Rho – Venerdì 24 novembre alle ore 11.00 al parco a lei intitolato si terrà una cerimonia in ricordo di Lea Garofalo, donna di grande dignità e madre coraggiosa, uccisa dalla ‘ndrangheta a soli 35 anni il 24 novembre 2009, diventata testimone di giustizia per dare alla figlia Denise una vita migliore.
Il Comune di Rho ha intitolato a Lea Garofalo il giardino in via Goglio e le ha dedicato una targa sulla base di una proposta presentata dalle classi della scuola secondaria di primo grado San Carlo. Presentata come mozione da Yasmine Bale, consigliere comunale e presidente nel 2019 della Commissione Antimafia e Legalità, la proposta è stata approvata all’unanimità dal Consiglio comunale del 28 maggio 2019.
Sempre nel 2019 oltre alla targa le è stata dedicata anche una panchina rossa, simbolo del contrasto alla violenza sulle donne.
La commemorazione si svolgerà davanti alla targa al Giardino Lea Garofalo in via Goglio. Dopo i saluti del Sindaco Andrea Orlandi, affiancato dagli assessori Maria Rita Vergani (Vicesindaco); Nicola Violante (Legalità) e Paolo Bianchi (Scuola), dopo la posa dei fiori, delegazioni delle scuole rhodensi proporranno alcune performance, letture e pensieri, per ricordare che Lea Garofalo è ancora viva per chi crede nella giustizia e nella legalità.
Nasce a Petilia Policastro (Crotone) il 24 aprile 1974. Cresce in una famiglia ‘ndranghetista, in cui la nonna le insegna che “il sangue si lava con il sangue”. Appena tredicenne si innamora di Carlo Cosco, qualche anno dopo lo segue a Milano dove lui Carlo gestisce insieme ai fratelli il traffico di droga in via Paolo Sarpi. A diciassette anni Lea rimane incinta e nel 1991 nasce Denise.
Carlo viene arrestato nel 1996, nell’operazione “Storia infinita”. Lea, facendogli visita in carcere, gli dice che vuole andarsene da casa. Lui la aggredisce con notevole violenza.
Lea e Denise si trasferiscono a Bergamo. Nel 2002 la loro macchina viene bruciata: un avvertimento del fratello Floriano. Lea torna a Petilia Policastro, dove viene aggredita sempre dal fratello. Si rivolge ai carabinieri e diventa testimone di giustizia. Madre e figlia si spostano nell’anonimato ad Ascoli Piceno, Fabriano, Udine, Firenze e Boiano, vicino a Campobasso.
Nel giugno 2005 muore Floriano e Carlo esce di prigione. I magistrati ritengono che, con la morte del fratello, Lea non sarebbe più in pericolo e per questo fanno uscire lei e Denise dal programma di protezione testimoni. Lea si rivolge a Don Luigi Ciotti, durante una conferenza di Libera: lui la mette in contatto con l’avvocata Enza Rando. Madre e figlia rientrano nel programma di protezione testimoni.
Rimasta senza sostentamento economico, Lea decide di tornare in Calabria. Carlo promette che non le farà del male, ma nel 2009 avviene un tentativo di rapimento.
Dopo qualche mese Lea, a Firenze per testimoniare a un processo, chiama Carlo per chiedergli di contribuire al mantenimento della figlia. Lui le propone di salire a Milano. L’avvocata sconsiglia a Lea di raggiungere il compagno, ma lei decide di fidarsi. La sera del 24 novembre 2009, Carlo accompagna Denise a far visita a cugini e zii: fa salire Lea con una scusa in un appartamento dove la picchia e la uccide. Il corpo viene affidato a Vito Cosco e Carmine Venturino, che hanno il compito di scioglierlo nell’acido e disperdere quel che ne resta in un terreno a Monza.
Alla figlia, Carlo dice che la madre se ne è andata con i soldi. Denise non gli crede e iniziano le indagini dei carabinieri. Nel 2010 Carlo Cosco e i suoi fratelli vengono arrestati.