Fugatti contro tutti. Questo è quel che è emerso dalla conferenza stampa di stamattina convocata dal presidente della Provincia autonoma di Trento che ha condannato a morte tre orsi, MJ5, JJ4 ed M62, colpevoli di fare gli orsi. Così l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che oggi ha inviato istanza di accesso agli atti riguardanti la vicenda.
Fugatti e l’assessore Zanotelli hanno puntato il dito su Ispra e sull’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa entrambi, a loro dire, responsabili l’uno del mancato abbattimento di JJ4 non avendo mai dato parere favorevole negli scorsi anni, l’altro della presentazione di un ricorso pro-orso contro la sua ordinanza di uccisione. «Se ne avessimo avuto la possibilità l’avremmo già rimossa», ha detto l’assessore.
Gravissima poi l’affermazione di volere uccidere una madre con cuccioli al seguito, come anche attestato dallo zoologo Filippo Zibordi, che si occupa da oltre 20 anni degli orsi trentini. Un’uccisione che andrebbe contro i dettami del Pacobace che non consente l’abbattimento di orse con cuccioli. Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio Foreste della Provincia, è arrivato a dire che stanno monitorando con le fototrappole per capire se «l’animale è ancora accompagnato da cuccioli», ma che «comunque questo è indifferente rispetto a quella che sarà l’attività in corso, ovvero la necessità di abbattimento». (v. dal min. 42.30).
Di più: Fugatti afferma di volere la morte anche dell’orso M62 che non ha neppure mai attaccato l’uomo: «Non ha avuto atti aggressivi ma confidenti con i centri abitati, quindi mi aspetto un parere favorevole dell’Ispra anche su M62», ha detto (v. dal min 54,20).
L’Oipa torna a chiedere un diverso approccio della Provincia di Trento nei confronti della fauna selvatica che ospita il suo territorio. «Non è questo il modo di tutelare la biodiversità e la vita degli animali, oggi sotto la tutela dell’articolo 9 della Costituzione», dichiara il presidente dell’associazione, Massimo Comparotto. «Auspichiamo una gestione più oculata del Progetto Life Ursus, che ormai appare come fallimentare. Ripetiamo: occorre un migliore monitoraggio, possibilmente in tempo reale, una maggiore informazione alla popolazione, residente e non, un’efficace prevenzione a tutela delle attività, rispetto per la vita animale, l’applicazione di protocolli sperimentati altrove con successo, come per esempio nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise».