“SALUTE SESSUALE MASCHILE: I 20ENNI ROMPONO I TABÙ PIÙ DEI LORO GENITORI”

I medici intervistati durante la prima wave dell’Osservatorio “Occupiamoci di uomini – La salute sessuale maschile fra tabù e disinformazione” – che l’Università di Pavia, SIAMS e Cooper Consumer Health hanno presentato all’inizio dello scorso giugno – avevano descritto come i pazienti maschi di fronte all’insorgenza di una problematica di natura sessuale, avessero sostanzialmente due reazioni, connesse con l’età e con il grado di educazione sessuale a cui erano stati abituati.

I pazienti maschi cinquantenni difficilmente condividono con il partner o la cerchia di amici la propria condizione e arrivano a farlo con il medico di base solo quando la situazione diventa insostenibile o non rimandabile. Raramente sono stati educati dalla famiglia e dalla scuola alla sessualità e quindi non hanno avviato un dialogo adeguato negli ambiti in cui sarebbe stato opportuno viverlo. I pazienti più giovani – dai 30 anni in giù – invece, condividono più facilmente dubbi e perplessità sulla propria salute sessuale, sia con il medico di base che, prima ancora, con partner, famiglia e amici, per poi agire e affrontare direttamente il problema. Questo grazie a una formazione educativa più aperta, anche a livello di comunicazione, che facilita la ricerca di chiarezza senza ostacoli. Quindi se da questo lato i pazienti più giovani si rivolgono ai medici specialisti con più consapevolezza, dall’altro i pazienti meno aperti culturalmente ed educativamente giungono alla visita solo quando la patologia è da confermare, spesso con una pesante dose di frustrazione che rende complesso l’approccio alla terapia e, quando possibile, alla guarigione.
Evidenze emerse dalle interviste ai pazienti – Il team diretto dal prof. Flavio Antonio Ceravolo, Associato di Sociologia e Direttore del progetto di ricerca, si è rivolto in questa seconda wave direttamente agli interessati, lavorando su cinque gruppi di intervistati: un gruppo di potenziali pazienti maschi eterosessuali, suddiviso a sua volta in tre differenti target anagrafici, un gruppo di partner femminili e un gruppo di uomini con orientamento omosessuale (entrambi questi due ultimi gruppi con un target anagrafico ampio), per capire più a fondo come la sessualità e le patologie connesse vengano davvero vissute dagli italiani.
Considerando il caso della disfunzione erettile, dai gruppi presi in esame, si trova conferma di quanto descritto dai medici con alcuni elementi estremamente interessanti evidenti target per target.
GRUPPO MASCHILE 51-60 anni > L’IMBARAZZO
Piena conferma di quanto descritto dagli specialisti della prima wave di indagine. La problematica legata alla disfunzione sessuale è vissuta con grande imbarazzo e rappresenta ancora uno stigma sociale e traumatico molto forte. Gli intervistati hanno confermato sostanzialmente che si rivolgono al medico e se ne fanno carico soltanto quando è impossibile continuare a ignorare i sintomi. E davanti a uno specialista c’è comunque una sensazione di profonda vergogna. Se la disfunzione è di carattere meccanico, si tende ad associarla all’invecchiamento e non si condivide la propria condizione con il partner in un dialogo aperto. Invecchiamento che diventa nella testa dei pazienti sia spiegazione ai propri sintomi, sia alibi che frena la ricerca di una diagnosi, l’affrontare una cura ed eventualmente una risoluzione. Se la disfunzione è causata da fattori di carattere psicologico, il freno è ancora maggiore e l’autoanalisi necessaria per scardinare l’empasse (momentaneo) ancora più difficile da contemplare come potenziale soluzione.
L’impotenza – momentanea, patologica o psicologica – è ancora vissuta da questo target di età come una condizione che non va condivisa con nessuno, a malapena con i medici. Arrivare a curarsi in questo caso è vincolato alla possibilità che si tratti di soluzioni di automedicazione, riservate e lasciate all’iniziativa del singolo per la gestione. Soluzioni che non devono essere però imbarazzanti da somministrare e che possono essere trovate e sperimentate se disponibili in punti vendita di fiducia con un professionista che si metta discretamente in ascolto.
