Assoutenti denuncia assurdo caso di mala-burocrazia. Profuga malata di cancro muore in attesa di ricevere sussidio negato da Poste, la figlia non può pagarle il funerale.
A partire da febbraio di quest’anno migliaia di ucraini si sono trovati a dover abbandonare improvvisamente le loro città, i loro beni e talvolta i loro cari per scappare dalla guerra per trovare rifugio in paesi come il nostro. Le istituzioni governative di tutta Europa si sono prontamente organizzate per dare un aiuto pratico ai profughi, e il Governo italiano ha stanziato un sussidio da 300 euro al mese richiedibile da ogni profugo maggiorenne arrivato in Italia dal 24 febbraio in poi, semplificando al minimo le procedure di richiesta in collaborazione con la Protezione Civile e le Questure.
Tutto questo sforzo umanitario però, si è scontrato con la cieca burocrazia di Poste Italiane, organo preposto all’erogazione del sussidio che, in moltissimi casi, ha visto i propri impiegati rifiutare l’erogazione dell’importo già stanziato e approvato dalle istituzioni, per banali cavilli amministrativi lasciando persone estremamente bisognose senza una risorsa essenziale per la loro sopravvivenza.
Come il caso di Natalia e Iryna – denunciato oggi da Assoutenti – madre e figlia che sono sfuggite ai bombardamenti riuscendo ad arrivare con grande difficoltà al confine con la Polonia e lì sono state aiutate da un loro connazionale ormai radicato in Italia ad arrivare a Chiavari (Ge), dove la solidarietà delle persone del posto si è messa subito in moto per trovare loro una sistemazione gratuita e il sostentamento di cui avevano bisogno fintanto che non avessero ricevuto il sussidio.
Dopo aver espletato tutte le pratiche necessarie alla richiesta del permesso di soggiorno temporaneo – ricostruisce Assoutenti che sta seguendo il caso a livello legale – le due donne hanno fatto domanda per il sussidio vedendosela subito accolta ma, arrivato il momento di andare a ritirarlo presso l’ufficio postale di Chiavari, è iniziato il calvario perché la madre, malata oncologica e ulteriormente debilitata dal viaggio e dalla situazione, si è trovata allettata, in ossigenoterapia e pertanto impossibilitata a recarsi in posta con le sue gambe. Si è pertanto presentata la figlia al suo posto, con tanto di delega scritta e firmata oltre a certificati dell’ASL4 attestanti l’impossibilità della madre di alzarsi dal letto.
Tutto questo all’Ufficio Postale di Chiavari non è bastato e per giorni la Direttrice della struttura si è rifiutata categoricamente anche solo di trovare una soluzione al problema delle due profughe, perché la circolare interna con le istruzioni su come erogare il sussidio prevede che sia la persona stessa a ritirarlo e che quindi lei, in quanto direttrice, non poteva assumersi una responsabilità del genere. Si è limitata solo a suggerire che la persona si recasse all’ufficio postale in ambulanza!!
Dopo più di dieci giorni di attesa e solleciti, la signora Natalia purtroppo è venuta a mancare, stroncata dalla malattia.
“Se almeno avessi avuto i soldi del sussidio di mia madre – spiega la figlia Iryna – avrei potuto far fronte alle spese del funerale che invece sono ricadute interamente sul ragazzo che gentilmente si è preso cura di noi in questi momenti difficili. Ora tornerò in Ucraina per riportare a casa le sue ceneri e spero di cuore che la mia esperienza possa servire affinché situazioni del genere non si verifichino mai più”.
“Siamo venuti a conoscenza di questa assurda e vergognosa vicenda tramite il Numero Verde istituito dalla Regione Liguria, ma gestito proprio dagli operatori delle Associazioni dei Consumatori liguri, e come Assoutenti abbiamo deciso di anticipare il sussidio che sarebbe spettato a questa donna e versare i 600 euro a Iryna in attesa che si sblocchi la situazione – afferma il presidente Furio Truzzi – Abbiamo deciso inoltre di aprire un formale reclamo contro Poste Italiane facendo appello soprattutto all’Amministratore Delegato Matteo Del Fante perché intervenga prontamente a correggere ciò che impedisce ai direttori e agli impiegati delle Poste del nostro paese di sentirsi parte di questa rete di accoglienza, ricordando che nelle infinite attese che la burocrazia crea, alcuni ci soffrono, ma altri, come in questo caso, ci muoiono”.