I pazienti autori di reato in carico ai Dipartimenti di Salute mentale a livello nazionale si stima siano oltre 6.500, i posti in R.E.M.S sono circa 650, i pazienti con misure di sicurezza detentive sono meno del 10% di quelli con misure di sicurezza non detentive. Numeri per difetto, secondo gli esperti, se si considerano tutti i provvisori e quelli assegnati R.E.M.S. in attesa che si liberino i posti nelle stesse.
Venezia – Negli ultimi anni si è assistito, dall’entrata in vigore della Legge 81/2014, con la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (O.P.G.) e la nascita delle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (R.E.M.S.), ad un progressivo coinvolgimento della psichiatria “territoriale” nella presa in cura dei pazienti psichiatrici autori di reato. Questo ha creato un’enorme difficoltà e ha reso necessario un piano formativo all’interno dei Centri di salute mentale. In questo contesto, si inserisce il Centro per la Profilazione e Analisi Criminologica (Ce.P.A.C.), progetto unico in Italia, voluto dalla Regione Veneto che basa la propria operatività su protocolli e strumenti validati, con l’obiettivo di garantire la necessaria appropriatezza tecnica.
Se ne parla nel corso dell’evento organizzato da Motore Sanità dal titolo “Psichiatria e Giustizia al servizio della società”, presso la Sala San Domenico della Scuola Grande San Marco, con il patrocinio di Regione Veneto e Società Italiana di Psichiatria e la sponsorizzazione del Centro per la Profilazione ed Analisi Criminologica (Ce.P.A.C.).
“Nel nostro Paese abbiamo bisogno di fare sinergia con le nostre regioni, gli enti locali, il sistema sanitario e con la giustizia perché il tema dell’esecuzione della pena è un tema complesso e non può essere risolto solo da una parte” ha dichiarato Andrea Ostellari, Sottosegretario del Ministero della Giustizia. “Ciò che avviene all’interno delle carceri, ciò che registriamo in termini di numeri di aggressioni e di violenze può essere risolto e può anche avere una ricaduta positiva per la costruzione della cultura delle nostre comunità. Il soggetto recuperato, curato, rieducato con il lavoro, la formazione e una vera analisi del suo comportamento è dimostrato che non ricommette più reato quando esce dal carcere: accade nel 98% dei casi. Questa è la strada per costruire un futuro migliore”.
La Società italiana di Psichiatria (SIP) lancia l’allarme: “La situazione di difficoltà in cui vertono i Dipartimenti di salute mentale ormai da molti anni a causa delle ridotte risorse investite e del personale sempre minore ha reso la situazione al limite del gestibile – ha dichiarato Emi Bondi, Presidente SIP (Società Italiana di Psichiatria -. I pazienti autori di reato rappresentano oggi il 30% dei pazienti che occupano i posti letto degli SPDC e il 30% dei pazienti che occupano i posti in comunità, con una difficoltà a gestire e a poter seguire le persone che non hanno questo provvedimento. La Legge 81 sta mostrando tutti i limiti della sua costituzione, mancano percorsi adeguati che siano in grado effettivamente di rispondere alle esigenze di bisogno di salute mentale ed è necessario riverdere anche il numero degli accessi dei pazienti che hanno la misura di sicurezza ai quali viene dato l’infermità di mente. È importante dunque revisionare la legge ma anche soprattutto aprire un dialogo con la magistratura per meglio gestire le risorse e indirizzare anche i provvedimenti. Le risorse per la psichiatria sono scarse – ha sottolineato la presidente – mancano i medici, i posti letto, non ci possiamo permettere dei ricoveri di mesi di pazienti con misure di sicurezza nei reparti perché non ci sono dei percorsi alternativi”.
Tommaso Maniscalco, Direttore DSM AULSS 7 Pedemontana, Membro del Tavolo Tecnico Ministeriale Felice ha aggiunto: “La legge 81 ha delle falle perché ci sono molti pazienti, più di 700 in lista di attesa, che non trovano posto nelle R.E.M.S. Per questo è importante garantire l’appropriatezza di internamento per evitare che i posti delle R.E.M.S. siano saturati da pazienti che non hanno necessità di misura detentiva. Il rapporto con la magistratura in termini di corresponsabilità, collaborazione e formazione è fondamentale e deve essere incentivato in tutte le regioni. Il Ce.P.A.C. si inserisce perfettamente in questo contesto perché l’obiettivo è quello di garantire maggiore appropriatezza di internamento”.
