Rho: Amministrazione comunale e studenti rendono omaggio insieme ad ANPI e ANED a nove rhodensi morti nei campi di concentramento…
Si è svolto per le strade di Rho il percorso “Inciampando nella memoria”, che ha portato a rendere omaggio a nove rhodensi cui sono dedicate pietre di inciampo: nove deportati che hanno subito violenze e soprusi nei campi di concentramento e di lavoro nazisti, dove sono morti tra il 1944 e il 1945.
Davanti a ogni pietra di inciampo si sono riunite, accanto agli Amministratori comunali, ai consiglieri Clelia La Palomenta e Christian Colombo, al presidente di ANPI Rho Mario Anzani, ai rappresentanti delle forze dell’ordine e ad alcuni cittadini, classi di scuole che hanno lavorato con i loro docenti a ricerche storiche avviate insieme con la rappresentante di ANED, Associazione nazionale deportati, Carmen Meloni, nipote di Pietro Meloni.
Per onorare Giuseppe Cecchetti in via Molino Prepositurale erano presenti le classi quinte A, B e C della primaria Salvo D’Acquisto con la maestra Giusy Micali.
In via Marconi, davanti alla pietra che ricorda Ambrogio Farina, era presente la classe quinta della primaria Fernanda Wittgens con la maestra Fulvia Sciascia.
Per Gaetano Bellinzoni e Giovanni Barlocchi, lungo via Matteotti, la terza C della secondaria di primo grado della scuola San Carlo San Michele con la professoressa Laura Magnoni.
Per i cugini Carlo e Mario Martini, all’inizio di via Porta Ronca, la terza B della secondaria di primo grado della scuola San Carlo San Michele con la professoressa Alice Pistocchi.
In via San Carlo Borromeo, per Mario Quaroni e Angelo Moroni la terza A della stessa scuola con le docenti Elisa Merli e Mariangela Moroni.
Per Pietro Meloni in via don Tazzoli la professoressa Pisano dell’Istituto Mattei ha coinvolto
la Classe 5 A AFM.
Gli studenti hanno letto le storie dei deportati e alcuni hanno realizzato cartelloni ricordando le tappe della loro prigionia, oltre ai numeri di matricola a loro assegnati dai nazisti. Per ogni pietra d’inciampo hanno deposto un fiore rosso.
A coordinare il percorso la responsabile del Cerimoniale del Comune di Rho, Paola Cupetti, che ha ricordato l’impegno dell’ex assessore Sabina Tavecchia, presente alla cerimonia, per la realizzazione delle pietre d’inciampo.
“Stiamo incontrando nove vite che fino a qualche anno fa non avevano memoria, grazie alle pietre d’inciampo sappiamo chi erano. Erano partigiani, renitenti alla leva, oppositori politici e anche un internato militare italiano. Si sono opposti al nazifascismo. Hanno scelto da che parte stare affrontando fame, torture, sfinimento, soprusi che li hanno portati a morire – ha spiegato Carmen Meloni, da anni impegnata nei percorsi di memoria – La pietra di inciampo crea un legame tra noi e loro, dà un senso all’essere comunità. Le pietre hanno una doppia funzione: stupire voi giovani e costruire, con una azione educativa. Riportano dove è nato il deportato, il lager in cui è stato condotto, la data della morte. Ci parlano di lui”.
“Queste persone sono state strappate alle loro famiglie e portate in campi di concentramento, proviamo a riportarle a casa e a ridare loro dignità attraverso questi percorsi di memoria. Nei lager sono state costrette a lavori pesantissimi e, in alcuni casi, sono state uccise con i gas e bruciate nei forni crematori – ha ricordato il Vicesindaco Maria Rita Vergani – Quando camminate nella vostra quotidianità, in un Paese democratico come il nostro, potete fermarvi a pensare inciampando in queste pietre. E ricordare che i valori di libertà e democrazia non sono garantiti per sempre e ciascuno deve impegnarsi per difenderli”.
“Nel 1945 è nata una nuova Italia e nel 1948 il nostro Paese si è dato una Costituzione democratica che è ancora una via maestra – ha raccontato il presidente di ANPI Rho, Mario Anzani – Dietro queste pietre dovete immaginare dei giovani che desideravano un mondo migliore. Abitavano qui, da qui sono stati strappati un giorno. Vogliamo riportarli a casa, è importante che ogni anno ragazzi come voi vengano a fare questo percorso per ricordare queste vittime del nazifascismo e consolidare una coscienza civile, per difendere libertà e democrazia che sono valori preziosi”.
“Immagino che talvolta i vostri genitori, quando eravate piccoli, vi abbiano qualche volta fatti salire sulle spalle per vedere meglio o più lontano – ha detto ai bambini il prevosto don Gianluigi Frova – San Bernardo mille anni fa ha detto che noi siamo come nani sulle spalle di giganti: queste persone che ricordiamo non le abbiamo conosciute ma erano giganti di umanità, avevano un cuore gigante. Non dobbiamo dimenticarli”.
“Le deportazioni non sono qualcosa di lontano, hanno coinvolto cittadini di Rho – ha spiegato Luca Marelli, che lavorò al progetto delle pietre di inciampo e oggi collabora con una organizzazione non governativa che salva vite nel Mediterraneo – Un segno di memoria serve a ricordarcelo e ci ricorda cosa accade quando il dissenso viene perseguito e criminalizzato. Occorre vigilare anche oggi, perché il fascismo non è passato. Noi non vogliamo nuovi lager, né in Italia né altrove”.
“Voi ragazzi avete oggi una fortuna, avete professori illuminati che vi aiutano ad approfondire questi temi – ha dichiarato l’assessore Alessandra Borghetti – Potete scoprire e studiare che ciò che è stato ha toccato anche la nostra città, che alcuni rhodensi sono stati deportati e hanno perso la vita a causa di chi contrastava il loro desiderio di libertà”.
“Non ci dobbiamo immaginare queste persone come degli adulti o anziani, erano giovani che guardavano al futuro e vivevano di sogni e speranze, non sono stati indifferenti – ha detto ai ragazzi il Sindaco Andrea Orlandi (presenti anche le assessore Valentina Giro ed Emiliana Brognoli) – Loro non hanno atteso che altri costruissero la città, hanno messo a rischio la loro vita e l’hanno sacrificata per tutti. L’Insegnamento che ci danno è che valori che diamo scontati come la libertà vanno costruiti ogni giorno, ciascuno col proprio impegno quotidiano. Erano giovani qualsiasi, ma guardando il mondo dalle loro stanze sognavano una città diversa da quella che vedevano sotto la dittatura. Oggi voi ragazzi state leggendo i numeri di matricola delle persone che commemoriamo: il nome viene scelto dai genitori, è distintivo della nostra persona. Nei lager il nome veniva tolto ai deportati, veniva loro assegnato un numero. Oggi ci sono 57 conflitti nel mondo e ogni guerra si porta dietro le cose che stiamo ricordando: le persone diventano numeri, qualcuno oggi perderà il suo nome e acquisirà un numero o verrà ucciso. Il futuro non appartiene ad altri, lo dobbiamo costruire, inseguendo speranza e pace”.
Nella foto i partecipanti all’omaggio a uno dei deportati, lungo via Matteotti