Minori migranti: Save the Children, Europa spesso terra di respingimenti, confini blindati e violenti per i minori che arrivano da Paesi diversi dall’Ucraina

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, l’Organizzazione presenta il secondo rapporto “Nascosti in piena vista” per documentare storie di minori soli e di famiglie in arrivo o in transito alla frontiera nord, a Trieste, Ventimiglia e Oulx, per denunciare le disparità di trattamento e chiedere la fine delle violenze lungo le frontiere. Save the Children chiede alla Commissione europea l’adozione di una Raccomandazione agli Stati Membri per l’adozione e l’implementazione di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati Membri…

Viaggi che durano mesi o anni, passando da uno Stato all’altro da ‘invisibili’, attraverso montagne, boschi, lungo i binari e superando confini violenti, macchiati di sangue, dove ragazzi e ragazze soli, a volte poco più che bambini, e famiglie con figli piccoli – in fuga da guerre, conflitti, povertà estrema, alla ricerca di un futuro possibile – conoscono l’orrore delle percosse, dei cani aizzati contro, della morte dei compagni di viaggio, dentro e fuori l’Europa.

Come è successo a Javed*, 17enne afghano, che alla frontiera tra Turchia e Bulgaria ha subito trattamenti violenti e umilianti: “I poliziotti hanno sguinzagliato il cane su di me, questo mi ha tirato e io mi sono messo a urlare perché mi aveva morso due volte il piede […]. Si radunavano attorno al fuoco a bere vino e ci facevano sdraiare nudi sulla schiena”. Javed durante il lungo percorso migratorio ha più volte filmato i suoi trasferimenti. Questi video, uniti al dettagliato, empatico e sconvolgente racconto del viaggio che Javed ci ha rilasciato, sono documenti fondamentali per fissare l’atrocità dei viaggi di minori non accompagnati e famiglie nel pieno del XXI secolo. Il suo lungo racconto dall’Afghanistan all’Italia passa per Pakistan, Iran, Turchia, Bulgaria (sono stati ben 23 i tentativi di superare il confine bulgaro, ovvero l’ingresso nell’Unione Europea), Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia, Italia.

Un anno dopo la ricerca effettuata alle zone di confine della frontiera Nord d’Italia – a Trieste, per chi arriva nel nostro Paese attraverso la cosiddetta rotta balcanica e in uscita verso la Francia, a Ventimiglia in Liguria e a Oulx in Piemonte – Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro, è tornata a raccogliere testimonianze e a raccontare storie di passaggi e respingimenti di minori soli o con le loro famiglie nel rapporto “Nascosti in piena vista”, curato anche quest’anno dal giornalista Daniele Biella e diffuso oggi, a pochi giorni dalla Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno. Per capire cosa è cambiato.

Tante le testimonianze di violenze, respingimenti, umiliazioni subite durante il viaggio, vere e proprie violazioni dei diritti umani e dei diritti dei minori, che fanno emergere un’Europa a due livelli: in uno scenario mondiale profondamente mutato, l’Europa e i suoi Paesi hanno dimostrato di saper spalancare braccia e porte alla popolazione in fuga dalla guerra in Ucraina, ma al contempo si sono dimostrati brutali e disposti a usare forza ingiustificata contro gente inerme, “colpevole” di non avere documenti validi per l’ingresso, ma bisognosa allo stesso modo di un posto sicuro.

