Sono oltre 4.000 i comuni italiani, con una bassa densità di popolazione e indice di vecchiaia elevato, che necessitano di individuare modelli organizzativi innovativi per garantire equità di accesso ai servizi sanitari. A che punto siamo? Come costruire reti forti per promuovere la miglior sanità per il cittadino che vive questi territori? Quali necessità e quali proposte per garantire una sanità di prossimità e di qualità?
Come riorganizzare i servizi nei periodi di maggior afflusso turistico? A confronto gli esperti di diversi territori con l’obiettivo di sviluppare una medicina di prossimità e innovativa che risponda ai bisogni di chi vive la montagna e di chi ne sceglie la bellezza.
Feltre – Oltre le città le cosiddette “aree interne” dove abita un quarto della popolazione italiana, è un mondo di oltre 4.000 comuni, fatto di piccole o medie località. Come presidiare e fornire servizi adeguati a questi territori? Il tema della sanità in montagna è al centro dell’evento “Salute oltre la città: soluzioni innovative per la sanità di montagna“, che si tiene a Feltre, presso l’Auditorium dell’Istituto Canossiano, in Viale Montegrappa 1.
L’evento, che rappresenta un vero e proprio laboratorio di proposte/idee che coinvolgerà nel tempo gruppi di lavoro, con l’obiettivo di disegnare la sanità della montagna di oggi e di domani, diventando allo stesso tempo un appuntamento annuale, è organizzato da Motore Sanità e dall’ULSS 1 Dolomiti.
“Momento importante di confronto per capire oggi come creare una buona integrazione tra ospedale e territorio, soprattutto in zone come quelle di montagna che hanno grandi distanze e una popolazione anziana, cronica, che quindi ha bisogno di una presa in carico territoriale, di prossimità, ma anche un territorio che può oggi utilizzare strumenti legati all’innovazione, pensiamo al telecontrollo, o al telemonitoraggio che possono supportare i percorsi di presa in carico – ha commentato Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al Sociale, Regione del Veneto -. Sarà un confronto utile per analizzare le diverse esperienze e guardare al futuro”.
“In montagna tutto è speciale – come ha spiegato Giuseppe Dal Ben, Commissario ULSS 1 Dolomiti -. L’Ulss Dolomiti si propone come laboratorio per la costruzione e la sperimentazione di modelli innovativi per la sanità di montagna, in cordata con tutti i protagonisti interessati, mettendo insieme energie ed idee per dare le migliori risposte possibili a chi vive ogni giorno la montagna e ai turisti, con problematiche comuni a tutte le aree alpine. Questo convegno avvia un percorso di crescita che vedrà l’attivazione di un focus monotematico già programmato per la primavera a Pieve di Cadore e uno in autunno in Agordino, i cui risultati saranno presentati in un nuovo convegno il 17 gennaio del prossimo anno a Belluno, ampliando lo sguardo anche a territori extra nazionali”.
Secondo Luciano Flor, già Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto“ è molto utile e importante stare in modelli organizzativi che siano a rete e magari la rete supera anche i confini della singola azienda. Da soli, ormai, non ce la fa più nessuno”. Per questo, secondo Flor, le parole da considerare sono due: “soluzioni” “innovative”. “Soluzioni, perché il tema della salute e della sanità, non solo in montagna, non può essere affidato né a slogan né a proteste, ma ha bisogno di soluzioni che vogliono dire individuare quali sono le scelte migliori per domani. La seconda parola è “innovative”: non possiamo pensare di continuare a fare cose nuove e risolvere problemi del 2024 con logiche e regole di 10, 20, 30, 40 anni fa. Quindi bisogna sedersi ad un tavolo, tutte le parti interessate – decisore politico, decisore gestionario organizzativo e decisore clinico – per definire quali sono le scelte migliori, tenuto conto di dove siamo, di quello che abbiamo, ma anche di quello che ci viene offerto. Oggi abbiamo tecnologia nuova, in gran parte non utilizzata, o soluzioni tecnologiche in parte non utilizzate. Inoltre, abbiamo bisogno di superare la frammentazione e il localismo”.
Così l’Avvocato Enrico Gaz, Presidente di Famiglia Feltrina: “Ringrazio il Commissario dell’ULSS per aver saputo coinvolgere anche la società civile della Provincia sul tema della gestione dei servizi sanitari in montagna, che è particolarmente sentito da chi, in questi territori, vive ed opera. Auspico che, con la collaborazione di tutti, dal percorso emergano indicazioni che possano contribuire ad una programmazione sanitaria tagliata sui bisogni specifici di queste aree“.
Il tema della gestione dell’urgenza-emergenza e le soluzioni innovative che gravitano attorno ad essa è stata affrontata da Paolo Rosi, Direttore UOC Centrale Operativa SUEM 118 Regione del Veneto: “Le soluzioni innovative sono nuove tecnologie ma sono anche un nuovo modo di pensare soluzioni che portino miglioramenti all’assistenza. Per esempio, stiamo lavorando ad una maggiore connessione tra l’ambulanza e le strutture della centrale operativa e gli ospedali, stiamo sviluppando il teleconsulto per potere evitare di trasportare certi pazienti in ospedale risparmiando così disagi all’utenza, e stiamo lavorando sul potenziamento e l’attività di volo dell’elicottero per farlo volare anche in condizioni metereologiche estreme. Queste soluzioni migliorano decisamente la qualità dell’assistenza”.
Secondo Luigi Pais Dei Mori, Presidente OPI-Ordine delle Professioni infermeriestiche di Belluno “ci sarà da riflettere se la normativa nazionale attuale sarà pienamente compliante a rispondere ai bisogni di salute di queste popolazioni, non solo anziane, non solo fragili, ma anche svantaggiate da un punto di vista climatico, orografico e logistico. L’infermiere di famiglia e comunità offre una risposta certamente interessante ma tutta da sviluppare per questi tipi di bisogni particolari, una risposta particolare che deve essere declinata anche in termini formativi e di organizzazione”.
Sul tema della carenza di infermieri, Pais Dei Mori ha aggiunto: “Questo fenomeno sta imponendo una revisione dei modelli organizzativi quindi dobbiamo immaginare una sanità con meno infermieri ma infermieri più specializzati, possibilmente anche più attrattivi da un punto di vista della professione, che andranno a gestire risorse. Si tratta di un modello che sta precorrendo i tempi e che sta trovando una sua risposta anche nella contigenza della professione infermieristica. I modelli precedenti e attuali non sono più compatibili con le esigenze del sistema e la contingenza attuale”.
La telemedicina annulla la distanza e riduce in certa misura anche il tempo necessario alla cura di ogni singola persona, permette attività mediche e assistenziali che un tempo erano impensabili. Tuttavia, essa ha un significato maggiore per le comunità in montagna e in un certo senso per quelle persone è ancora più urgente. Come spiega Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità “la telemedicina è l’unica soluzione tecnologica e organizzativa a portata di mano ed economicamente ragionevole per disseminare servizi socio-sanitari di alta qualità anche nelle zone più sperdute, nonostante le difficoltà del servizio sanitario pubblico. È fondamentale comprendere come fare. La telemedicina spesso viene identificata come un insieme di tecnologie le quali determinano un miglioramento, per il fatto stesso di essere introdotte. Non è così. Bisogna sceglierle e introdurle alla luce di uno studio attento delle necessità delle persone in un certo territorio. È come risalire la corrente di un fiume cercando la sorgente dei problemi per essere capaci di trovare la nuova via verso cui deviare il nuovo flusso di attività digitalizzate”.