CATANIA – Una fotografia, scattata da vicino, che ha permesso d’inquadrare limpidamente la sanità italiana. Un’analisi cruda che ha messo a nudo il Servizio Sanitario Nazionale, tra i giganteschi passi in avanti compiuti dalla scienza e i drammatici passi indietro realizzati nella vita reale di medici e infermieri. Storie ordinarie e straordinarie di una quotidianità vissuta in corsia, tra progressi farmacologici e debolezze umane.
Questo è quanto emerso dalla chiacchierata di un paio d’ore tra Alfio Saggio, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Catania, e Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto farmacologico “Mario Negri” di Milano e componente del Consiglio Superiore di Sanità (CSS).
A moderare l’incontro “Storie sul progresso (e le contraddizioni) della medicina” che si è svolto ieri pomeriggio – 6 settembre – nell’Aula “Maria Luisa Carnazza” della Torre Biologica è stata la giornalista Assia La Rosa. Al dialogo hanno partecipato Giorgio Battaglia (coordinatore Centro Regionale Trapianti Sicilia), Giuseppina Cantarella (Ordinario di Farmacologia UniCt), Patrizia Barone (vicepresidente AIDM – Associazione Italiana Donne Medico sezione di Catania) e Antonella Di Maggio (presidente AMMI – Associazione Mogli Medici sezione di Catania). Il confronto organizzato dall’OMCeO di Catania in collaborazione con UniCt e il Centro Regionale Trapianti Sicilia ha puntato una luce speciale sul passato e il presente del Servizio Sanitario italiano, che da 46 anni garantisce a tutti i cittadini il diritto alle cure e che oggi vive una profonda crisi. Il rischio di una “Health care debacle” è reale – sottolinea Remuzzi – se non si riuscirà a garantire assistenza capillare e più accessibile. «L’Ordine dei medici catanese non si ferma – ha affermato Alfio Saggio, presidente OMCeO di Catania – alla Torre Biologica abbiamo ospitato il prof. Remuzzi, che è membro, tra l’altro, del “Gruppo 2003” costituito dagli scienziati italiani più citati al mondo dalla letteratura scientifica. Onorati della sua presenza, ne abbiamo approfittato per ascoltare la sua autorevole opinione sulle problematiche sanitarie che affliggono il Paese». Durante il confronto si è discusso ampiamente dell’ultima opera letteraria di Giuseppe Remuzzi “Le Sanguisughe di Giulietta”, nelle cui pagine l’autore racconta, tra la complessità della materia e la leggerezza degli aneddoti, la medicina, rendendola una lettura adatta a tutti. Remuzzi non le manda a dire ai Governi che poco hanno fatto e stanno facendo per tutelare la sanità pubblica. «Il SSN che noi abbiamo nel nostro Paese è la cosa più preziosa che esista – ha dichiarato il prof. Giuseppe Remuzzi – Questo Servizio è stato introdotto nel 1978, da quel momento l’Italia ha fatto un salto di qualità, un passo fondamentale nella direzione della civiltà: perché poter curare tutte le persone che hanno bisogno, indistintamente, senza pensare se hanno o meno le possibilità economiche per sostenere le spese delle cure, conduce tutti nella direzione della libertà. La libertà che noi valutiamo in maniera così sostanziale per la nostra vita, non esisterebbe se ognuno di noi si ammalasse e non avesse la possibilità di curarsi. La più grande contraddizione della sanità italiana è proprio questa: il nostro SSN rischia di essere declassato e depauperato. Così non va bene, dobbiamo tornare allo spirito profuso dalla nostra Costituzione. La salute è un diritto. Dovremmo tornare alle origini, in modo da togliere a chi si ammala la preoccupazione del dover reperire i fondi per curarsi. Questa è la cosa più importante. Questa deve essere la priorità di ogni Governo, perché se i cittadini stanno male, non si potrà generare ricchezza e benessere».
«Il prof. Remuzzi ha fatto grandi studi in merito alla ricerca sui farmaci immunosoppressivi che hanno aumentato notevolmente la sopravvivenza dei pazienti trapiantati – ha concluso Giorgio Battaglia – questa è la grande sfida che stiamo portando avanti: cercare di fare sopravvivere più possibile l’organo trapiantato. Come Sicilia stiamo crescendo nei dati italiani per trapianti, siamo adesso sesti, a ridosso delle regioni più virtuose, e in questo senso ha contribuito la sensibilità del personale che opera nei Centri trapianto e nelle Terapie intensive».