“I profughi ucraini, con ammirabile solidarietà, vengono accolti ai valichi autostradali con donazioni di cibo, vestiti e un trattamento dignitoso che fa onore all’Italia e all’Europa. Ma nei rilievi del Carso triestino, così come sul Passo della Morte tra Ventimiglia e Mentone e tra i sentieri del colle del Monginevro, numerosi vestiti, documenti e altri oggetti abbandonati testimoniano il passaggio di persone analogamente in fuga da privazioni e violazioni dei loro diritti, ma provenienti da altri Stati, obbligati a viaggiare nell’ombra, attraversando nel buio le frontiere in un’Europa che chiude loro le porte” dichiara Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Sono stati 35 i minorenni stranieri non accompagnati respinti alle frontiere interne o esterne dell’UE nei primi tre mesi del 2022, che la coalizione di enti non profit europei Protecting Rights at Borders[1] ha intercettato nelle sue attività. Probabilmente la punta di un iceberg, se si pensa che solo ad aprile sono stati segnalati 38 minori non accompagnati in transito a Trieste (oltre a quelli accolti dal sistema istituzionale di protezione) e – sempre ad aprile – 24 sono stati registrati in transito a Ventimiglia e 35 a Oulx. Minorenni “nascosti in piena vista”.

I respingimenti non si presentano all’ingresso in Italia a Trieste e dintorni, ma vengono registrati ancora alle frontiere con la Francia: il team di ricerca di Save the Children ha raccolto evidenze dirette di trattamento differenziato a seconda dei luoghi di transito. A Claviere un minore non accompagnato ha più probabilità di essere ammesso presentandosi direttamente alla polizia di frontiera francese, a Mentone invece viene segnalata[2] ancora la pratica della polizia di modificare la data di nascita per fare risultare la persona maggiorenne e quindi espellibile tramite il refus d’entrée, il foglio di via. In ogni caso, se la frontiera francese rimane comunque permeabile – il numero di tentativi dipende spesso dalla fortuna – rimangono praticamente insuperabili gli accessi dall’Italia a Svizzera e Austria.

“Il disperato si appiglia a qualunque speranza” dice Mahmoud, padre giordano-palestinese che il team di ricerca incontra con moglie e cinque figli dopo il terzo respingimento al confine tra Mentone e Ventimiglia. Sono in viaggio da due anni, destinazione Germania. In Croazia hanno superato il game – il passaggio tra le frontiere – dopo 20 tentativi. “Nessuno provava compassione per noi (…) sia che fossimo stanchi, affamati o assetati”.  “La cosa più importante è farmi stare in una casa e mandare i miei figli a scuola, non voglio nient’altro” aggiunge Mariam, sua moglie.

Con questa seconda edizione della ricerca, Save the Children, attraverso i volti e le storie di un’umanità ferita ma non rassegnata, vuole riportare l’attenzione sulle disparità di trattamento e chiedere la fine delle violenze lungo le frontiere.

“È difficile arrivare da soli in altri Paesi. Senza padre, senza madre, senza fratello e nessun amico. Ma dobbiamo farlo, perché abbiamo un sogno: vogliamo avere un futuro, vogliamo essere brave persone”. Sono parole di Naweed*, costretto a fuggire dall’Afghanistan, 14 anni, forse meno, che gli operatori di Save the Children hanno incrociato i primi di maggio a Claviere, nell’alta Valle di Susa, in Piemonte, all’ennesimo confine da valicare, quello con la Francia, verso Mongenevre, attraverso montagne ancora innevate, determinato a proseguire in direzione Finlandia, dove vive il fratello. Con sé ha un foglio informale che indica la minore età, da consegnare ai poliziotti di frontiera francesi nella speranza di non essere respinto, in quanto minore straniero non accompagnato.

Ad aprile sono 14.025 i minori stranieri non accompagnati presenti nel sistema di accoglienza italiano, secondo i dati Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali[3], di cui il 16,3% sono bambine e ragazze, quasi il 70% hanno tra i 16 e i 17 anni e oltre il 22% sono sotto i 14 anni. Per quanto riguarda le nazionalità, la novità di quest’anno è rappresentata dagli ucraini al primo posto (3.906, pari al 27,9%, la cui quasi totalità è ospitata presso parenti o famiglie affidatarie), poi ci sono gli egiziani con il 16,6% e a seguire bengalesi, albanesi, tunisini, pakistani, ivoriani. Gli afghani sono 306 pari al 2,6%, a testimonianza della loro volontà di raggiungere altri Paesi in Europa. Ad aprile sono entrati nel territorio italiano 1.897 minori soli – di cui solo 272 con gli sbarchi alla frontiera sud e i restanti 1.625 entrati evidentemente dalla frontiera terrestre – in maggioranza ucraini (1.332, pari al 70,2%), egiziani (169, pari all’8,9%), afghani (71, pari al 3,7%).  Le regioni che ne accolgono di più sono Lombardia (19,6%), Sicilia (18%) ed Emilia-Romagna (8,8%).

