Molestie: le continue battute a sfondo sessuale alle colleghe può integrare il reato. Anche le domande insistenti sugli aspetti della vita intima delle colleghe hanno i connotati tipici della fattispecie. Altro che «gioco» innocente: violenza le pacche sul sedere alle stagiste. La sentenza trae origine dall’appello proposto da un soggetto condannato in primo grado per il reato di molestia dal Tribunale di Bologna. La Corte conferma la condanna e dichiara il ricorso inammissibile.
A denunciare l’autore dei fatti, sono due giovani stagiste che, a distanza di pochi giorni dall’inizio del tirocinio, finiscono nel mirino delle “attenzioni” dell’uomo che non si limita soltanto a fare battute a sfondo sessuale o domande su dettagli della loro vita intima, ma, non resistendo alla tentazione, allunga anche le mani, con tanto di pacche sul sedere e per questo finisce sotto processo con l’accusa di molestie.
La Cassazione, con sentenza definitiva, la 1999/20, depositata oggi dalla terza sezione penale chiarisce che fare continue battute a sfondo sessuale può integrare il reato di molestie nei confronti delle colleghe.
Secono gli ermellini, è inammissibile il ricorso di un imputato condannato in secondo grado a più di un anno di carcere e a risarcire le parti civili per aver commesso i reati di violenza sessuale e molestie ai danni di alcune donne. A nulla serve all’imputato, a minimizzare: si tratta solo di un gioco e le sue battute, in particolare, non hanno le caratteristiche proprie del reato di molestie, ma non è così che la pensa la Suprema corte che conferma la condanna della Corte di appello di Bologna.
Non ha, infatti, fondamento la censura del terzo motivo, «laddove ritiene che le condotte del reo fossero prive di quei connotati di disturbo e molestia tipici della norma contravvenzionale, laddove si consideri che il rivolgere, con insistenza, battute a sfondo sessuale o domande, altrettanto insistenti, volte a carpire aspetti della vita intima delle due ragazze, del tipo «che taglia di reggiseno avete» o «avete scopato», indubbiamente integra la fattispecie contestata».
Inoltre, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha spiegato la Corte in un precedente caso di molestie telefoniche, che il reato di molestie commesso «assillando la parte lesa con ossessivi riferimenti alle abitudini sessuali di questa non è escluso dal fatto che l’interlocutore assuma con il molestatore, al fine di raccogliere elementi utili per individuare l’autore delle telefonate, un tono confidenziale rivolgendogli del tu e consentendo a questi di fare altrettanto poiché tale comportamento non può essere interpretato come di acquiescenza o comunque attenuare nell’autore delle molestie la consapevolezza della liceità della propria condotta».