
I rimpatri volontari assistiti da paesi di transito quali Libia e Tunisia non sono affatto volontari: sono l’unica via di fuga per persone intrappolate in situazioni di violenza generalizzata e abuso. Italia ed Europa continuano a finanziare questi programmi senza garanzie di protezione e esponendo le persone ad ulteriori rischi nei paesi di origine. Asgi, ActionAid Italia, A Buon Diritto, Differenza Donna e Lucha y Siesta, Spazi Circolari e Le Carbet lanciano la campagna Voluntary Humanitarian Refusal per denunciare questa pratica e richiedere un cambiamento radicale nelle politiche migratorie europee.
Un rimpatrio può essere considerato davvero volontario se la decisione è libera e informata, se non vi è alcuna coercizione fisica o psicologica e se esistono per la persona che lo richiede alternative reali al rimpatrio, come l’accesso a forme di protezione e a canali di migrazione regolare. Tuttavia nei paesi di transito come la Libia e la Tunisia queste condizioni sono sistematicamente assenti: le persone migranti sono costrette a ricorrere ai rimpatri per sfuggire a situazioni di violenza, torture e sfruttamento e non per una scelta libera, non possono accedere a forme di protezione legale né a canali di migrazione regolare, e il rimpatrio le espone spesso a rischi nei paesi di origine.
Da anni, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) e gli Special Rapporteurs sui diritti dei migranti denunciano queste criticità. Eppure l’Italia e l’Europa continuano a finanziare i programmi di rimpatrio “volontario” da paesi di transito senza garanzie effettive di protezione.
Proprio per denunciare l’uso strumentale e distorto dei rimpatri volontari assistiti dai paesi di transito nasce la campagna Voluntary Humanitarian Refusal: una scelta che non puoi rifiutare lanciata dalle organizzazioni Asgi, ActionAid Italia, A Buon Diritto, Differenza Donna, Le Carbet, Lucha y Siesta e Spazi Circolari.
Con la campagna le organizzazioni promotrici chiedono:
- lo stop ai finanziamenti ai rimpatri “volontari” dai paesi di transito, quali la Libia e la Tunisia, dove il rimpatrio diventa una scelta obbligata;
- libertà di movimento e politiche di protezione, non di esternalizzazione, e lo stop alla cooperazione legata a logiche di deterrenza e blocco della mobilità, per permettere la libera circolazione e il reale esercizio del diritto di lasciare il proprio paese in cerca di protezione, nel pieno rispetto del diritto di asilo;
- l’interruzione immediata degli accordi e dei finanziamenti finalizzati a impedire l’arrivo delle persone migranti in Europa;
- l’adozione di politiche attive di protezione, che garantiscano la possibilità di entrare in Europa per le persone che fuggono dalle violenze e dalle persecuzioni in Libia e Tunisia e nei loro paesi di origine;
- maggiore trasparenza, garanzie e monitoraggio dei diritti umani nei progetti finanziati con fondi pubblici.