Con l’arrivo della bella stagione il flusso di minori non accompagnati è aumentato notevolmente in un solo mese in tutti e tre i territori monitorati: a Trieste (dalla rotta balcanica) dai 38 passaggi di aprile ai 60 di maggio, a Ventimiglia da 24 a 47, a Oulx addirittura da 35 a 150, per lo più ragazzi afghani, che arrivavano sia dalla rotta balcanica che dalla frontiera marittima, cioè dal Mar Mediterraneo, le cui traversate risultano sempre più letali[4] e dove di recente ha ripreso vigore la tratta dalla Turchia alla Calabria.

Trieste

In provincia di Trieste il team di ricerca ha incontrato Anastasya*, 14enne fuggita dalla guerra in Ucraina con la mamma e la sorella 11enne. Al Valico Fernetti – come a quello transfrontaliero di Tarvisio – Save the Children, in partenariato con UNICEF, collabora con Unhcr e altre associazioni nella primissima accoglienza a chi arriva dall’Ucraina in auto o pullman. Poco distante, lo stesso giorno, un suo quasi coetaneo afghano, Ghulam*, dopo una camminata di otto giorni iniziata al confine tra Bosnia Erzegovina e Croazia 260 chilometri prima – la Croazia è la frontiera più dura per l’ingresso in Europa assieme a quella sul fiume Evros tra Turchia da una parte, e Grecia o Bulgaria dall’altra – sbucherà dalla parte slovena del bosco carsico e sarà condotto da militari italiani nei centri di accoglienza per la quarantena. Potrà poi chiedere accoglienza in Italia o, come la maggior parte dei ragazzi arrivati soli in questi anni a Trieste, andarsene in un’altra nazione, riprendendo però la strada dell’invisibilità e del superamento delle frontiere di nascosto.

Anastasya e Ghulam hanno in comune la necessità di un posto sicuro dove stare. Ma se la ragazza può circolare liberamente in Europa con la famiglia grazie alla Direttiva 55/2001 della Ue, attivata dall’Italia e dagli altri Stati dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, riconoscendo la protezione temporanea per i cittadini di quel Paese[5], per il ragazzo afghano, così come per i minori soli di altre nazionalità è tutto più complicato[6]. E rischioso. Testimonianze raccolte[7] in quella che i volontari hanno ribattezzato piazza del Mondo a Trieste riportano per esempio di un tragico incidente lungo il fiume al confine con la Croazia, dove un minorenne africano è annegato. Una testimonianza shock di morte in frontiera, non l’unica raccolta durante l’attività di ricerca, di cui non si trova traccia nei registri ufficiali. Come non vengono rilevate ufficialmente le persone quando escono dai boschi[8] – “fantasmi” in piena vista, appunto – se non da un’efficace rete di enti no profit[9], che collabora scambiandosi buone prassi e informazioni per migliorare la situazione delle persone migranti che passano o si fermano a Trieste, dando luogo a un’attività di “antenne dei diritti” e solidarietà.

