Un’insorgenza improvvisa di cui non si conoscono ancora i fattori scatenanti e che spesso viene scambiata per un sintomo psicosomatico di altre patologie, come la depressione. Caratterizzata da una debilitante debolezza muscolare che varia moltissimo anche durante una stessa giornata, la miastenia gravis generalizzata è una malattia neuromuscolare autoimmune rara e cronica che colpisce soprattutto testa, collo e arti. Non c’è un range di età più esposto di altri, ma la maggioranza delle persone colpite è formata da donne sotto i 40 anni e da uomini over 50. In Italia si contano 17mila pazienti; sono invece 89mila, complessivamente, quelli registrati nell’Unione europea.
Negli ultimi anni la ricerca medica e farmaceutica ha trovato e applicato terapie sempre più innovative per gestire la miastenia gravis. In questo solco si inserisce l’ok che l’Agenzia Italiana del Farmaco ha dato alla rimborsabilità di ravulizumab, un inibitore del complemento C5 a lunga durata d’azione che potrà essere utilizzato come terapia aggiuntiva a quella standard per il trattamento di pazienti adulti e positivi agli anticorpi anti-recettore dell’acetilcolina. Ad annunciarlo è AstraZeneca insieme ad Alexion, AstraZeneca Rare Disease, impegnate da anni nel contrasto di malattie rare.
“Siamo orgogliosi di mettere a disposizione dei pazienti italiani un trattamento per la miastenia gravis generalizzata che dimostra di essere efficace e di poter semplificare la gestione della patologia, contribuendo a cambiare in meglio la vita delle persone che ne sono affette e delle loro famiglie- ha affermato Anna Chiara Rossi, VP & General Manager Italy, Alexion, AstraZeneca Rare Disease, nel corso della conferenza stampa tenuta a Milano- Per noi è un risultato importante, ma il nostro impegno non si esaurisce qui. Vogliamo agire in modo concreto anche mettendo a disposizione progetti che vanno oltre il farmaco per rispondere alle esigenze ancora insoddisfatte di chi è affetto da malattie rare”.
Da cosa deriva la miastenia gravis? A spiegarlo è stato il dottor Michelangelo Maestri Tassoni del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. “Il sistema immunitario attacca un recettore nei muscoli con il risultato che i segnali di movimento risultano interrotti. Questo porta a sintomi lievi, ma comunque invalidanti, come palpebre calanti, visione doppia e perdita di equilibrio, fino a quadri più gravi che comportano la compromissione della deglutizione e della respirazione”.
Poiché si rischia che il progredire della malattia intacchi anche i muscoli respiratori con potenziale esito fatale, arrivare a una diagnosi precoce è fondamentale, ma non semplice, come testimoniano le storie raccolte dalle associazioni dei pazienti. Tra queste c’è l’Aim-Associazione Italiana Miastenia e Malattie Immunogenerative, che ha diverse sedi in tutto il Paese. Mariangela Pino, segretaria e socia di Aim Lazio, ha richiamato l’attenzione su un aspetto importante per chi si trova a convivere con la miastenia: “La gestione della malattia è molto faticosa per intensità e frequenza dei trattamenti”, ha detto in conferenza stampa, “e questo può generare scarsa aderenza alla terapia. Il sogno di un miastenico è aspirare a una dimensione di normalità che è fondamentale per la realizzazione personale, sociale e professionale di ciascuno”.
L’approvazione di ravulizumab abbatterà il numero di volte all’anno in cui i pazienti sono costretti ad andare in ospedale o in un centro specializzato per sottoporsi alle terapie. Come ha spiegato il professor Renato Mantegazza, neurologo emerito dell’Istituto Carlo Besta di Milano, il fatto che la somministrazione del nuovo farmaco avvenga ogni otto settimane, per un totale di sei somministrazioni in dodici mesi, impatterà positivamente sulla qualità della vita dei pazienti. “La miastenia gravis generalizzata condiziona pesantemente la capacità di svolgere anche le normali attività di ogni giorno. È dunque da salutare con soddisfazione l’arrivo di un trattamento che ha dimostrato di poter intervenire in modo efficace su questi aspetti”.