Sin dalla prima infanzia il dolore influisce fortemente sulla qualità di vita dei pazienti emofilici e su quella dei loro caregiver.
Nonostante questo, è stata dedicata poca attenzione alla valutazione clinica e alla terapia del dolore in questi pazienti, come dimostra anche la mancanza di Linee Guida nazionali ed internazionali.
In questo scenario si inserisce la prima indagine sul tema realizzata in Italia, con il supporto di Bayer, dal Centro di riferimento regionale per la cura dell’emofilia e delle malattie emorragiche congenite dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, in collaborazione con il Centro per la terapia antalgica.
L’indagine ha preso in considerazione: prevalenza e caratteristiche del dolore, valutazione clinica, trattamenti farmacologici e non, impatto sulla gestione della terapia dell’emofilia.
Il sondaggio, condotto su 119 pazienti (76% affetti da emofilia grave, 61% di età ≥18 anni) e 44 medici specialisti dei centri emofilia di tutta Italia, ha messo in luce come la percezione del dolore da parte dei pazienti sia molto diversa rispetto a quella dei loro medici.
“Dalla ricerca – ha dichiarato la Dottoressa Annarita Tagliaferri, Responsabile del Centro e coordinatrice dello studio – risulta che il 61% dei pazienti riferisce dolore e, di questi, l’86% necessita di una terapia farmacologica; e tra quelli che non riferiscono dolore (39%), il 70% sono bambini in profilassi. Il dolore alle articolazioni viene localizzato prevalentemente alla caviglia (82%), al ginocchio (62%) e al gomito (59%). La maggior parte dei pazienti classifica il dolore come persistente/cronico (71%) o acuto (69), mentre in alcuni è legato ad un intervento chirurgico (8%) o all’infusione (6%). Va sottolineato che oltre il 70% dichiara di provare dolore da più di 5 anni e circa un paziente su 5 da oltre 20 anni. Ancora, in una scala di intensità del dolore da 1 a 10, i 2/3 dei pazienti danno un punteggio maggiore o uguale a 6.”
Il trattamento farmacologico nella maggior parte dei pazienti non ha riportato benefici a lungo termine, inducendo tolleranza e convivenza con il dolore. Solo il 29% dei pazienti con dolore ha eseguito fisioterapia e il 23% ha preferito altri trattamenti non farmacologici, il 75% dei quali ha scelto il nuoto.
“I dati raccolti indicano che i medici dei Centri emofilia hanno una percezione differente dell’impatto del dolore nella vita dei loro pazienti – ha spiegato il Dottor Antonio Coppola, Dirigente medico al Centro Emofilia di Parma coinvolto nello studio –. I medici, infatti, riportano una prevalenza tra i loro pazienti più bassa del dolore sia in generale (46% a confronto del 61% dei pazienti intervistati), che del dolore cronico (58% contro 71%) e, in particolare, del dolore acuto (33% contro 69%). I medici riconoscono che in occasione delle visite di check-up nella maggioranza dei casi l’argomento dolore viene affrontato principalmente o in egual misura dai pazienti rispetto ai medici; inoltre solo la metà degli specialisti utilizza scale o strumenti validati per la valutazione del dolore”.
Dall’indagine emerge dunque che il dolore viene sottovalutato e affrontato in maniera non soddisfacente dai medici dei Centri per il Trattamento dell’Emofilia (HTC).
“E’ necessario – ha concluso la Dottoressa Tagliaferri – che il tema del dolore venga affrontato in maniera sistematica e multidisciplinare, attraverso strumenti e procedure standardizzate. Come emerge anche da questa survey, il passaggio dal trattamento a domanda alla profilassi ha un impatto positivo sul dolore, ma la gestione del dolore rappresenta un esempio della necessità dell’approccio globale nella cura dell’emofilia. La collaborazione degli specialisti HTC con specialisti di altre discipline (ortopedici, fisiatri/fisioterapisti e, sempre di più, anche terapisti del dolore) deve condurre ad una più corretta valutazione e trattamento del dolore nel paziente affetto da questa rara patologia del sangue. Occorre inoltre formazione specifica sull’argomento: i medici dei centri emofilia hanno riconosciuto questo ’unmet need’ dei loro pazienti e manifestano un grande interesse a colmarlo, come dimostra il successo dei quattro eventi educazionali svoltisi qui a Parma alla luce dei risultati di questo studio”.
A proposito di Emofilia A
L’emofilia colpisce circa 400.000 persone nel mondo ed è una patologia principalmente ereditaria in cui una delle proteine necessarie per la coagulazione del sangue è mancante o carente. L’emofilia A è il più comune tipo di emofilia; in questo caso è assente o presente in quantità ridotta il fattore VIII. L’emofilia A, che colpisce 1 persona su 10.000, per un totale di più di 30.000 persone in Europa, può portare a quadri di artropatia invalidanti a causa di versamenti ematici ripetuti nelle articolazioni.