Oulx

Nonostante la crisi dei rifugiati siriani sia finita da tempo e le deroghe a Schengen non sarebbero dovute durare più di due anni, Paesi come Germania, Francia, Austria, Svezia, Danimarca e Norvegia non hanno smesso di adottarle. Dal 2006 ad oggi il codice Schengen è stato sospeso 332 volte[10]. Così il passaggio di migliaia di persone alla ricerca di migliori condizioni di vita alle frontiere interne della UE, e in particolare alla frontiera italo-francese è rallentato, non bloccato, ma più pericoloso e traumatico e soprattutto affidato alla fortuna e al caso: una famiglia afghana è riuscita ad arrivare dall’altra parte del confine, dopo essersi fermata al Rifugio di accoglienza temporanea Massi[11], mentre un’altra famiglia afghana ha dovuto provare tre volte, prima di passare. Ad aprile 2022 sono state riportate a Oulx da Claviere o dal Frejus 287 persone, quasi 10 al giorno, mentre a maggio 520, quasi 17 al giorno[12]. C’è anche chi, dopo avere visto le montagne, torna sui suoi passi: come due sorelle iraniane con il figlio di 9 anni di una delle due. Sono fuggite da un soffocante matrimonio combinato di Fatma, la madre del ragazzo, il quale sta vivendo in modo traumatico il viaggio estenuante.

Per le famiglie sul confine non è cambiato nulla rispetto a un anno fa, dall’altra parte della frontiera il trattamento riservato ai migranti è lo stesso, scarso spazio e promiscuità nel container in cui le persone vengono trattenute. Per i minori stranieri non accompagnati, invece qui, a differenza del confine Ventimiglia-Mentone, sembra che la Polizia di frontiera francese abbia seguito una prassi che l’anno scorso non era adottata a Claviere, accogliendoli come richiedenti asilo minorenni in Francia. Nei giorni durante i quali il team è stato tra Oulx e Claviere, nessun minore è stato respinto degli almeno 30 incrociati, ma ha invece incontrato un ragazzo respinto da Modane, sebbene il refus d’entrée lo riconoscesse come minore, indicando la sua data di nascita correttamente. I numeri dei minorenni in transito a Oulx sono cresciuti toccando a maggio quota 150 a fronte dei 35 di aprile[13], per oltre il 90 per cento provenienti dall’Afghanistan. C’è chi, purtroppo, lungo queste strade ha perso la vita: come Ullah, 15enne afghano, morto sotto le rotaie di un treno lo scorso gennaio.

Ventimiglia

La frontiera a Ventimiglia continua a essere uno dei posti peggiori per un migrante, un cono d’ombra dei diritti umani e una zona di affari per i trafficanti. Le associazioni presenti, da Diaconia Valdese all’ong WeWorld a Caritas Intemelia, forniscono orientamento e consulenza e cercano di soddisfare i bisogni primari, con la distribuzione, tra l’altro, di vestiti e pasti. E’ presente anche Save the Children per dare una risposta immediata, in collaborazione con UNICEF, ai bisogni essenziali di bambini e adolescenti, delle loro famiglie e delle donne in arrivo in Italia e in transito, tramite l’allestimento, per esempio, di uno Spazio a misura di bambino dove gli operatori forniscono informazioni sicure, primo soccorso psicologico, orientamento sui diritti, nonché sui servizi e sulle opportunità disponibili, valutazione tempestiva delle potenziali vulnerabilità e specifici fattori di rischio, tra cui quelli connessi alla violenza di genere, oltre che immediata distribuzione di kit contenenti materiali utili per il viaggio e l’igiene personale.

“Spesso questo transito, soprattutto nell’area Nord del Paese, è un transito invisibile. Per quanto composto da numeri relativamente importanti, rimane un fenomeno sottostimato. Ciò ha una ricaduta sul piano della protezione e dell’assistenza ai minori, soprattutto coloro che viaggiano soli, che da invisibili appunto rischiano di essere esposti a pericoli quali abuso, maltrattamento, sfruttamento e violenza” dice Niccolò Gargaglia, responsabile dell’area protezione e inclusione minori migranti di Save the Children.

