Operazione Oro verde: sfruttamento del lavoro nel nord italia

La Guardia di Finanza di Riva del Garda (TN) ha concluso, in collaborazione con gli uffici ispettivi INPS di Brescia, coordinati dalla Direzione Regionale INPS Lombardia, l’operazione “ORO VERDE”, che in meno di due anni di indagini ha portato alla denuncia di tre soggetti per il reato di sfruttamento aggravato della manodopera e a scovare oltre duecento lavoratori irregolari e in nero.

 

Le indagini delle Fiamme Gialle rivane sono scaturite da un intervento eseguito da alcuni agenti della Polizia Comunale Alto Garda e Ledro che, nel settembre 2017, avevano individuato durante un’attività di controllo del territorio, diversi soggetti di etnia indiana e africana che, dopo aver prestato attività lavorativa in terreni nell’abitato di Tenno (TN), venivano caricati su due furgoni, dove sono stati trovati venticinque extracomunitari malvestiti e denutriti, in condizioni precarie di igiene e di salute.

Subito è scattata la collaborazione con le Fiamme Gialle della Tenenza di Riva del Garda, che sono intervenute per le operazioni di identificazione e per proseguire le attività investigative: durante le interviste ai venticinque lavoratori è risultato che provenivano dalle zone del bresciano; i Finanzieri hanno subito interessato le Procure della Repubblica di Rovereto e di Brescia, che ha successivamente assunto la direzione delle indagini, attivando gli accertamenti in materia di diritto del lavoro e previdenziale con la preziosa collaborazione dei funzionari degli uffici ispettivi INPS di Brescia. In particolare, solo sei dei venticinque lavoratori erano risultati formalmente impiegati in modo regolare: per i restanti diciannove non era stato effettuato l’invio telematico al Ministero del Lavoro, della preventiva comunicazione obbligatoria di instaurazione del rapporto di lavoro (cd. Modello UNILAV) ed erano stati impiegati in attività lavorativa privi delle tutele previdenziali e contributive: uno di essi era, peraltro, privo del permesso di soggiorno e destinatario di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, in quanto irregolarmente presente nello Stato.

Le indagini sono proseguite nei confronti del datore di lavoro dei soggetti extracomunitari, un indiano residente nel bresciano, S.M. di 29 anni, titolare di una ditta individuale che effettua formalmente servizi di volantinaggio e di supporto alle imprese, del proprio consulente del lavoro S.P., 67 anni di Brescia e dell’utilizzatore della manodopera, D.B., 36 anni, trentino, proprietario dei terreni agricoli vicini a Riva del Garda. Gli uffici ispettivi dell’INPS di Brescia avevano già individuato S.M. nell’ambito di autonome attività ispettive per via di numerose anomalie di natura contributiva e, grazie allo scambio informativo intercorso, i Finanzieri della Tenenza di Riva del Garda hanno potuto ricostruire il modus operandi adottato dall’intermediario non solo con l’agricoltore rivano, ma anche con svariate aziende agricole della Lombardia, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte.

Grazie a una fitta rete di conoscenze tra i connazionali e nella comunità pakistana, il S.M. avvicinava i richiedenti protezione internazionale domiciliati nei Centri di Accoglienza del bresciano e, approfittando dello stato di bisogno e delle necessità economiche, riusciva a procacciarsi manodopera a basso costo; i lavoranti – che venivano impiegati in attività lavorativa in condizioni degradanti – hanno dichiarato di aver percepito dai cinque euro all’ora ai venti euro per l’intera giornata, retribuzione inferiore del 60% a quanto previsto dal Contratto collettivo del lavoro per gli operai agricoli a tempo determinato, pari a circa dodici euro. Il quadro investigativo si è aggravato a seguito di alcune perquisizioni locali e domiciliari eseguite dai finanzieri anche presso S.P., consulente dell’indiano, grazie alle quali è stata acquisita numerosissima documentazione contabile ed extracontabile, tra cui le agende dove venivano annotate le retribuzioni e le ore effettivamente prestate dai lavoratori “intercettati” da S.M.

L’esame dei documenti sequestrati ha fatto emergere come il S.M. avesse effettuato somministrazione di manodopera nei confronti di altre ventitré imprese della Lombardia (Province di Brescia, Mantova e Cremona), Emilia-Romagna (Provincia di Piacenza) e Piemonte (Province di Torino, Alessandria e Cuneo), impiegando circa duecento lavoratori irregolari e in nero cui venivano corrisposte bassissime retribuzioni nella totale assenza del versamento di contributi previdenziali: i contratti di appalto venivano predisposti da un professionista del settore che veniva poi lautamente retribuito come collaboratore.

Il sistema organizzativo realizzato dai soggetti coinvolti sfruttava le caratteristiche dell’attività agricola: in tale settore è cogente la necessità di disporre della manovalanza in un determinato arco temporale (di solito coincidente con il periodo primaverile ed estivo), cui si abbina un bisogno di velocizzazione dei processi di raccolta, per evitarne il rischio di deperimento e l’esigenza di sostenere un costo economicamente adeguato agli altri costi di gestione.

Con l’intento di trarre vantaggio da tale situazione, il S.M. ha creato un’organizzazione preordinata ad offrire al mercato agricolo una serie di prestazioni a bassissimo costo, omettendo di versare agli Enti Previdenziali e all’Erario i contributi e le ritenute previdenziali dovute.

All’esito dell’attività amministrativa condotta da Finanzieri e Ispettori dell’INPS parallelamente alle investigazioni giudiziarie è stato accertato che l’imprenditore indiano, oltre allo sfruttamento dei venticinque lavoratori sul territorio trentino, aveva:

  • registrato sul Libro Unico del Lavoro giornate ed ore di lavoro inferiori a quelle effettivamente prestate da circa duecento lavoratori
  • utilizzato indebitamente un codice di contratto di lavoro riferito ad “assunzione di lavoratori extracomunitari dalle liste di mobilità”, non corrispondente al vero e che gli ha permesso di tariffare i contributi in maniera agevolata
  • omesso di denunciare all’INPS dei lavoratori già denunciati al Centro dell’Impiego e per i quali aveva elaborato i L.U.L. (Libro unico del lavoro).

Il totale degli importi delle omissioni contributive ammonta a oltre seicentomila euro, cui si aggiungono duecentomila euro di sanzioni civili: se questi importi non saranno pagati dai principali responsabili, saranno addebitati come obbligati in solido alle imprese agricole committenti che si sono avvalse della manodopera irregolare.

L’attività fa parte del complesso di iniziative che la Guardia di Finanza dispiega a tutela del mercato del lavoro, in collaborazione con gli Istituti Previdenziali e con il coordinamento dell’Autorità Giudiziaria, per contrastare le più gravi forme di prevaricazione e sfruttamento in danno dei dipendenti, specie se costoro si trovano in condizioni di particolare debolezza o bisogno, anche per il fatto che questo genere di condotte illegali altera le regole del mercato e danneggia i cittadini, i lavoratori e gli imprenditori onesti.

L’INPS Lombardia, da parte sua, da tempo agisce con una specifica Task Force di vigilanza in Agricoltura, di cui fanno parte anche gli ispettori che hanno partecipato all’operazione, con la finalità di contrastare specificamente l’evasione e l’elusione contributiva nel mondo agricolo e collaborare con le Forze di Polizia nella lotta a tutti i fenomeni di sfruttamento della manodopera.