La ricostruzione dopo questa pandemia, potrebbe essere più complessa rispetto ad una normale ricostruzione post bellica. Dopo una guerra, dopo una distruzione su larga scala, c’è da ricostruire. In questo caso, invece, non c’è una evidente distruzione materiale, non ci sono edifici, ponti e fabbriche da ricostruire, bisogna quindi agire soprattutto su una ricostruzione delle persone, su una ricostruzione della fiducia. Difatti, questo virus non ha colpito profondamente solo le imprese e le attività in genere. Il covid ha colpito in profondità gli uomini.
Ha colpito moltissimi uomini e donne sotto il profilo fisico ma ha colpito tutti, l’umanità intera, sotto il profilo mentale e del modo di pensare. Sotto il profilo psichico, i ristretti, presumibilmente, sono quelli che ne hanno sofferto di più. La pandemia ha estremamente colpito il mondo delle carceri, rendendo molto più difficili i contatti con l’esterno, con il volontariato e persino con i familiari. Sarebbe importante che il desiderio di ricostruzione, che il desiderio di un nuovo inizio, possano essere così forti da non escludere nessuno, nemmeno il mondo degli ultimi, il mondo delle carceri. Non sarebbe una ricostruzione dei penitenziari, ma una ricostruzione dei diritti umani, una ricostruzione della dignità e della speranza dell’essere umano, dei suoi bisogni, delle sue esigenze, delle sue aspettative. Una ricostruzione della persona detenuta che sia in grado di realizzare la finalità rieducativa della pena.
Lo afferma Giuseppe Maria Meloni, portavoce di Piazza delle Carceri e della Sicurezza del cittadino.