
Rimini – Gentilezza, compassione e attenzione. Sono alcune delle parole che devono arricchire il vocabolario del buon infermiere secondo chi delle parole ha fatto un doppio lavoro, prima da magistrato e poi da scrittore. Gianrico Carofiglio apre questa mattina al Palacongressi di Rimini la seconda delle tre giornate del terzo congresso nazionale della Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche. Partendo da un contesto a lui familiare, quello degli interrogatori. Affinché siano performanti, spiega, occorre “mettersi nel punto di vista dell’interlocutore, parlare una lingua che l’altro capisce”.
E lo stesso vale nel rapporto medico-infermiere e paziente, all’interno del quale esiste un “enorme dislivello di potere”. Per cui è necessario “entrare in relazione con l’altro”: nell’ambito professionale sanitario c’è un tema di linguaggio, lessico e parole usate che è “fondamentale ma trascurato”. Dunque per Carofiglio “il modo in cui diciamo le cose non è un accessorio ma definisce lo statuto delle cose che diciamo”. E nelle professioni di cura ha “un ruolo fondamentale la capacità di entrare in rapporto con le persone e di ascoltare”. Ma, avverte lo scrittore, non puntando sull’empatia bensì sulla compassione e sulla gentilezza, che è “uno strumento per affrontare conflitti”, al posto dello “scudo del ruolo e delle espressioni tecniche”. Perché “ascoltare veramente”, conclude Carofiglio, senza “l’ostacolo del nostro ego e del senso del ruolo è un super potere. Nell’aiuto reciproco c’è ciò che ci rende umani e ci permette di progredire”.