«Pronto soccorsi letteralmente presi d’assedio, da Nord a Sud. Strutture ospedaliere in perenne sofferenza, incapaci di gestire, senza esporre la cittadinanza a gravi disagi, il repentino aumento di pazienti: la cronica carenza di personale e le lacune organizzative, in particolare la ben nota mancanza di posti letto per affrontare la prevista emergenza ricoveri, hanno trasformato questo mese di dicembre in un vero e proprio inferno, da una parte per i professionisti della salute, costretti a rinunciare alle proprie ferie e a mettere sulle proprie spalle un macigno diventato insostenibile, dall’altra, viene messa nuovamente di fronte alla collettività, la dura realtà di un sistema sanitario che appare come una nave alla deriva, che pare imbarcare acqua da tutte le parti».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, commenta quanto accaduto nella sanità italiana nel mese appena trascorso, supportato dai dati di recenti autorevoli indagini, incrociate con quelle che il sindacato porta avanti da tempo.
«Non siamo affatto sorpresi della desolante realtà che ci ritroviamo a raccontare: le nostre strutture ospedaliere, ce lo riferiscono i nostri referenti regionali a contatto diretto con gli infermieri che vivono tutto questo sulla propria pelle ogni giorno, nonostante gli sforzi immani dei professionisti che lavorano nei pronto soccorsi e nei reparti nevralgici, non riescono a reggere, senza gravi conseguenze assistenziali, il grave impatto che genera il surplus di pazienti.
Basti pensare al caso del Cardarelli di Napoli, il più grande ospedale del Sud, ma casi simili si sono registrati anche in Regioni dove la carenza di infermieri è ormai a un punto di difficile ritorno, al pari della Campania.
Afflussi di 200 pazienti al giorno, letti ammassati nei corridoi, una sanità territoriale totalmente incapace di consentire una equilibrata gestione dei malati, lasciando ai pronto soccorsi, come dovrebbe accadere, solo i casi realmente più complessi, in tal modo snellendo i ricoveri ed affidando, solo ad esempio, agli ambulatori locali, i pazienti con patologie meno gravi.
Cosa sarebbe successo, ci chiediamo a questo punto se, invece di trovarci davanti agli sporadici casi di influenza e agli aumenti di contagi da Covid, per fortuna, nella maggior parte dei casi non più pericolosi per la vita umana, ci fossimo trovati di fronte ad una nuova reale emergenza sanitaria?
Ci viene spontaneo osservare, continua De Palma, che nonostante siamo usciti con le ossa rotte dalla dura lezione del Covid, non abbiamo davvero imparato nulla.
Autorevoli indagini, ci rivelano, ad esempio, che, solo nel Lazio, i pazienti in attesa di ricovero nei PS sono al momento oltre 1100; arrivano a 500 in Piemonte, mentre in Lombardia i ricoveri ordinari sono stati sospesi proprio a causa del sovraffollamento.
In parole povere sono bastati l’influenza stagionale, seppur aggressiva, e un tutto sommato gestibile e previsto aumento dei casi legati alle nuove varianti di Covid, per mandare letteralmente in tilt i nostri ospedali.
Ci rendiamo conto del vicolo cieco in cui è finita la nostra sanità?
E’ evidente che la politica, con il Governo da una parte e le Regioni dall’altra, sono giunte al punto di doversi fare un approfondito esame di coscienza.
I numeri di cui parliamo, che d’altronde si pongono in continuità e riscontrano le precedenti continue nostre denunce sulla materia, servono a puntare i riflettori su una realtà davvero drammatica.
D’altronde, la carenza di professionisti dell’assistenza ha toccato l’apice: le nostre inchieste, aggiornate al 2022, da ultimo presentate ufficialmente durante il nostro Congresso Nazionale di Roma, hanno evidenziato che siamo di fronte ad una voragine senza fine: 175 mila infermieri in meno, fino a toccare il numero di 220 mila, se si volesse alzare l’asta della comparazione e misurare l’Italia con gli altri Paesi UE.
Per non parlare, poi, del fatto che, di fronte ad una valorizzazione economica ancora lontana, che si traduce in fughe all’estero, dimissioni volontarie, calo di laureati e calo di iscritti ad infermieristica, l’Italia, per quanto concerne gli investimenti nella sanità pubblica, si trova decisamente sotto la media Ocse.
In Europa il nostro Paese è infatti 16esimo per spesa pro capite: rispetto alla media delle altre nazioni, siamo di fronte ad un vero e proprio baratro, un gap di 47,6 mld.
E oggi, a conclusione di un mese di dicembre a dir poco infernale per le nostre realtà ospedaliere, parlano i fatti.
Sono quelli che raccontano di una politica incapace, da tempo, di gestire una emergenza che si è acuita, giorno dopo giorno diventando strutturale, a danno dei servizi che il nostro SSN dovrebbe garantire ai cittadini.
E senza bisogno di entrare a gamba tesa su ciò che il Governo o il Parlamento hanno fatto o che avrebbero potuto fare con la finanziaria appena approvata, non servirebbe poi a molto considerato che la Legge è stata approvata a dispetto delle migliaia di professionisti sanitari che l’hanno contestata, è evidente che lasciano il tempo che trovano le dichiarazioni del nostro Ministro della Salute, Schillaci, che all’indomani dell’approvazione della Manovra, sostiene che l’esecutivo “ha approvato una manovra finanziaria che interviene oggi su due grandi urgenze: ridurre le liste d’attesa e valorizzare il personale sanitario. In tre anni, dice il Ministro, destineremo 11,2 miliardi in più al fondo sanitario”.
Per come la vediamo noi, almeno per quanto attiene alla valorizzazione del personale infermieristico, proprio per evitare che le parole del Ministro si risolvano in mere citazioni senza conseguenze di fatto, ci aspettiamo che il Prof. Schillaci si confronti senza indugio con il Presidente del Comitato di Settore del comparto Sanità, organo dove è presente anche un rappresentante Ministeriale, e che si accingerà ad adottare la propria direttiva per il rinnovo contrattuale sin dai prossimi giorni, affinché all’ARAN arrivino precise indicazioni al riguardo. Ma di questo daremo contezza noi, non appena conosceremo i contenuti dell’atto di indirizzo.
Nel frattempo, la nostra risposta, alle parole e ai proclami, di fronte alla innegabile e profonda crisi della sanità italiana, l’abbiamo già data con lo sciopero dello scorso 5 dicembre e la daremo nuovamente, in vista di una primavera che si annuncia come un periodo di legittime proteste e con il rischio, purtroppo concreto, di nuovi scioperi», chiosa De Palma.