PER L’ECONOMIA ITALIANA UNA CRESCITA DI NUOVO TUTTA DA COSTRUIRE

Confcommercio prevede per quest’anno un aumento del 2,1% del Pil e del 2% per i consumi privati, e un tasso di inflazione al 6,5%. Esaurito tutto il “trascinamento” favorevole ereditato dal 2021.

Nel 2022 il Pil crescerà del 2,1%, con inflazione al  6,5% e consumi a +2%, mentre nel 2023 salirà del 2,4%, con inflazione al 2,9% e consumi a +2,7%. Sono le più recenti previsioni dell’Ufficio Studi di Confcommercio, contenute nello studio “Economia e consumi in Italia: 2022-2023” (link alla ricerca completa in pdf), presentato nell’ambito del Forum “I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000” che si svolge quest’anno a Roma, a Villa Miani. Premesso che si tratta di previsioni che “si basano sull’ipotesi di distensione, entro la prossima estate, tanto degli impulsi sulle materie prime energetiche quanto, più in generale, delle caratteristiche del quadro geopolitico” e che, evidentemente, “una maggiore estensione temporale del conflitto, peggiorerebbe il quadro macroeconomico internazionale, europeo e italiano”, l’Ufficio Studi sottolinea che “siamo di fronte all’erosione di tutto il trascinamento favorevole ereditato dal 2021”: la crescita, dunque, “è tutta da costruire da oggi alla fine dell’anno”.

È un quadro fatto di luci ed ombre quello che emerge dall’indagine sul fronte dei consumi. Se da una parte i risparmi forzati accumulati in tempo di pandemia si dovrebbero sì tradurre in maggiori consumi, ma non nella misura che ci si attendeva qualche mese fa, dall’altra le intenzioni di acquisto da parte dei consumatori non sembrano poi così depresse. A spingere la ripresa sembrano essere ancora la tecnologia e l’ambiente domestico, a cui si aggiungerà l’automobile grazie agli incentivi.

Le speranze di un vero consolidamento dei consumi, in ogni caso, sono rimandate, magari alla fine del 2023, ma non del tutto perdute. E ancora una volta tutto dipenderà dalla durata del conflitto in Ucraina e dalle sue ricadute sull’economia.

I consumi, in ogni caso, restano “un elemento di fragilità sistemica con cui dovremo convivere ancora a lungo”: se per l’Ufficio Studi il ritorno del Pil sui livelli trimestrali del 2019 avverrà infatti già nel quarto trimestre di quest’anno, bisognerà aspettare un ulteriore anno perché la stessa cosa avvenga per la spesa reale dei residenti.

Dal 1992 al 2021 il benessere economico dell’Italia è cresciuto dell’11,8% contro il 36,3% della Germania e il 47,8% del Regno Unito. È una conferma del fatto che l’economia italiana resta “strutturalmente debole” e che “i problemi dell’Italia sono dell’Italia”. Per  uscirne c’è una sola soluzione: “il successo del processo di riforma che deve procedere spedito con il sostegno del PNRR. Modificare in modo più efficiente, inclusivo e produttivo il nostro modo di stare insieme dentro le comunità locali e dentro la collettività internazionale, è la sola possibilità per un’Italia più prospera sotto tutti i punti di vista”, conclude l’Ufficio Studi.