CATANIA – Il Governo centrale sta studiando una norma, destinata ad essere introdotta nel prossimo provvedimento sul PNRR, che bloccherebbe la facoltà degli enti pubblici di acquistare i crediti “incagliati” derivanti dai bonus edilizi, determinandone sostanzialmente il divieto. Contemporaneamente ci sono comuni, province e regioni che hanno già effettuato l’acquisto dei crediti fiscali, che hanno programmato nuove azioni. Oltre al temuto “stop”, sugli enti pubblici – come sui privati – pesano ancora altri nodi irrisolti, come i sequestri e le sentenze della Cassazione che sbarrano i cassetti fiscali degli acquirenti in buona fede.
«Gli enti pubblici investono e il Governo intende bloccarli. Una novità che ha colto di sorpresa tutto il sistema ANCE. Le regioni, le province e i comuni hanno espresso l’esigenza di strutturare un inquadramento solido delle loro azioni – spiega il presidente Ance Catania Rosario Fresta – per continuare a radicare il loro contributo sui territori, hanno tutto l’interesse di avviare, incentivare, proseguire con l’acquisto di crediti fiscali da integrare nei pubblici bilanci; invece il governo centrale ha intenzioni inverse che bloccano i processi virtuosi già avviati, senza prima aver individuato una soluzione strutturale per sbloccare i crediti ed evitare il tracollo. L’acquisto dei crediti fiscali da parte di enti pubblici contribuisce al sostegno delle imprese impegnate nei cantieri. Il rischio è che l’Esecutivo possa trasformare questo acquisto in un vero e proprio indebitamento. ANCE si è già fatta carico insieme ad Abi di individuare un’efficace via d’uscita compatibile anche con la recente pronuncia di Eurostat».
Il provvedimento, non ancora effettivo, infatti pone l’acquisto di crediti fiscali per gli enti pubblici in contrasto con i principi del pareggio di bilancio e con le competenze legislative attribuite allo Stato, e di fatto ne impedirà ogni evoluzione. «Servono solide garanzie, non inattese frenate. Questo stop avrà effetti su tutta la filiera edilizia, fermerà i cantieri e migliaia di imprese rischieranno di perdere liquidità. Catania, la Sicilia, il Paese, non possono inciampare nell’ennesima frenata».