Continuano le attività di Open Arms nella Comunità Valenciana, sotto il coordinamento dei Vigili del Fuoco locali, per collaborare ai lavori di soccorso e al supporto logistico nelle aree colpite.
Oltre all’attività sulla terraferma, portata avanti dalla ONG sin dal primo momento, con assistenza e drenaggio nelle aree critiche, dallo scorso venerdì Open Arms è presente anche con la sua imbarcazione davanti alle coste della città per aiutare nelle operazioni di soccorso e ricerca dei dispersi. L’equipaggio si è preparato con briefing specifici e una distribuzione esaustiva dei compiti per affrontare protocolli di salvataggio e recupero dei corpi, garantendo il massimo rispetto e cautela in ogni fase della missione.
“L’alluvione di Valencia è un esempio di come il cambiamento climatico possa rendere invivibili aree anche in Europa, costringendo le persone a spostarsi. Fenomeni simili accadono già in altre parti del mondo, come l’area del Sahel colpita da un fenomeno di desertificazione e quella del Bangladesh, paese che affronta da anni una situazione opposta legata a cicloni e inondazioni. Chi popola queste zone è stata negli anni costretta a migrare, ovvero ad andarsene perché quelle stesse aree erano e sono diventate invivibili. I bengalesi, per esempio, sono la prima nazionalità registrata nei luoghi di sbarco italiani. Nonostante la condizione descritta sia nota al mondo intero, negli anni si è fatto poco o nulla per garantire a chi migra di farlo regolarmente, ovvero riconoscendo uno status certo di migrante ambientale. Oggi, che i migranti ambientali potrebbero essere gli europei, chissà che questa garanzia non venga accordata…” ha detto Valentina Brinis – Advocacy officer di Open Arms.