Stime Istat su marzo all’insegna della stabilità (-0,1% in valore e +0,1% in volume rispetto aa febbraio), mentre su base annua c’è l’effetto lockdown: +22,9% in valore e +23,5% in volume.
A marzo le vendite al dettaglio sono rimaste sostanzialmente stabili rispetto al mese precedente (-0,1% in valore e +0,1% in volume), mentre in confronto allo stesso mese dello scorso anno c’è un fortissimo aumento (22,9% in valore e 23,5% in volume), a causa del lockdown che caratterizzò il periodo.
Sono i dati principali delle stime rese note dall’Istat (link per i dati completi in pdf), che per il rilevamento mensile evidenzia una crescita per i beni alimentari (+1,9% in valore e +1,7% in volume) e un calo per i non alimentari (-1,6% in valore e -1,1% in volume). Le vendite di questi ultimi crescono invece in maniera assai rilevante su base annua, sia in valore sia in volume (rispettivamente +49,7% e +50,3%), e un aumento seppur più contenuto c’è anche per i beni alimentari (+3,7% in valore e in volume). Sempre rispetto a marzo 2020, il valore delle vendite al dettaglio aumenta in tutti i canali distributivi: grande distribuzione (+17%), imprese operanti su piccole superfici (+27,8%), vendite al di fuori dei negozi (+43,8%) commercio elettronico (+39,9%).
Il commento di Confcommercio
“I dati, solo marginalmente migliori rispetto alle anticipazioni dell’ICC, riflettono sia nel confronto mensile sia in quello annuo gli effetti delle restrizioni che ormai da tempo impone la pandemia”. Così l’Ufficio Studi di Confcommercio, che sottolinea come la stasi congiunturale di marzo ”dipenda in larga parte “dalle limitazioni imposte per lo svolgimento di molte attività che operano nel ‘non alimentare’”, mentre su base tendenziale “l’ampio rimbalzo restituisce l’effetto del maggiore grado di restrizione registrato nello stesso mese del 2020, determinando per molte aree dei consumi variazioni prossime o superiori al 90%”. In ogni caso, c’è “un recupero solo parziale delle perdite pregresse, visto che nel confronto con marzo 2019 le vendite a volume del comparto ‘non alimentare’ sono ancora inferiori del 9,3%”.