L’odierno provvedimento è la terza misura adottata dal G.I.P. etneo, nell’ambito dell’Operazione “Buche d’Oro”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Catania, delegata e coordinata dalla Procura etnea che ha già portato all’emissione di 9 misure restrittive, al controllo di appalti per 4 milioni di euro e all’individuazione di profitti criminali per 500 mila euro. Nel caso specifico, oltre a far luce su nuovi fatti corruttivi che riguardano soggetti già raggiunti da precedenti misure cautelari si registra il coinvolgimento di ulteriori responsabili di corruzioni perpetrate nell’ultimo biennio.
Le rapide e approfondite investigazioni condotte dai Finanzieri del Nucleo P.E.F. di Catania, sono state sviluppate attraverso l’esecuzione di intercettazioni telefoniche e ambientali, accertamenti bancari, la disamina della documentazione amministrativa concernente i lavori oggetto di illecite dazioni nonché dal riscontro degli elementi desunti dagli interrogatori eseguiti da quest’Ufficio, nel corso dei quali, più funzionari ANAS coinvolti rendevano ampie confessioni.
La consistente mole indiziaria così emergente permetteva di portare alla luce l’esecuzione fraudolenta o, in alcuni casi, la mancata esecuzione di opere previste nei capitolati di appalto.
Le gare in questione, i cui bandi e la valutazione delle offerte, a seconda dell’entità dei lavori da affidare, erano a cura della Direzione Generale dell’ANAS o della struttura territoriale di coordinamento di Palermo, venivano aggiudicate anche con ribassi superiori al 50%.
Paradossalmente i lavori oggetto di illeciti scambi di utilità tra imprese e funzionari corrotti si concludevano in tempi rapidissimi in ragione dell’evidente necessità, per entrambe le parti, di incamerare quanto prima il profitto criminale derivante dalla parziale o totale inadempimento dei vincoli contrattuali fissati.
Altro elemento concordante della piena sintonia esistente tra corrotti e corruttori è l’assenza di qualsiasi contenzioso: l’esecuzione degli appalti tracciati quali fonte di tangenti non vedeva quasi mai l’insorgere di contestazioni bensì il puntuale e celere rilascio della piena conformità a quanto commissionato così da velocizzare il più possibile il pagamento della pubblica amministrazione, nel caso di specie, vittima di un vero e proprio raggiro.
I fatti corruttivi oggetto del provvedimento cautelare eseguito in data odierna mettono in luce nuove casistiche di lavori non eseguiti a regola d’arte sulle principali strade della Sicilia centro – orientale: non solo la mancata scarificazione dell’asfalto da rimuovere quale stratagemma per risparmiare oneri da tramutare in “mazzette” ma anche la mancata/parziale rimozione di barriere incidentate e/o inadeguate e il taglio di sterpaglie lungo le arterie innescano i già rodati e noti circuiti corruttivi.
Gli ulteriori gravi fatti di corruzione ricostruiti dal gruppo di Magistrati della Procura etnea specializzato nei reati contro la P.A. con l’ausilio dei Finanzieri del Nucleo P.E.F. di Catania restituiscono un quadro ancor più esteso rispetto a quanto emerso in occasione dell’esecuzione delle precedenti ordinanze di custodia cautelare.
Consolidato ormai da almeno un biennio è l’intreccio corruttivo che unisce pubblici ufficiali infedeli e imprenditori corruttori impegnati a concordare, da un lato, la non esecuzione dei lavori appaltati, e dall’altro, ad accelerare le procedure amministrative per il pagamento degli stessi lavori così da incamerare, quanto prima, il profitto illecito e dividerselo.
La costante azione della Guardia di Finanza di Catania, anche in ragione degli ulteriori elementi investigativi che stanno emergendo nel corso dei vari interrogatori cui sono sottoposti indagati e in ragione di spontanee dichiarazioni fornite da persone informate sui fatti, sta consentendo di ricostruire minuziosamente, appalto su appalto, il sistema tangentizio messo in piedi nell’area tecnica dell’ANAS di Catania.