“Lo faccio da diversi anni. Tanti mi hanno chiesto ‘Perché continui?’. Secondo me è importante, per tenere alta l’attenzione, per non far dimenticare”. Pietro Orlandi non abbasserà mai la guardia. Finché non avrà notizie di sua sorella Emanuela, continuerà a lottare. E per questo domani, in largo Giovanni XXIII a Roma, sarà in sit-in dalle 17, “con il mio megafono e il mio altoparlante” per chiedere “verità e giustizia” per Emanuela. Lo urlerà, ma sempre con la sua solita educazione. Nel giorno del 53esimo compleanno di Emanuela, scomparsa a 15 anni il 22 giugno del 1983.
“Il modo peggiore per non arrivare alla verità è dimenticare, per arrivarci bisogna non dimenticare. E poi non riesco ad accettare passivamente un’ingiustizia- racconta all’agenzia Dire- È importante per noi familiari, spero possa passare il messaggio che una ingiustizia non si può accettare anche se sono passati 37 anni, come nel caso di Emanuela. Tanti dicono ‘Pensa a te, sono passati troppi anni…’. Non devono vincere sempre i cattivi. Ogni tanto devono vincere anche i buoni”. Pietro Orlandi ci tiene a ringraziare “la Questura che ci ha dato l’autorizzazione. Ovviamente ci hanno detto che se all’ultimo viene fuori un Dpcm che impone la zona rossa, allora il sit-in è rinviato”. Sul perché di largo Giovanni XXIII, “noi avevamo scelto di nuovo Sant’Apollinare, ma ci hanno detto che per quella piccola piazzetta non concedono più autorizzazioni…”.
“In Vaticano non possono ancora chiudere il caso dopo 37 anni…”
Ci sarebbe un ricatto dietro la vicenda della sparizione di Emanuela Orlandi. Ne è convinto il fratello Pietro, un ricatto che sarebbe ancora in corso. In questi 37 anni, 38 a giugno, sono state fatte tantissime ipotesi a proposito di quanto successo in quel giorno di giugno. “È difficile- spiega Pietro alla Dire- In 37 anni sono state fatte tantissime ipotesi, più si va avanti e più è facile tirar fuori ipotesi. È grave, però, quando qualcuno la propria la considera certa, e magari la gente la prende per vera. Questo genera confusione. Io purtroppo non riesco a scartare le diverse ipotesi fatte, in ognuna c’è qualcosa di vero, ci sono indizi, riscontri. Come per la richiesta di scambio con Ali Agca, passando alla criminalità organizzata, quindi la questione economica”. Difficile, secondo lui, pensare che “una ragazzina possa essere oggetto di un ricatto a uno Stato come il Vaticano. Credo ci sia altro dietro. Emanuela può essere stata usata e messa sì in condizione di fare un ricatto”. Per il fratello di Emanuela “il modo di fare del Vaticano lo capisci se lo vivi. Il fatto che loro, dopo 37 anni, non hanno ancora chiuso la vicenda, vuol dire che non possono farlo. Credo che ci sia qualcuno che continua a ricattare qualcun altro, ma non ho idea del movente. Ci sono personaggi interni al Vaticano legati a personaggi esterni, e magari in queste storie hanno usato persone minori come manovalanza”.