Roma – Con l’attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per la procreazione medicalmente assistita (PMA) prevista dal 1° gennaio 2024, la SIRU (Società Italia della Riproduzione Umana) stima che in Italia si verificherà un aumento delle coppie che accedono alle cure che potrebbe quasi raddoppiare il numero di cicli da eseguire e il raggiungimento di una percentuale di bambini nati da PMA che supererà il 5% delle nascite nella popolazione in generale, percentuale che attualmente è ferma al 2,5%.
Con questa premessa si apre oggi a Roma il Convegno “Procreazione medicalmente assistita e LEA: siamo pronti?”, organizzato dalla SIRU (Società Italia della Riproduzione Umana) con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, che riunisce associazioni di cittadini, Istituzioni e operatori del settore.
Obiettivo dell’evento è fare il punto della situazione sull’effettivo fabbisogno delle coppie italiane che richiedono trattamenti di PMA, che tenderà ad aumentare grazie alla possibilità di accedere alle prestazioni sanitarie col solo pagamento del ticket, e su come organizzare in tutte le regioni le strutture adeguate per far fronte a questa domanda che operino in qualità, sicurezza e appropriatezza delle cure.
I lavori di oggi vedono la partecipazione di Cittadinanza Attiva, dell’Associazione di pazienti HERA, del Direttore Generale del Centro Nazionale Trapianti Dottor Massimo Cardillo, del Coordinatore Advisory Board CNEC (Centro Nazionale Eccellenza Clinica Qualità e Sicurezza delle Cure) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) Dottor Gianfranco Gensini, del Direttore Generale Clinical Governance dell’ISS Dottoressa Velia Bruno, dei Rappresentanti Regionali della sanità, oltre ai Presidenti, esperti e coordinatori regionali SIRU.
Si parte da un’analisi di quella che è la situazione in Italia grazie ai dati forniti dall’ultima relazione del Ministero della Salute del 2022 e relativa all’anno 2020 che ha fatto registrare una flessione dei dei parametri considerati rispetto all’anno precedente a causa del Covid
A fronte di 65.705 coppie trattate con 80.099 cicli iniziati e la nascita di 11.305 bambini, nel nostro Paese il numero totale di centri attivi di PMA risulta pari a 332: il rapporto fra centri pubblici e privati è circa di 1/3 e 2/3 del totale (101 pubblici e 211 privati) mentre costituiscono una piccola minoranza, appena 20, i centri privati convenzionati.
Il 61,2% dei cicli iniziati di tecniche di II e III livello con gameti della coppia è effettuato con costo a carico del SSN (33,5% in centri pubblici e 27,7% in centri privati convenzionati). Per quanto riguarda i cicli con donazione di gameti, invece, l’attività è stata svolta per la maggior parte (71,7%) nei centri privati. I Centri Pubblici e Privati Convenzionati in grado di eseguire prestazioni a carico del SSN sono presenti solo in alcune regioni.
La distribuzione regionale che fotografa le politiche sanitarie adottate dalle diverse regioni italiane indica che la presenza di centri pubblici o privati convenzionati è maggiore in alcune regioni del Nord (Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia) e del Centro (Marche e Toscana); i centri privati sono presenti maggiormente in quasi tutte le regioni del Sud e in alcune del Nord (Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna) e del Centro (Lazio); i 20 centri privati convenzionati sono quasi esclusivamente presenti in Lombardia (10) ed in Toscana (5).
Tutto ciò si riflette in un ampio ricorso all’extra regione. I pazienti si rivolgono a centri presenti in altre regioni nel 26% dei casi per i cicli iniziati a fresco e, addirittura, nel 37,7% dei casi per i cicli iniziati con gameti provenienti da donazione. Tale migrazione si dirige prevalentemente verso i centri pubblici o privati convenzionati della Lombardia e della Toscana, dove il costo è a carico del SSN.
