
Negli ultimi mesi, la crisi energetica globale ha portato molte aziende a cercare di sfruttare le difficoltà causate dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni imposte alla Russia. Dal 26 marzo 2025 tutti i porti dell’Unione Europea sono ufficialmente chiusi al trasbordo di gas naturale liquefatto (GNL) dalla Russia. Questa decisione, presa come parte del 14° pacchetto di sanzioni contro Mosca, vieta non solo il trasbordo di GNL russo nei porti dell’UE, ma anche la fornitura di servizi correlati come assistenza tecnica, supporto finanziario o intermediazione. L’obiettivo dichiarato è ridurre drasticamente le entrate della Russia, che ancora oggi finanzia parte delle operazioni militari in Ucraina grazie alla vendita di combustibili fossili.
Per Mosca, si tratta di un colpo significativo. Porti europei come Zeebrugge in Belgio e Montoir-de-Bretagne in Francia hanno rappresentato per anni hub essenziali per il transito di GNL, specialmente nei mesi invernali, quando le condizioni climatiche rendono difficoltose le spedizioni dirette verso l’Asia. Secondo le stime degli esperti, fino al 20% del GNL russo che transita attraverso l’Europa viene destinato a mercati di paesi terzi, con un danno economico previsto di miliardi di euro all’anno per Mosca.
Questa situazione ha portato molte aziende energetiche occidentali a lanciarsi su mercati nuovi o non pienamente sfruttati, come quello italiano. Progetti controversi come l’impianto di liquefazione di metano previsto a Pesaro stanno avanzando con il pretesto di garantire una maggiore sicurezza energetica. Ma l’analisi di queste iniziative rivela uno scenario ben diverso, segnato da speculazioni, rischi ambientali e scarsa pianificazione a lungo termine.
Le aziende promotrici degli impianti GNL sostengono che tali infrastrutture rappresentino una risposta solida alla crisi energetica. In realtà, si tratta di una strategia fragile e speculativa, come dimostrano i fatti: il progetto di Pesaro, ad esempio, prevede la costruzione di un impianto di liquefazione di gas metano con depositi di stoccaggio di GNL a soli 120 metri dalle abitazioni e a meno di un chilometro dal centro storico, su terreno sabbioso a rischio di liquefazione, in zona sismica e alluvionale.
Gli stessi promotori del progetto ammettono che la zona è pericolosa, ma propongono come unica soluzione la costruzione di muri di cemento e l’innalzamento dell’impianto da terra, senza tuttavia fornire studi o prove che dimostrino l’efficacia e la sicurezza di tali interventi. Un impianto di GNL di questo tipo, inoltre, è altamente inquinante e classificato come industria insalubre, in contrasto, oltre che con le leggi dell’Ue, con l’Articolo 41 della Costituzione Italiana, modificato nel 2022 proprio per impedire attività economiche che possano arrecare danno alla salute, all’ambiente e alla sicurezza.
La chiusura dei porti europei al GNL russo ha offerto un’occasione ghiotta per quelle aziende che cercano di espandere la propria influenza con l’aiuto di finanziamenti pubblici ingenti. Tuttavia, una volta che il conflitto in Ucraina troverà una soluzione e i porti europei verranno riaperti al gas russo, l’intero settore del GNL rischia di crollare, con infrastrutture inutilizzate o economicamente insostenibili.
Molti esperti avvertono che il GNL è una falsa soluzione. Il costo del GNL importato è molto più elevato rispetto al gas naturale prodotto localmente o importato attraverso gasdotti terrestri. Inoltre, la costruzione di nuovi impianti e gasdotti richiede enormi investimenti pubblici che rischiano di trasformarsi in perdite clamorose nel momento in cui il mercato tornerà a stabilizzarsi.
Il progetto di Pesaro, per esempio, potrebbe diventare un pesante fardello finanziario – oltre che per l’ambiente e la salute pubblica – per la comunità locale e per l’intero Paese. Anche gli espropri già previsti per il collegamento dell’impianto di liquefazione alla rete principale di SNAM rivelano una strategia aggressiva e potenzialmente dannosa, considerato che l’autorizzazione definitiva non è ancora stata concessa. Un’opera preparatoria che coinvolge oltre 60 terreni privati e pubblici, con rischi ambientali e urbanistici mai sufficientemente analizzati.
Se i cittadini italiani non prendono posizione ora, si rischia di accettare un progetto che non solo rappresenta un pericolo per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza vdelle cittadinanza (dato l’enorme pericolo di incidente rilevante), ma anche un evidente caso di speculazione a danno della collettività. È essenziale che le istituzioni locali e nazionali intervengano con fermezza per fermare iniziative che rischiano di trasformarsi in disastri annunciati.
In un mondo sempre più vulnerabile agli sconvolgimenti climatici ed economici, non possiamo permettere che decisioni così importanti vengano prese senza trasparenza, senza studi accurati e senza il coinvolgimento delle comunità locali. Il progetto GNL di Pesaro è un esempio lampante di come la speculazione possa prendere il sopravvento sulla sicurezza e sul bene comune. È il momento di agire prima che sia troppo tardi.