Messina – I Carabinieri del ROS, con il supporto in fase esecutiva del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro beni emesso dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura Distrettuale Antimafia, a carico di GALATI GIORDANO Vincenzo, attualmente detenuto, appartenente alla consorteria mafiosa dei “batanesi”, operante a Tortorici (ME) nonché sulla fascia tirrenica della provincia di Messina.
Il provvedimento trae origine dall’indagine Nebrodi condotta dal ROS che aveva documentato come i “BATANESI”, a seguito della disarticolazione della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), avessero progressivamente esteso il loro controllo sul territorio dei Nebrodi e della fascia tirrenica messinese
E’ emersa, in quel contesto, un’ampia e collaudata strategia per la commissione di plurime truffe finalizzate all’indebita percezione di rilevanti contributi europei, erogati dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (A.G.E.A.) a sostegno dell’agricoltura e della pastorizia. GALATI GIORDANO Vincenzo – raggiunto il 15 gennaio 2020 da custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa nell’ambito della citata operazione Nebrodi – è risultato figura di rilievo dei “batanesi”, tanto da averne retto le fila durante il periodo di detenzione di BONTEMPO Sebastiano cl.’69, capo del citato gruppo criminale.
Proprio riguardo Sebastiano Bontempo detto “u uappo”, i ROS intercettarono nel 2016, anno in cui fu compiuto l’attentato ai danni del Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, una conversazione di un suo uomo che i Carabinieri definiscono avere “uno speciale rapporto fiduciario con Bontempo Sebastiano inteso “il Guappo”. I Carabinieri evidenziavano “una situazione di tensioni in ambienti criminale”. Proprio nel 2016, per come si evince nell’annotazione dei Carabinieri, tale soggetto nel dialogo con altri sodali si esprime “lamentando la gravità della contingente situazione….. ne evidenziava la valenza dannosa ed il pericolo di rovina per tutti loro – caratterizzata da una restrizione nell’accesso ai contributi e dall’incremento dei controlli” .
E riferendosi ad Antoci dice: “Ci vorrebbero cinque colpi per farla finita definitivamente con Antoci…”.
L’annotazione, contenente la nota di servizio, precisa ancora la valenza criminale dell’interlocutore che: “come risulta agli atti di questo ufficio, la tracotanza manifestata deriva da incrementati contati fra il pregiudicato e la criminalità organizzata di Tortorici (ME), in seno alla quale beneficia di uno speciale rapporto fiduciario con Bontempo Sebastiano inteso “il Guappo”, da poco scarcerato e figura di primo piano di quella consorteria criminale nebroidea. Dall’esame degli atti documentali – dicono i Carabinieri sul soggetto – veniva ritenuto organico al clan “Galati Giordano” le informazioni di cui si dispone lo vedono ora vicino al gruppo Tortoriciano dei “Batanesi” – concludono i Carabinieri dei ROS.
Ricordiamo che il Maxiprocesso “Nebrodi” in corso vede ancora alla sbarra, al rito ordinario, 111 imputati e, con essi, un sistema mafioso milionario fatto di connivenze e silenzi bloccato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina squarciando, dunque, un velo di omertà che aveva soggiogato e sottomesso per anni un intero territorio. Reati che ruotano attorno al lucroso affare dei Fondi Europei per l’Agricoltura in mano alle mafie combattuto con forza con il cosiddetto “Protocollo Antoci”, ideato e voluto dall’ex Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Uno strumento recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia, votato in Parlamento il 27 settembre 2015 e apprezzato dalla Commissione Europea che ne ha consigliato l’applicazione agli Stati membri. Oggi questa normativa consente a Magistratura e Forze dell’Ordine di porre argine alle infiltrazioni mafiose in agricoltura che duravano da anni. Infatti, tentano di aggirare la legge e vengono scoperti.
Per tutto ciò il Presidente Antoci è stato vittima di un gravissimo attentato mafioso dal quale si è salvato grazie all’auto blindata e all’intervento della sua scorta. E proprio sull’attentato ad Antoci il Giudice, nell’ordinanza dell’operazione Nebrodi, che ha portato alla sbarra gli imputati, scrisse: “.... nel contesto che emerge nella presente indagine di truffe milionarie e di furto mafioso del territorio trova aspetti di significazione probatoria e chiavi di lettura di quell’attentato… Antoci si è posto in contrasto con interessi milionari della mafia”.
Il sequestro di oggi riguardato una società agricola utilizzata per l’indebita percezione di contributi economici comunitari erogati dall’AGEA, un appartamento, un’autovettura e otto rapporti bancari per un valore complessivo stimato oltre 210.000 Euro e si aspettano altri provvedimenti similari per gli altri appartenenti al contesto di indagine evidenziato dall’Operazione Nebrodi.
“Dopo le prime condanne esemplari di aprile scorso – dichiara Antoci – adesso iniziano i sequestri dei beni. Questi sequestri, sono certo, diventeranno presto confische, come tanti lo sono già diventati. Quanto tolto allo Stato e agli agricoltori onesti dalla mafia verrà così restituito. Lo Stato vince e il nostro lavoro continua a dare buoni frutti – conclude Antoci.