La risalita del PIL italiano nel 2021 è più forte delle attese: il Centro Studi Confindustria prevede infatti un +6,1%, 2 punti in più rispetto alle stime di aprile, seguito da un ulteriore +4,1% nel 2022. Ciò è spiegato dall’impatto più contenuto della variante Delta del Covid che, anche grazie a efficacia e capillarità delle vaccinazioni in Italia, ha reso possibile da maggio 2021 l’allentamento delle misure di contenimento. Questo riporta l’economia sopra i livelli pre-crisi in anticipo, già nella prima metà del 2022.
Dal 4° trimestre 2021 il PIL si attesterà su un profilo più moderato, perché si va esaurendo la spinta legata al gap da colmare. Tuttavia, l’Italia crescerebbe comunque nel 2022 a un ritmo trimestrale più alto rispetto al passato. Il motivo principale della maggior crescita attesa sono gli effetti benefici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che vale 235 miliardi tra 2021 e 2026, finanzierà le riforme e alimenterà gli investimenti. Per i primi anni, l’impatto positivo è attribuibile soprattutto all’aumento di spesa e agli investimenti pubblici. Col tempo, invece, l’attuazione del Piano avrà effetti positivi sulla crescita, aumentandone il potenziale. Nello scenario CSC, tuttavia, non si tiene conto della politica di bilancio espansiva nel 2022.
La ripartenza italiana è caratterizzata da due passaggi di testimone: 1) i consumi stanno subentrando all’export come traino della risalita, ponendosi al fianco degli investimenti; 2) i servizi stanno diventando più dinamici rispetto all’industria.
I due sviluppi sono strettamente connessi: si prevede nella seconda parte del 2021 e nel 2022 un recupero della spesa delle famiglie, soprattutto in servizi. Fino ad aprile le spese fuori casa e per i viaggi sono state penalizzate dalle limitazioni anti-pandemia e i consumi sono in parte stati dirottati sui beni durevoli. Da maggio 2021 sono potuti ripartire, anche in servizi quali ristoranti, alloggi, intrattenimento, oltre che nei beni non durevoli. Il solo parziale recupero finora dei flussi turistici, di stranieri verso l’Italia e italiani verso l’estero, fornisce margini di crescita da sfruttare per la ripresa dei servizi. Tuttavia, è immaginabile che la propensione al risparmio rimanga più elevata che in passato, perciò lo scenario CSC prevede consumi privati ancora sotto i livelli pre-crisi nel 2022.
Per quanto riguarda le esportazioni italiane, risaliranno del 12,4% nel 2021 e di un ulteriore 7,7% nel 2022. L’export di beni si conferma tornare già nel 2021 sul sentiero di espansione pre-crisi, anche grazie a un commercio mondiale che registrerà una buona crescita, nonostante la frenata patita a metà anno. Viceversa, l’export di servizi non è più atteso ripartire quest’anno, ma solo nel 2022, rimanendo molto sotto i livelli pre-crisi: pesa la debolezza persistente di alcune tipologie di viaggio, come il turismo a lunga distanza e gli spostamenti per lavoro. Inoltre, a riflesso della crescita elevata degli investimenti, l’import riparte più forte delle vendite, per cui le esportazioni nette non forniscono un contributo significativo alla risalita del PIL.
Gli investimenti sono il motore principale della ripresa italiana: nel 2022 saliranno su un livello molto superiore al pre-crisi (+17,7%). Finora, il contributo prevalente è venuto dagli investimenti in costruzioni, residenziali e no, spinti dagli incentivi sulle ristrutturazioni e dagli investimenti pubblici. Gli investimenti in impianti, macchinari e mezzi di trasporto, invece, sono ancora su livelli compressi, ma continueranno la ripresa grazie alla fiducia ancora alta delle imprese e al traino dei nuovi investimenti pubblici. Ma saranno in parte frenati dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla difficoltà a reperire alcuni materiali.
Nell’industria, nella prima metà del 2021 la produzione è salita gradualmente, riportandosi a giugno sopra il livello pre-pandemia. Più di recente, però, l’attività e anche la fiducia delle imprese hanno registrato una leggera attenuazione. L’insufficienza di materiali è diventata un fattore di crescente ostacolo alla produzione: hanno pesato le interruzioni sulla catena di distribuzione e l’allungamento dei tempi di consegna. Inoltre, ha effetti sfavorevoli la dinamica negativa dell’attività industriale nei principali partner commerciali (Germania e Francia).
L’andamento dell’economia durante la crisi si è riflesso sull’input di lavoro con immediatezza, quasi uno a uno in termini di ampiezza, sia nella contrazione che nella ripresa. Il numero di persone occupate, dopo il minimo nel 1° trimestre 2021 (-811mila unità dal 4° 2019), ha recuperato quasi la metà della caduta (+398mila unità a luglio-agosto da inizio 2021, ma ancora -413mila da fine 2019). Con la rimozione, da luglio, della sospensione delle procedure di licenziamento nei comparti edile e industriale non si è avuta la temuta emorragia di lavoratori. Il numero di occupati, infatti, è previsto crescere, nel 2021, di 461mila unità da inizio anno. E poi nel 2022 è atteso il recupero degli occupati ai livelli pre-pandemia (ulteriori +306mila).
Per quanto riguarda le commodity, gli enormi aumenti dei prezzi da fine 2020, investono tutte le economie occidentali, importatrici di materie prime e a vocazione manifatturiera. Ma nel 2021 sono emersi profondi divari nell’inflazione, con valori altissimi negli USA e moderati in Italia. Nel 2022 la spinta all’inflazione dovrebbe attenuarsi: parzialmente negli USA, in misura più marcata in Europa e, soprattutto, in Italia, dove ha pesato di più l’energia. Sta perciò maturando un consenso per un rialzo dei tassi USA a fine 2022, mentre nell’Eurozona appare lontano.
Nonostante le prospettive positive, lo scenario presenta alcuni rischi al ribasso, che riguardano diversi elementi di incertezza: recrudescenza pandemica e nuove restrizioni, carenze prolungate di materie prime, inflazione elevata e rialzo prematuro dei tassi di interesse, inefficace gestione del PNRR, difficoltà del mercato immobiliare cinese.