«Rispondiamo a Sileri che a Tgcom afferma che “è raro che oggi tra il personale sanitario si ammali ancora qualcuno”. Caro Sileri, 4021 operatori sanitari si sono infettati nell’ultimo mese (dati Istituto Superiore Sanità). Di questi oltre l’80% sono ancora infermieri. Basta con le frasi di circostanza e il pressapochismo»…
«Una infermiera in servizio all’Ospedale Moscati nell’area Covid (tutto il suo nucleo familiare risulta contagiato), e anche una sua collega dell’Asl di Avellino: oltre a loro nelle ultime ore si è ammalato anche un medico di base in Irpinia. Sono tutti in isolamento e sarebbero, usiamo il condizionale, i primi ufficiali casi di professionisti della sanità in Italia infettati dalla nuova pericolosa variante del virus.
Probabilmente, ma attendiamo approfondimenti in tal senso, potrebbe essere quella inglese.
Cosa sta succedendo? Una nuova affilata spada di Damocle pende sulle teste dei nostri infermieri? Dire ce lo aspettavamo non ci basta! Affermare che tutto rientra nel rischio preventivato di farmaci che sono efficaci solo al 90-95% non ci conforta affatto. Si tratta infatti di colleghi che erano stati tutti sottoposti alla seconda dose del vaccino. E che a quanto pare, presentavano tutti un livello anticorpale molto basso».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, ci racconta di quanto sta accadendo nelle ultime ore in Irpinia, dove due infermiere e un medico sono rimasti contagiati dal Covid nonostante a fine gennaio avessero fosse stata iniettata loro la seconda dose del vaccino.
«Chiediamo subito l’apertura di una indagine per capire cosa sta succedendo: anche perché a quanto pare dei tre, solo la prima infermiera lavora in area covid. Chiediamo di approfondire gli studi sul rischio che corrono i nostri operatori sanitari in relazione a questa variante, subdola e ancora poco conosciuta, soprattutto sulla correlazione esistente tra il titolo anticorpale che si riscontra negli esami ematici degli operatori interessati dopo aver ricevuto la vaccinazione, ed il livello di aggressività, con i correlati effetti dell’infezione che ne consegue.
Insomma a questo punto vogliamo sapere in quali termini il titolo anticorpale riscontrato incide sul rischio di re-infezione dei sanitari interessati. Solo così potremo essere sicuri, in qualche modo, che vi sia congruenza tra gli anticorpi che l’organismo genera a seguito della somministrazione vaccinale, e la loro effettiva capacità di proteggere l’individuo.
Alla fine qui si parla di operatori sanitari, soggetti esposti ogni giorno a possibile contagio, quindi da proteggere in maniera particolare.
Occorre perciò rafforzare subito i protocolli di sicurezza partendo dagli infermieri che lavorano nelle aree covid, ancorchè vaccinati. Bisogna implementare protocolli di costante misurazione del livello anticorpale, che peraltro tutti sappiamo che può variare anche in presenza di peculiari condizioni di stress psicofisico. I più esposti al rischio sono sempre i nostri operatori sanitari: occorre ed evitare di abbassare la guardia come accaduto tra la prima e la seconda ondata.
I casi di contagi si stanno finalmente abbassando, i dati però degli operatori sanitari infetti dell’Istituto Superiore della Sanità restano, ciò nonostante, ancora alti: 4021 nuovi ammalati negli ultimi 30 giorni, di cui, lo dice l’Inail, oltre l’80% continuano a essere infermieri, quindi circa 3500 nell’ultimo mese. Con una media di oltre 100 infermieri al giorno. E’ vero, solo a Gennaio la media era di oltre 350, qualcosa è cambiato e non possiamo che gioirne, ma queste varianti ci preoccupano ed è questo il momento di attivarsi per evitare un nuovo tracollo.
E soprattutto è ora di lasciare da parte il pressappochismo o le frasi di circostanza. Non ci è piaciuto infatti il modo in cui, qualche giorno fa, il sottosegretario Sileri, ha “liquidato” l’emergenza contagi degli operatori della sanità, definendola un caso ormai brillantemente superato, affermando a Tgcom, “che il personale sanitario è raro che si ammali oggi qualcuno”. I numeri non dicono certo questo caro Sileri e adesso è il momento più che mai di proteggere i nostri infermieri, evitando di cadere in “leggerezze fatali”.