In alcuni giorni i respingimenti dalla Francia riguardano parecchie decine di persone, a volte anche più di 100. Solo il 6 maggio il team di ricerca ha visto almeno 30 persone tornare a piedi dal posto di confine di Ponte San Luigi, respinte in modo sommario senza approfondire le situazioni specifiche, come denunciano nei loro puntuali report associazioni francesi come Anafé e la rete del progetto CAFI[14]. A fronte dei continui respingimenti, sono i trafficanti a farla da padroni: consigliano i treni meno controllati, organizzano il tragitto a piedi lungo il Passo della Morte, con i taxi nelle stradine di montagna o nascosti nei camion. In questa mancanza assoluta di regole non sono infrequenti gli eventi tragici. Lo scorso 4 aprile un furgone sulla A10 nei pressi di Bordighera ha inavvertitamente investito due persone cingalesi lasciate probabilmente nella vicina area di sosta da un camion. Il 31 gennaio e il 2 marzo 2022 due persone sono rimaste folgorate sul tetto del treno da Ventimiglia a Mentone. Morti di disperazione, morti di frontiera. Un altro allarme che rimane sottotraccia riguarda la tratta, spesso di ragazze africane, a volte anche incinte. Da quando è stato smantellato il Campo Roja a inizio pandemia a Ventimiglia non c’è nulla di istituzionale per la primissima accoglienza di chi passa da qui per andare in Francia. Il numero di tutori volontari, anche in Liguria, come in Friuli, continua a essere insufficiente.

Conclusioni

La straordinaria solidarietà dimostrata verso il popolo ucraino, anche in termini di rapidità della risposta nell’accordare alle persone in fuga la giusta protezione, dovrebbe mostrare la via per un’Europa migliore, capace di apertura e accoglienza di chi fugge da guerre, persecuzioni e fame. Gli scenari che emergono dalle crisi globali impongono di non derubricare la fuga dall’emergenza fame o da quella climatica, che costringono tante persone a lasciare le proprie case e i propri Paesi, a “migrazione economica” verso la quale i Paesi europei hanno sempre adottato un approccio repressivo.

“Il 10 giugno i ministri presenti al Consiglio europeo Giustizia e Affari Interni hanno discusso di un meccanismo volontario di distribuzione dei migranti, ma sullo stesso tavolo si discuteva di estendere, a determinate condizioni, la possibilità di derogare al codice Schengen per un periodo più lungo di due anni. Chiediamo alle istituzioni europee e ai Paesi Membri di avere una voce univoca in materia di protezione dei minorenni. In particolare chiediamo alla Commissione europea l’adozione di una Raccomandazione agli Stati Membri per l’adozione e l’implementazione  di politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni ed interni dell’Europa e sui territori degli Stati Membri, promuovendo il loro benessere e sviluppo psicofisico anche mediante strategie tese all’inclusione scolastica e formativa e velocizzando le procedure che riguardano i minorenni non accompagnati, tra cui i ricongiungimenti familiari. Chiediamo, altresì, ai governi europei di astenersi dall’utilizzo di pratiche che erroneamente distinguono fra categorie di rifugiati, rispettando il diritto internazionale e il principio del non respingimento, consentendo l’accesso a tutti i richiedenti asilo, e di estendere le buone pratiche istituite per i rifugiati ucraini a tutti i richiedenti asilo, introducendole anche nelle discussioni sull’approvazione o revisione dei provvedimenti del Patto sull’Asilo e la Migrazione. Infine, riteniamo fondamentale l’adozione di sistemi di monitoraggio delle frontiere, che permettano anche di perseguire i casi di violazione dei diritti umani” aggiunge Raffaela Milano.

“Tanto deve essere fatto anche in Italia a partire dalla creazione e dal supporto alle reti virtuose sul territorio, stanziando risorse a sostegno di esperienze di organizzazioni multi-attoriali (che coinvolgano istituzioni, Terzo settore, cittadinanza, istituzioni religiose, settore privato) per una risposta in termini di accoglienza e protezione, con priorità per le aree di transito e transfrontaliere. I progetti di assistenza umanitaria sui territori di confine dovrebbero garantire almeno una gestione integrata, un rifugio notturno, un’accoglienza per minori e famiglie, un adeguato numero di mediatori culturali, un meccanismo di referral per le potenziali vittime di tratta e per le persone con problemi di salute mentale” conclude Raffaela Milano.