“Lui” decide tutto, “Lui” decide chi puoi frequentare, dove puoi lavorare. “Lui” sceglie quali ragazze devono farlo divertire. “Lui” sceglie se puoi o non puoi frequentare i nostri “luoghi fatati“. “Lui” è “Lui” . Noi lo chiamiamo “Lui” o “il Dottore“, perché non possiamo nominare il suo nome, non ci è concesso.
È stata una delle vittime che, con il suo agghiacciante racconto agli investigatori, ha dato origine all’inchiesta che ha portato la Polizia di Stato di Novara e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, all’esecuzione di 26 perquisizioni personali e 21 perquisizioni locali e a numerosi sequestri, nelle province di Novara, Milano e Pavia.
Una potentissima ‘psicosetta’, con base operativa a Novara, è stata scoperta al termine di una complessa indagine dalla Questura di Novara, che nella notte hanno eseguito in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo numerose perquisizioni oltre che a Novara anche a Milano, Genova e Pavia. A capo della setta, i cui adepti erano in prevalenza di sesso femminile, c’era un uomo di 77 anni.
L’articolata attività d’indagine della Squadra Mobile di Novara e dello S.C.O., coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino – DDA con l’applicazione di un magistrato della Procura di Novara e che ha visto anche la collaborazione della Squadra Mobile di Torino, ha consentito di accertare l’esistenza di una potente “psicosetta“, con base operativa nella provincia di Novara e diramazioni nella città di Milano e nel pavese, i cui adepti si sarebbero resi responsabili di numerosi e gravi reati in ambito sessuale, anche in danno di minori e finalizzata alla riduzione in schiavitù.
“Lui“, oggi 77enne, denominato “il Dottore” viene venerato dai suoi adepti come una sorta di “Dio” al quale tutti devono pedissequamente obbedire, pena l’isolamento dal gruppo settario.
Le articolate indagini, durate oltre due anni, hanno permesso di accertare che il leader della setta delle “bestie” (questo è il nomignolo con il quale si chiamavano tra di loro), al fine di raggiungere i propri scopi, veniva coadiuvato da alcune sue strette collaboratrici, meglio definibili delle vere e proprie aguzzine.
Il gruppo criminale, grazie ad un centro psicologico e una fitta rete di attività commerciali, tutte riconducibili alla setta – come due scuole di danza o una scuola di “Spada Celtica”, diverse erboristerie, una bottega di artigianato, e persino una casa editrice – riusciva a reclutare le ignare vittime da introdurre inconsapevolmente nelle dinamiche settarie.
Le “prescelte”, generalmente giovani ragazze, anche adolescenti o addirittura bambine, come nel caso della denunciante, venivano introdotte alla filosofia della setta e iniziate a “pratiche magiche”, tra le quali, soprattutto, si annoveravano delle pratiche sessuali, spesso estreme e dolorose, vere e proprie torture, che servivano, nella logica impartita dal leader , ad annullare “l’io pensante”, “accendere il fuoco interiore” ed entrare in un “mondo magico, fantastico e segretissimo”.
La setta finiva così per assorbire ogni aspetto della vita delle adepte, sia per quanto riguarda il loro ambito personale che familiare, e persino la loro formazione.
In pratica, così come accaduto perle vittime finora accertate, o i membri della famiglia venivano inglobati nella setta e indotti a sottostare alle volontà del “Dottore”, oppure si imponeva alle adepte di tagliare ogni tipo rapporto con loro. Il “Dottore” decideva l’indirizzo di studi, i corsi formativi o il lavoro che le ragazze dovevano effettuare, quasi sempre presso le attività commerciali legate all’organizzazione con il subdolo fine di vincolarle indissolubilmente al gruppo settario.
Tutto questo determinava un vero e proprio isolamento dal mondo esterno che privava le adepte di ogni punto di riferimento, rendendole totalmente dipendenti dalla setta la quale, sebbene dannosa, costituiva a quel punto l’unico sostegno sia economico che morale.
Dal racconto della denunciante è emerso che la setta aveva avuto origine a metà degli anni 80 dalla fusione di due gruppi paralleli, la cui sede principale è collocata nella provincia di Novara, il luogo dove dimora abitualmente “il Dottore”, e nel quale sono avvenuti i fatti-reato di maggiore rilevanza.
Il ‘Dottore”, anche dalla sua dimora, era così in grado di gestire, in maniera capillare, ogni movimento delle adepte, indipendentemente dalla loro collocazione sul territorio. L’attività d’indagine ha infatti permesso di verificare che “Lui” , anche quando le stesse si trovavano nei numerosi appartamenti e locali riconducibili alla setta, prevalentemente siti nel milanese o nel pavese, proprio grazie alle sue fedelissime, era in grado di impartire le direttive da osservare in maniera imperativa.
Nei circa 30 anni di attività della setta hanno partecipato ed hanno fatto parte di essa, a vario titolo e con vari ruoli, un numero di persone ancora non compiutamente quantificabile, ma certamente elevato.
Ulteriori accertamenti sono stati svolti anche sugli aspetti economici, sia per quanto riguarda le attività commerciali legate all’organizzazione, sia in ordine ai versamenti di denaro ai quali erano tenuti i membri, che erano particolarmente esosi nel caso di condizioni economiche agiate. Spesso, pertanto, i nuovi membri venivano opportunamente scelti fra persone facoltose.
Quella portata a compimento nella notte tra sabato e domenica è da ritenersi un’operazione particolarmente complessa per la specificità di un’organizzazione criminale impenetrabile tuttora attiva e che, per oltre trent’anni, è riuscita a perseguire le proprie delittuose finalità, cagionando nelle vittime perduranti danni psicologici fino, in alcuni casi, alla permanente compromissione delle facoltà mentali.
Nessuno poteva ritenersi immune dal pericolo di immissione nell’organizzazione; anche ragazze dal livello culturale molto elevato ed apparentemente esenti da condizionamenti esterni, rischiavano di essere annesse alla setta qualora individuate come “prede”.
Questo perché l’organizzazione si serviva di psicologhe professioniste, a loro volta adepte, le quali, facendo leva su uno stato di fragilità emotiva delle “prede” , anche solo momentaneo, intraprendevano l’opera di indottrinamento ed inclusione, secondo un preciso e dettagliato “schema”: le neofite venivano riempite di attenzioni, di premure e sottoposte ad un vero e proprio “lavaggio del cervello”; ciò le portava ad aprirsi sempre più alle prassi dell’organizzazione, fino ad accettare acriticamente insopportabili violenze e soprusi di ogni genere.
Tutto è andato avanti sino a che una delle vittime è stata in grado di superare, in parte, i traumi derivati dalla frequentazione del gruppo, rompendo il muro di silenzio che avvolgeva questo impenetrabile mondo sommerso.
Le numerose perquisizioni e i sequestri sono stati eseguiti nelle prime ore di domenica 19 luglio dalla Squadra Mobile di Novara e dal Servizio Centrale Operativo con la partecipazione del personale delle Squadre Mobili di Torino, Milano, Genova, Pavia, Alessandria, Asti, Biella, Vercelli, Verbania e Aosta, nonché da equipaggi dei Reparti Prevenzione Crimine di Milano e Torino.