GRUPPO MASCHILE 40-50 anni > IL BISOGNO DI NORMALITÀ
Piena conferma anche nelle interviste con questo secondo gruppo target: l’affaccio della situazione di anomalia o disfunzione è vissuto in modo ancora più violento, perché viene a mancare l’alibi dell’invecchiamento. C’è una forte chiusura rispetto all’esterno, che va di pari passo con un importantissimo bisogno di normalità, di continuare a far parte del gruppo dei pari di cui si mantengono attive e in funzione tutte le caratteristiche comuni, in primis una vita sessuale attiva. Solo gli intervistati più giovani del target, i 40enni, arrivano ad aprirsi con imbarazzo con il gruppo dei pari quando la situazione non è più gestibile in autonomia e quando diventa grave. Più ci si avvicina ai 50 anni e più si tende a vivere questa condizione con rassegnazione e come segno di un invecchiamento che è vissuto come un percorso di non ritorno ad una condizione ottimale della performance sessuale.
Nella considerazione di questo target, i presidi medici a disposizione devono essere facilmente accessibili e gestibili in autonomia nella discrezione di casa propria o comunque nel privato, fintanto che non risultino imbarazzanti.
GRUPPO MASCHILE 20-30 anni > LA SITUAZIONE SI RIBALTA
È un target di età che non prende minimamente in considerazione la possibilità di soffrire di disturbi sessuali, di disfunzione erettile ad esempio, ma si dimostra più aperto al confronto e meno intimorito dal gruppo dei pari. Si riscontra sempre una situazione di imbarazzo, ma non tale da paralizzare la gestione della condizione sopraggiunta. Non vivendo direttamente la problematica, a parole, si dicono pronti a
confrontarsi con un medico nel momento in cui dovesse insorgere l’esigenza. In questo target si riscontra anche una maggiore libertà di raccontarsi e di descrivere il proprio orientamento sessuale.
È interessante notare che questo target group è composto da persone laureate e di buona cultura, una caratteristica che potrebbe aver contribuito a un atteggiamento più aperto e informato verso la sessualità e la salute in generale. Questo aspetto suggerisce che il livello di istruzione e il background culturale possano influire positivamente sulla capacità di affrontare certi argomenti con maggiore consapevolezza
e serenità.
Rispetto a questo focus target è opportuno evidenziare due tematiche rilevanti che meritano attenzione. Il primo aspetto interessante riguarda il modo in cui la disfunzione sessuale, nonostante la sua serietà, venga talvolta trattata con toni sardonici, probabilmente nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.
Questo atteggiamento potrebbe essere interpretato come una forma di difesa, che però rischia di sminuire la gravità del problema e di ritardare l’approccio terapeutico adeguato. Il secondo tema solleva questioni ancora più ampie e complesse, legate alla sfera dell’educazione
sessuale e allo sviluppo psicologico dei giovani. Un fenomeno emerso, infatti, è quello della pubertà precoce, influenzata dall’esposizione a contenuti sessuali e affettivi attraverso i media e i canali digitali.
Durante i colloqui, alcuni partecipanti hanno raccontato di aver vissuto una sorta di sviluppo sessuale anticipato, causato dall’esposizione precoce a immagini e contenuti sessualmente espliciti. Questo fenomeno non solo accelera lo sviluppo cerebrale, ma anticipa anche l’ingresso nella pubertà.
Accanto ai fattori ambientali e chimici, i media sembrano giocare un ruolo determinante nel modellare la crescita psicologica e sessuale dei più giovani, con effetti che potrebbero risultare negativi se non monitorati adeguatamente. Questo aspetto solleva interrogativi importanti non solo sulla salute sessuale, ma anche sul benessere psicologico delle nuove generazioni, sottolineando la necessità di un’educazione sessuale mirata e di un’attenta sorveglianza degli strumenti digitali a cui sono esposti i ragazzi.
L’esposizione precoce a contenuti sessuali non solo rischia di compromettere uno sviluppo equilibrato, ma potrebbe anche influire sul modo in cui le future generazioni affronteranno i temi della sessualità, della salute e delle relazioni affettive. È dunque fondamentale continuare a monitorare questo fenomeno e analizzare in che modo i cambiamenti nell’ecosistema mediatico stiano influenzando la crescita dei giovani.