia vero e proprio. Questo è un atteggiamento che deve essere corretto e in questo senso può essere d’aiuto l’utilizzo di integratori come il Keryne, proprio perché si riescono ad avere dei risultati importanti anche se si tratta di farmaci”.
Come detto sono stati diversi gli specialisti che si sono confrontati dibattendo su casi clinici realmente affrontati. Tra questi soprattutto i cardiologi che, più di altri sanitari, si trovano a dover affrontare nella quotidianità casi di ansia che, all’apparenza, potrebbero sembrare disturbi cardiologici.
“Il ruolo del cardiologo – ci spiega Adriana Melfi, dirigente medico dell’Ospedale di Vittoria– è fondamentale, specialmente nel primo approccio con il paziente. È fondamentale perché noi abbiamo due tipi di pazienti cardiologici. Uno, quello che ci proviene dal pronto soccorso che ha i tipici stati di ansia, con tremore, calore, sudorazione profusa, tachicardia, fame d’aria e dolori in tutto il corpo. In questo tipo di pazienti trovo inopportuno iniziare con le benzodiazepine, perché è un attacco troppo aggressivo, quindi magari è più opportuno un nutraceutico efficace e valido. Per quanto invece riguarda i pazienti con delle patologie cardiologiche serie, quindi degli scompensi, dei pazienti che devono affrontare un intervento per l’introduzione di un device, in questi casi ci può essere uno stato d’ansia, ma minore, che comunque deve essere accompagnato da una somministrazione, sempre iniziando da un nutraceutico efficace, come per esempio potrebbe essere il Keryne oro in bustine”.
“In ambito cardiologico – conferma Francesco Marzà, cardiologo dell’Asp di Catania, tantissime persone giungono all’ambulatorio con sintomi come palpitazioni, cardiopatia e a volte anche per fame d’aria. Non di rado si tratta di una delle tante somatizzazioni degli stati d’ansia. In questo senso il cardiologo è forse la figura medica che viene maggiormente impegnata in primis perché il cuore è l’organo che noi sentiamo, ne percepiamo un cambiamento, quindi un’accelerazione del battito o la sensazione del battito che salta. Sono numerosi pazienti che dicono che a un certo punto avvertono come una sensazione di mancanza oppure un senso di tonfo al petto”.
Sempre nell’ambito della cardiologia anche uno dei casi clinici trattati durante il congresso, come quello, decisamente particolare, definito del “respiro rubato”.
“In realtà – ci dice Salvatore Massimo Petrina, cardiologo dell’ospedale Giovanni Paolo II di Ragusa – questo è un caso che ci capita frequentemente nella nostra pratica clinica in cardiologia perché è la storia di una donna che dopo aver superato bene un infarto, si è ritrovata a sperimentare un effetto collaterale inaspettato, il respiro rubato che in sostanza è uno stato ansioso. Uno stato che veniva causato da uno dei farmaci che gli era stato prescritto. Alla signora, invece, fu diagnosticata un’ansia che, in realtà, era solo causata dalle controindicazioni di un farmaco. Uno stato inevitabile, dato che il farmaco non poteva essere cambiato, che abbiamo gestito con la somministrazione del Keryne Oro”.
Tra gli spunti di maggiore interesse anche quello che ha portato a dibattere dei legami tra la dipendenza da tabagismo e i disturbi legati all’ansia.
“Nel trattamento del tabagismo, soprattutto nelle fasi iniziali di astinenza da fumo, si presentano – ci dice Antonella Marinaro, psichiatra e psicoterapeuta del Sert di Gravina, dei sintomi cosiddetti sintomatologia astinenziale, molto frequente nelle prime 24-72 ore, caratterizzata da ansia, irritabilità, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, aumento dell’appetito e anche sindrome delle gambe senza riposo. In questo caso anziché utilizzare sostanze che possono creare alti livelli di dipendenza, io consiglio come primo presidio terapeutico di utilizzare delle sostanze, tipo ad esempio delle sostanze alternative che non presentano fenomeni di abuso, dipendenza e astinenza, pertanto possono essere utilizzati con estrema sicurezza e tollerabilità dei pazienti”.
Un problema, quello del tabagismo che, purtroppo, sta nuovamente colpendo le nuove generazioni. Adolescenti e pre-adolescenti al centro del dibattito sull’ansia.
“Stiamo cercando – spiega Franca Tiralosi,responsabile Uos Neuropsichiatria infantile Asp Catania – di fare presente alle istituzioni la carenza di personale e di multiprofessionalità, che è fondamentale per alleviare il disagio delle famiglie, prima, e dei minori, conseguentemente. Ci viene richiesto aiuto dalle scuole, ma siamo un numero così esiguo che va sempre a diminuire. Nel frattempo la situazione è peggiora. Siamo quasi costretti a dimettere un paziente che ancora deve essere seguito, perché soprattutto dopo il Covid l’età di esordio di questi disturbi è arrivata alla pre-adolescenza. Le famiglie sono in difficoltà perché sono intervenuti tanti cambiamenti in ordine non solo sociale, ma anche nel modo di approccio nei confronti dei figli. Le famiglie vanno sostenute e non attaccate”.
Diversi, come detto, i casi clinici presentati durante i lavori del congresso come, per esempio, lo spettro ansioso in un soggetto borderline e la sindrome delle gambe senza riposo.
“Abbiamo una casistica abbastanza limitata, ma particolarmente importante dal punto di vista psichiatrico e dal punto di vista gestionale. Il disturbo borderline, fra tutti i disturbi – ci spiega Giancarlo Tribastone, psichiatra e psicoterapeuta – è quello meno identificabile ed è particolarmente difficile da trattare. In questi casi l’integratore è stata, in un certo senso, una scommessa perché la paziente di cui parliamo è una persona di mezza età che è stata seguita per diversi anni con un approccio vario, a volte anche fantasioso se è vero che la sintomatologia è trasversale. L’integratore è servito a cercare di smaltire tutte le scorie che in questi anni hanno modificato il quadro-clima senza averlo risolto”.
“La sindrome delle gambe senza riposo – dice Cinzia Leonardi, neurologa dell’AIAS di Acireale – è una sindrome del sistema nervoso centrale che porta a questa necessità di muovere gli arti inferiori, talvolta anche gli arti superiori durante le ore notturne per cui altera il sonno. Abbiamo descritto un caso che probabilmente era legato anche a una fase di stress che la paziente stava vivendo. Con l’assunzione del Keryne il disturbo è regredito totalmente”.
Infine, ma non per importanza, è stato affrontato uno dei casi più delicati e complessi: il sostegno al dolore nei pazienti oncologici e la gestione dell’ansia tra i familiari.
“E’ difficile affrontare tutta la tematica relativa al dolore – spiega Antonella Battaglia, Responsabile dell’Hospice dell’ospedale Arezzo di Ragusa – al dolore cronico specialmente se si tratta di pazienti oncologici e il lavoro che si fa è un lavoro comunque in equipe multidisciplinare perché si prende in carico il malato con i suoi bisogni ed è necessario individuare il bisogno in maniera precoce in modo tale da poter realmente mettere in atto tutte quelle strategie terapeutiche di sostegno sia farmacologico che di sostegno psicologico, sociale e anche spirituale per poter risolvere il sintomo. Perché nell’ambito delle cure palliative quello che si deve fare è non attendere che il paziente arrivi in una condizione di terminalità, ma serve un accompagnamento al fine vita. Da qualche anno abbiamo cominciato ad utilizzare il Keryne proprio per ridurre questo stato d’ansia, che poi è un’ansia reattiva”.