NUOVE ALLUVIONI IN EMILIA-ROMAGNA E MARCHE

A un anno dalla gravissima alluvione del 2023 i territori e le comunità nelle province romagnole e della costa marchigiana tornano ad essere colpiti duramente dalla tempesta Boris. Arriverà la conta dei danni materiali, ma le persone oggi sono costrette a rivivere la paura e l’incertezza di fronte ad eventi climatici definiti eccezionali, ma che si susseguono in Italia stagione dopo stagione.

Secondo l’Ispra più del 93% dei comuni italiani è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Oltre 7 milioni le persone risiedono in territori fragili a rischio frane o pericolosità idraulica e, se non si intraprenderanno azioni, la pericolosità è destinata ad aumentare e dal 2018 è già salita del 3,8%. ActionAid e la Campagna Sicuriperdavvero al Festival della Partecipazione di Bologna di tre giorni fa hanno dato spazio alle voci che ancora oggi vivono le conseguenze dei disastri. Le esperienze dall’Aquila, Emilia-Romagna, Marche, Centro Italia e Ischia si sono raccontate attraverso le storie dell’Italia post-disastro. Comunità che, pur essendo le prime ad attivarsi, vengono spesso messe al margine dopo la prima emergenza perché collocate nelle aree interne, e in ogni caso a causa dei ritardi e mancanze della risposta e della ricostruzione istituzionale.
Agnese Palazzi, Presidente associazione “Una strada per Nuvoleto” dell’Emilia-Romagna ha ricordato come “l’attivismo è stato centrale, la popolazione ha risposto in maniera unica, positiva e democratica nella prima fase (dell’alluvione in Emilia-Romagna 2023, ndr). Tutti hanno partecipato con i mezzi che avevano. Bisogna però pensare a lungo termine e a nuovi punti di riferimento. Queste aree sono lontane dalla città e meno produttive, ma è necessario e strategico intervenire lì per risolvere la questione dei disastri su territori più ampi a valle. Bisogna curare questi luoghi”. Oggi Agnese aggiunge “Credo che salti all’occhio – come nel caso delle Marche – che questi eventi non sono isolati e che sono forse parte di una nuova normalità e non eccezionalità. Bisogna prepararsi al disastro permanente o periodico e ripensare proprio i territori.”
Le associazioni e i comitati sono fondamentali per l’ascolto dei bisogni e degli interessi reali dei territori, per ragionare su prevenzione e mitigazione e contrastare l’aumento delle disuguaglianze determinato da normative non eque. Oggi l’Italia non è pronta per ridurre i rischi di disastri e non lo è nemmeno per governare quello che accade dopo un sisma o un’alluvione. L’Italia non ha una legge che indichi come affrontare la ricostruzione e ciò ha delle conseguenze gravi sulle tempistiche, sulle modalità da attuare e sui diritti delle persone colpite.
Mentre le parole di Paolo Turchi, comitato alluvionati Misa-Nevola (alluvione Marche 2014-2022, ndr) riecheggiano come un appello non più prorogabile. “Includere, partecipare e rivendicare sono parole importanti, ma bisogna fare in modo che questo sia possibile. […] La partecipazione bisogna che sia normata – le persone devono avere potere decisionale. Non è semplice perché vuol dire che i politici perderanno un po’ di potere deliberativo. La popolazione locale dovrebbe puntare esattamente a prendere quel potere”. Paolo sottolinea la necessità di “una politica del territorio che deve avere una sua continuità e dei suoi obiettivi, in equilibrio tra fattori naturali e antropici”.
Queste testimonianze sono in continuità con le richieste che ActionAid, insieme alle organizzazioni aderenti alla Campagna Sicuriperdavvero, ha indirizzato al Governo affinché il Paese si doti di una legge per le ricostruzioni equa, che includa la partecipazione delle comunità colpite nel post-disastro.