L’immunoterapia neo-adiuvante, cioè il trattamento che precede l’intervento chirurgico, aumenta di circa il 30% la sopravvivenza dei pazienti con melanoma metastatico rispetto alla sola immunoterapia adiuvante, quella cioè post-intervento. Lo conferma anche lo studio italiano NEO-TIM, anch’esso presentato all’ASCO di Chicago …
E’ ufficiale: nei casi di melanoma metastatico l’immunoterapia neo-adiuvante, che prevede la somministrazione del trattamento immunoterapico prima dell’intervento chirurgico, ha un indubbio vantaggio sia sulla sopravvivenza che sul rischio di recidiva. Infatti, i pazienti che hanno ricevuto il trattamento prima della chirurgia hanno registrato un tasso di sopravvivenza libera da eventi, cioè dalla progressione della malattia e da morte, pari all’83%, circa il 30% in più rispetto ai pazienti che hanno ricevuto l’immunoterapia solo dopo l’intervento chirurgico.
A decretare la superiorità dell’immunoterapia neo-adiuvante, promuovendola di fatto a nuovo standard di cura, è lo studio internazionale NADINA, coordinato da Christian U Blank, scienziato del Netherlands Cancer Institute di Amsterdam, e a cui ha preso parte per l’Italia Paolo Ascierto, presidente Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli. I risultati dello studio sono stati presentati al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), in corso a Chicago, e pubblicati simultaneamente dal The New England Journal of Medicine.
“E’ arrivata l’attesa conferma dell’efficacia dell’immunoterapia neo-adiuvante nei casi di melanoma metastatico candidati alla chirurgia”, commenta Ascierto, che proprio all’ASCO presenterà i risultati dello studio italiano NEO-TIM che, in sintonia con NADINA, ribadiscono con forza la superiorità dell’immunoterapia pre-intervento rispetto a quella post. “Questi risultati cambiano la pratica clinica: ora l’immunoterapia neo-adiuvante diventa lo standard di cura per i pazienti con melanoma metastatico”, aggiunge. Ma chi sono i pazienti che posso beneficiare del trattamento neoadiuvante? tutti i pazienti dopo l’intervento chirurgico? No. “Possono beneficiare del trattamento neo-adiuvante quei pazienti che hanno una malattia clinicamente evidente e che può essere resecata chirurgicamente – spiega Ascierto –. Infatti, l’immunoterapia, in presenza di cellule tumorali, aumenterebbe l’efficacia del sistema immunitarion che, dopo l’intervento chirurgico e la resezione completa del tumore, avrebbe un potere maggiore nel prevenire le recidive”.
Attualmente lo standard di cura per i pazienti con melanoma resecabile è la chirurgia, a cui può seguire una terapia sistemica adiuvante. “In questi casi, tuttavia, una percentuale sostanziale di pazienti, stimata intorno al 50%, presenta una recidiva entro i primi anni dopo l’intervento – continua Ascierto -. Questo ci ha spinto a cercare nuovi approcci terapeutici, tra cui appunto l’immunoterapia neo-adiuvante che già nei primi studi si è subito rivelata promettente. Dunque con lo studio NADINA arriva la conferma ufficiale, che segna l’ingresso ufficiale di questo nuovo approccio terapeutico nella pratica clinica. Resta confermato, per quei pazienti ad alto rischio che hanno avuto la resezione completa del melanoma o che hanno solo la positività del linfonodo sentinella, la terapia adiuvante dopo chirurgia resta lo standard di cura.
Nello studio sono stati coinvolti 423 pazienti con melanoma di stadio III operabile, divisi in due gruppi: nel primo i pazienti hanno ricevuto 2 cicli di immunoterapiaci ipilimumab-nivolumab seguiti poi dall’intervento chirurgico; in questo gruppo, solo i pazienti che ottenevano una risposta patologica parziale oppure nessuna risposta, venivano successivamente trattati con il nivolumab adiuvante. Nell’altro gruppo i pazienti sono stati sottoposti prima all’intervento chirurgico e poi hanno ricevuto 12 cicli di nivolumab adiuvante. Dopo un follow-up mediano di 9,9 mesi la sopravvivenza libera dalla progressione della malattia è stata significativamente più duratura nel gruppo di pazienti che hanno ricevuto l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico con un tasso, a 12 mesi, pari all’84% contro il 57% dei pazienti passati prima sotto al bisturi, con una riduzione del rischio per recidiva o morte 68% nel gruppo di pazienti trattato con la neo-adiuvante. Vantaggi sostanziali con l’immunoterapia neo-adiuvante sono stati riscontrati anche sul rischio recidiva, in alcuni casi persino in assenza di trattamento adiuvante, quello cioè post-intervento: nel 59% dei pazienti che hanno avuto ricevuto una risposta patologica maggiore la sopravvivenza libera da recidiva a 12 mesi è stata stimata sopra il 95%. “In pratica in quasi 6 pazienti su 10 sottoposti a terapia neoadiuvante, il trattamento post-intervento può diventare superfluo e, questo, può comportare un importante risparmio di risorse per il Servizio Sanitario Nazionale”, evidenzia Ascierto.
“Anche nello studio NEO-TIM, uno studio italiano che ha coinvolto un totale di 95 pazienti, l’immunoterapia pre-intervento presenta un vantaggio significativo in termini di riduzione delle cellule tumorali nel tessuto coinvolto e, nel 50% dei casi può rendere addirittura superflua il ricorso al trattamento adiuvante – conclude Ascierto –. L’efficacia della somministrazione dell’immunoterapia prima dell’intervento non è più solo un’ipotesi, ma una realtà che ha degli importanti benefici sui pazienti e che, per questo, modificherà gli attuali standard di cura”.