“I dati presentati dalla Relazione Ministeriale fotografano un territorio con enormi differenze – afferma il Dottor Antonino Guglielmino, Past President SIRU – Solo alcune regioni sono riuscite ad offrire servizi di PMA con costi a carico del SSN, rispondendo pienamente alla domanda presente nella regione stessa ed attraendo coppie provenienti da altre regioni. Nelle regioni del Centro-Sud e Isole, invece, si evidenzia un’offerta di servizi, in alcune aree assolutamente insufficiente, in gran parte delle regioni totalmente a carico delle coppie e che viene effettuata per una minima quota nei Centri Pubblici e in maggior misura nei centri privati. In queste ultime regioni, ad eccezione della Sicilia che, in minima parte ha potuto godere di un sistema di “copayment”, dovrebbe essere ampliato il servizio pubblico e quello privato convenzionato”.
“In prospettiva dell’entrata a regime dei nuovi LEA – ha affermato Paola Piomboni, Presidente SIRU –a fronte di una domanda che ragionevolmente subirà un incremento, è evidente che in larga parte del territorio non sussistano strutture sufficienti a garantire alle coppie, in tempi ragionevoli, di poter accedere ai servizi con pagamento a carico del SSN. Ciò in quanto, i Centri Pubblici che hanno finora eseguito una percentuale del 42% dei cicli (comprendendo quelli della Lombardia e Toscana, mentre in alcune regioni del centro-sud eseguono percentuali di cicli inferiori al 15%) non potranno assorbire l’intera domanda regionale a meno che non siano affiancati da un privato convenzionato che finora in gran parte delle regioni è assente. Oggi la SIRU, quale società scientifica di riferimento per la procreazione medicalmente assistita, si impegna a mettere a disposizione competenze scientifiche e professionali per contribuire all’organizzazione, in tutte le regioni italiane, di strutture adeguate ad accogliere la maggior domanda di PMA da parte delle coppie che l’attuazione dei LEA produrrà. Per garantire qualità, sicurezza e appropriatezza dei trattamenti sarà indispensabile la collaborazione di tutti coloro che stanno partecipando all’evento di Roma oggi e solo così sarà possibile realizzare questi ambiziosi obiettivi”.
Il prof. Gianfranco Gensini, già coordinatore dell’advisory board del Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG), ha ricordato il forte impegno per applicare le regole del SNLG stesso. Certamente la scelta di imprimere nuovo impulso al sistema e di operare in modo da creare in tempi contenuti un ampio numero di linee guida rappresenta un obiettivo importante, ambizioso, ma coerente con la funzione del SNLG. “Credo che ogni società scientifica accreditata si dovrà rendere disponibile per azioni di questo tipo che potranno consentire di popolare in tempi ragionevolmente brevi, con l’aiuto delle varie società e segnatamente di quelle presenti qui oggi, l’SNLG”
“Le linee guida insieme ai LEA – prosegue il Dottor Gensini – aprono la strada oltre che all’acceso alle cure e alla presa in carico delle coppie infertili, ad un processo di omogenizzazione dei percorsi terapeutici assistenziali (PDTA) a livello locale nei diversi territori del nostro Paese, con la certezza di una migliore qualità, appropriatezza e celerità delle cure stesse”.
In Italia, l’indicatore del numero di cicli effettuati su ogni milione di donne in età fertile (15-46 anni) è più alto nelle regioni del Nord e del Centro, mentre in tutte quelle del Sud l’offerta di cicli è ben al di sotto della media nazionale.
A livello nazionale gli indicatori sono risultati pari a 6.525, dati inferiori alle medie europee relative al 2017 (ultimo dato disponibile, calcolato solo per 20 paesi europei che nel 2017 hanno riportato i dati del 100% dei centri). In particolare, se analizziamo per gli stessi indicatori i dati registrati dai paesi europei con un’attività superiore a 40.000 cicli iniziati, confrontabili con l’attività che si svolge in Italia, rileviamo 8.528 cicli per milione di donne in età fertile in Francia e 5.392 cicli nel Regno Unito. Mentre nei paesi del nord Europa, nonostante l’attività annuale sia molto inferiore a quella dell’Italia, l’indicatore risulta più elevato, con un’offerta pari, ad esempio, a 15.783 cicli in Danimarca e 14.411 in Belgio.
Nel nostro Paese la percentuale di bambini nati vivi da tecniche di PMA rispetto alle nascite nella popolazione generale, pari a 2,5%, è al di sotto della media europea che nel 2017 era pari al 3,1%, al 2,7% della Francia ed al 2,9% del Regno Unito. In alcuni Paesi del nord Europa si raggiungono percentuali oltre il 10%