IL PROGETTO PILOTA DEL VENETO: CARATTERISTICHE E FINALITA’
Il Ce.P.A.C. nasce come proposta del tavolo tecnico interistituzionale per la gestione del paziente sottoposto a misure di sicurezza istituito con Decreto del Direttore dell’Area Sanità e Sociale n. 103 del 5 settembre 2018, che ha ritenuto opportuna “Attivazione di una struttura sanitaria sperimentale residenziale idonea per l’applicazione della libertà vigilata “residenziale” (art. 228 cp), ovvero per gli arresti domiciliari in luogo di cura (art. 284 cpp) per pazienti psichiatrici autori di reato, finalizzata a garantire, laddove necessario, un adeguato approfondimento giuridico-forense per supportare le decisioni della magistratura competente”. Le finalità del Ce.P.A.C, istituita con DGRV 210/2020, è attuare il principio dell’accoglienza in R.E.M.S. come extrema ratio in attuazione della legge 81/2014, attraverso un percorso residenziale di profilazione e analisi criminologica.
Come spiega Emanuele Toniolo, Direttore CePAC, “si tratta di una struttura sanitaria che si collca all’interno della rete sanitaria per pazienti psichiatrici autori di reato, può svolgere una funzione di snodo fra i Dipartimenti di Salute Mentale che hanno in carico la persona e la REMS; il percorso di profilazione del soggetto, finalizzato alla valutazione del grado di pericolosità sociale, dovrà procedere d’intesa con il DSM al fine di verificare la possibilità di percorsi alternativi territoriali alla misura di sicurezza detentiva, comunque idonei a conciliare i bisogni di cura della persona e le esigenze di sicurezza della collettività. Il CEPAC è un progetto sperimentale con valenza nazionale che operando per rendere maggiormente appropriato l’inserimento in REMS, può contribuire ad affrontare il problema delle liste d’attesa collaborando con i Punti Unici Regionali (PUR) previsti dal Documento della Conferenza Stato Regioni del 30 novembre 2022”.
Enrico Zanalda, Direttore DSM ASL Torino 3 e dell’AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano (To) ritiene molto utile il progetto Ce.P.A.C. perché affronta il problema degli assegnati provvisori. “Sovente nella fase di cognizione i Pubblici Ministeri si trovano a dover individuare velocemente dove poter inserire pazienti che non possono più rimanere in carcere ma che non sono adatti ad una soluzione non contenitiva. Avere una struttura come il Ce.P.A.C. dove i pazienti possono essere studiati, sono in sicurezza ma non vi possono restare oltre sei mesi è di aiuto in tutte queste situazioni critiche. Ritengo che individuare situazioni articolate differenti per i vari momenti del percorso giudiziario e con differenti livelli di sicurezza possa essere una soluzione percorribile nelle varie regioni. A delle risposte regionali come le R.E.M.S. possono essere affiancate delle risposte per macroarea sulla base dello studio delle attuali criticità proponendo soluzioni come, ad esempio, alcune strutture a più alta sicurezza (maggior rapporto operatori/ricoverati) per quei pazienti considerati difficili anche nelle R.E.M.S.”.
Rolando Paterniti, Criminologo dell’Università degli Studi di Firenze e Membro Tavolo Nazionale di Sanità e Giustizia ha portato all’attenzione l’esperienza toscana in cui è stata effettuata una formazione specifica psichiatrico forense finalizzata all’individuazione di Referenti Forensi per ogni Servizio Psichiatrico, allo scopo di facilitare i rapporti e trovare un linguaggio comune tra la Magistratura, i periti e la psichiatria. “Da un’attenta analisi degli eventi e dal confronto con colleghi – ha spiegato Paterniti – è emersa la necessità di una proposta di modifica dell’attuale sistema nazionale italiano per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Nasce l’esigenza di individuare luoghi distinti dalle attuali R.E.M.S., con prevalente competenza sanitaria e prevalente competenza giudiziaria. Nasce, inoltre, la necessità, a monte, di una valutazione psichiatrico forense che risulti adeguata ed appropriata sul piano tecnico e clinico per poter formulare un progetto di cura individualizzato”.